Una Chiesa in uscita, l’eredità incompiuta di papa Francesco
Ruolo delle donne, sinodalità, Curia vaticana, pulizia interna riguardo agli abusi sono solo alcuni dei processi da Bergoglio, che la sua morte ha lasciato in mezzo al guado e che chiedono ora di essere portati avanti

Roma, 6 maggio 2025 – Con la celebrazione del funerale di papa Francesco lo scorso 26 aprile si è aperto nella Chiesa un tempo di riflessione, che mette insieme la dinamica tipicamente umana dell’elaborazione del lutto e la preparazione del Conclave che eleggerà il suo successore. Passato e futuro, dunque, si incrociano in questi nove intensi giorni, i “novendiali”, in cui vengono celebrate altrettante messe in suffragio del defunto pontefice e le cui omelie sono affidate a diversi cardinali. È un tempo importante perché i 133 cardinali elettori sono chiamati ogni giorno, nelle Congregazioni generali ma anche nei momenti informali della giornata, a confrontarsi sull’eredità di Francesco e a fare una sintesi prima personale e poi condivisa delle necessità della Chiesa del presente e del futuro. Nel 2013 l’idea di Bergoglio rivelatasi vincente in sede di elezione è stata quella di una “chiesa in uscita”.
Una comunità di credenti, dunque, non chiusa nelle sacrestie e nella comfort zone di una dottrina e di una morale consolidate, ma fedele al mandato missionario di Gesù. E, quindi, impolverata e affaticata sulle strade della complessa contemporaneità e compromessa con le vicende degli uomini e delle donne di oggi, anche a rischio della sua stessa sopravvivenza. Questo a partire dal principio della prevalenza della dimensione pastorale, che muove dalla dimensione della misericordia per i tanti feriti nell’"ospedale da campo" (altra sua felice espressione) che è il mondo, su quella strettamente dottrinaria, chiamata piuttosto a dare risposte e ausilio alla pastorale stessa. La riforma della Curia vaticana del 2022 voleva proprio riflettere questo assunto. Questa postura, a cui Francesco è stato coerente fino a correre il rischio di inimicarsi la parte più tradizionalista della Chiesa, ha dato luogo ad alcuni processi di riforma e revisione delle strutture e delle prassi ecclesiali che lui ha potuto solo avviare, visto che 12 anni – quelli del suo pontificato – non bastano minimamente per realizzarle all’interno di un corpo sociale bimillenario, che si compone di 1,4 miliardi di battezzati e appartenenti a comunità e nazioni con mentalità e prassi estremamente diverse tra loro.
Ruolo delle donne, sinodalità, Curia vaticana, pulizia interna riguardo agli abusi sono solo alcuni dei processi da lui avviati, che la sua morte ha lasciato in mezzo al guado e che chiedono ora di essere portati avanti. Era Francesco stesso, d’altronde, a dire che il tempo è superiore allo spazio e che è quasi più importante avviare i processi dei risultati che questi poi concretamente porteranno. Da qui in qualche modo si deve ripartire, capendo quali di essi, e con quali priorità, il successore sarà chiamato a portare avanti. Già qualcosa si intravvede nelle omelie dei novendiali e nelle interviste dei cardinali anche non elettori. Tendenze progressiste e conservatrici si confrontano, con la novità, rispetto alle dinamiche che conosce la politica, che il Papa eletto è poi il Papa di tutti. O, almeno, dovrebbe esserlo.
* Direttore di Famiglia Cristiana