Trump cambia idea e stoppa l’oro, ma è solo una pausa
La smentita su Powell e l’annuncio della possibile riduzione dei dazi alla Cina danno vita a un rally azionario che sposta l’attenzione dal metallo giallo. Ma per JP Morgan già a metà 2026 potrebbe superare i 4.000 dollari l’oncia.

Oggi l’oro avanza dell’1% a 3.200 dollari l’oncia, tentando di recuperare parte del terreno perso ieri (-2,7%). Il metallo giallo si trova circa il 5% sotto il massimo storico di martedì a 3.500 dollari.
Ancora una volta, insomma, le contradditorie e imprevedibili dichiarazioni di Donald Trump hanno portato scompiglio su mercati, minacciando di mettere in discussione l’indipendenza della Fed, smentendo la circostanza e anzi annunciando in aggiunta una “significativa riduzione dei dazi sulla Cina". Dichiarazioni che hanno favorito ieri una risalita azionario che, almeno nell’immediato, ha evidentemente spostato parte degli investimenti in oro verso Wall Street.
Per la prima volta nella sua storia martedì l’oro aveva sfondato quota 3.500 dollari l’oncia. Un top mai raggiunto prima che è stato un segnale inequivocabile della perdita di fiducia nella capacità dell’amministrazione Trump di assicurare un futuro stabile al sistema finanziario e della conseguente necessità di ripararsi all’ombra dei lingotti d’oro.
Le previsioni degli analisti sono ancora piuttosto positive. Dopo Goldman Sachs che qualche giorno fa ha rialzato le previsioni per fine 2025 da 3.300 a 3.700, in due diverse note, Kerstin Hottner, head of commodities di Vontobel, sottolinea infatti come “l’oro potrebbe superare i 3700 entro la metà dell’anno”, mentre JP Morgan afferma che potrebbe arrivare a 3.675 dollari l’oncia entro la fine del 2025, livello che già a metà 2026 potrebbe superare i 4.000 dollari l’oncia, “sempre che la domanda non cresca ulteriormente”.
Una spinta, quindi, che non sembra destinata ad attenuarsi, anche grazie all’accumulazione da parte delle banche centrali che, spiega ancora JP Morgan, è arrivata a circa 710 tonnellate nette al trimestre.
I timori sulla tenuta dell’economia statunitense alla dirompente politica economica di Trump sono diffusi e confermano quanto i mercati stiano prendendo le distanze dall’economia del dollaro.
Seconda la commodity strategist di ING, citata dal Financial Times, “l’aumento della pressione su Powell affinché allenti la politica monetaria da parte di Trump sta sollevando preoccupazioni circa l'indipendenza della Fed, innescando una fuga verso i beni rifugio”.
Non si tratta di un episodio isolato. Gli analisti di MUFG Bank (ex Bank of Tokyo-Mitsubishi) sottolineano infatti che da alcune settimane si sta verificando la vendita contemporanea di dollari Usa, obbligazioni Usa e azioni Usa: evidente segnale del venir meno della fiducia degli investitori nel sistema finanziario statunitense.
Ciò che preoccupa, della politica monetaria ed economica che sta caratterizzando l’amministrazione Trump, è infatti la sua imprevedibilità e la mancanza di stabilità che genera. Situazione che nella finanza internazionale si traduce in percezione di inaffidabilità.
Lo yen giapponese, per esempio, si è rafforzato contro il dollaro tornando a testare quota 140 per la prima volta da sette mesi, per poi attestarsi attualmente a 142 (ben lontani quindi dal range 147-150 in cui si era trovato da metà febbraio), mentre l’euro è passato dall’1,0178 del 13 gennaio 2025 all’attuale 1,135, non senza aver prima testato il 21 aprile quota 1,1573.
Per gli investitori vi sono diverse possibilità di investire nell’oro, ognuna con gradi di rischi e potenzialità differenti. Tra queste, gli ETC sull’oro fisico offrono un’ottima versatilità, sia perché sono facilmente negoziabili come azioni sia per il fatto di essere garantite dal possesso reale dell’oro da parte dell’emittente.
In particolare, il Royal Mint Responsibly Sourced Physical Gold EUR Hedged ETC (ticker RMEH, ISIN XS2892963286) mostra diverse caratteristiche che lo contraddistinguono: è negoziato in euro, quindi sterilizza l’andamento del cambio col dollaro, consente di riscattare l’oro sotto forma di lingotti o di monete ed è dichiarato per il 55% riciclato, mentre il restante è certificato dalla LBMA di Londra di buona provenienza. Inoltre, l’oro sottostante non è conservato nel caveau di banche ma in quello della Royal Mint, la zecca di Stato britannica.