Tredici Pietro: “Canto anni complicati: manca il sogno collettivo”
Il musicista ventisettenne dà alle stampe l’album ‘Non guardare giù’. “Io rapper e mio padre Gianni Morandi ‘leggero’: condividiamo le diffidenze”

Milano, 1° aprile 2025 – La sua più grande conquista? Essersi liberato di quella sindrome dell’impostore che, da ‘figlio di’, sentiva pesarli sulle spalle come un macigno. A 27 anni Pietro Morandi, per il mondo del rap Tredici Pietro, se ne dice convinto raccontandosi tra le incertezze, i dubbi, le solitudini, del nuovo Non guardare giù, album con molte nausee e qualche verità, in uscita su tutte le piattaforme da venerdì prossimo.
“Appartengo a un’altra epoca rispetto a quella mio padre Gianni, ma credo che a legarci ci sia lo stesso un filo rosso: dover superare la diffidenza di quella gente che ieri bollava la sua musica come “leggera“ con lo stesso fastidio con cui oggi liquida la mia come “rap“. A lui il tempo ha dato ragione, vedremo cosa riserverà a me”.
Nel disco Pietro raccoglie tredici foto in movimento, a cui offrono il loro tocco pure Lil Busso, Psicologi e Irbis, scattate con la convinzione che, se vuoi rimanere in equilibrio sul filo di questi anni complicati, non puoi guardare giù.
Quali sono le vertigini a cui fa riferimento il titolo?
“Il carico che oggi si porta dietro un ventisettenne come me non è quello di un uomo fatto e finito. Ed è in quelle incertezze che trova senso l’esortazione di non fermarsi a cercare necessariamente una spiegazione di tutto quel che accade, perché non tutto ha senso. A ben guardare, titolo con dietro una grandissima angoscia”.
E cos’è che la turba di più?
“Il fatto di vivere sogni individuali e non più collettivi. La mia generazione è diventata tutta singolo, progetto, strada, binario, obiettivo; nessuna condivisione, ma solo risultato, da ottenere anche prevaricando gli altri. E tenere come riferimento solo persone di successo, a prescindere dalle loro qualità morali. In quest’ottica oggi il terapista diventa il sostituto del prete, quello che ti aiuta a cercare la tua verità”.
Artisti di fama che avrebbe voluto nel disco?
“Nayt, Marracash, Tony Boy, tutti rapper italiani, ma di livello internazionale. Qualitativamente, infatti, penso che al momento il nostro rap sia il migliore d’Europa”.
Undici anni fa Mondo Marcio nell’album Nella bocca della Tigre inserì campionamenti delle canzoni di Mina. A lei è mai passato per la mente di fare qualcosa di simile con quelle di papà?
“Un brano di questa mio nuovo album intitolato Morire si apre col campionamento di Passacaglia della vita del duo franco-brasiliano Birds On a Wire. Quindi pure io ho fatto scelte di quel tipo, arrivando perfino a provinare un pezzo con dentro Quando quando quando di Tony Renis. Papà di brani “utilizzabili“ ne avrebbe diversi e qualcuno ci ha già pensato visto che in giro ne ho contati almeno tre solo con dentro Vita di Dalla-Morandi”.
A proposito di familiari, che impressione le ha fatto Benvenuti a casa Morandi lo spettacolo che riunisce sul palco i suoi fratelli Marianna e Marco, a cui regala pure un suo breve inserto audio?
“In questo non faccio testo perché sono un loro grande fan. Se mio fratello il palcoscenico lo conosce bene, a sorprendermi è stata la bella prova di mia sorella, che di esperienza teatrale ne aveva molta meno. Bravissimi”.
Durante il Covid s’è trasferito nell’ “acida Milano”.
“L’ho fatto per amore, sono andato a vivere nella casa della mia ragazza, romana che studiava a Milano. Ma il mio centro di gravità rimane Bologna, città individualista pure lei anche se in forma meno esasperata che altrove”.