Tasse universitarie, per quanto tempo conservare le ricevute
Per quanto tempo vanno conservate le ricevute delle tasse universitarie per essere in regola con le detrazioni fiscali e tutelarsi in caso di controlli dell’Agenzia delle Entrate?

Le tasse universitarie non sono solo dei semplici pezzi di carta ma una prova concreta di avere sostenuto dei pagamenti per un servizio pubblico essenziale. Averle a disposizione, quindi, può evitare delle complicazioni, dei malintesi o problemi burocratici che potrebbero emergere a distanza di tempo. Tali tasse, poi, rientrano anche tra gli oneri detraibili della dichiarazione dei redditi per cui non trovare le ricevute equivale anche a rinunciare involontariamente a un possibile risparmio fiscale. Per quanto tempo quindi andrebbero conservate le ricevute?
Le spese universitarie nella dichiarazione dei redditi
Se si fa la dichiarazione dei redditi è necessario comunicare quanto si è guadagnato e quanto si è speso. Bisogna però dimostrare ciò con delle carte.
Nel caso si abbia un figlio/a all’università, ad esempio, è necessario avere a portata di mano le ricevute di pagamento anche se ci si reca a un Caf o al Patronato. Solo così, infatti, si possono ottenere delle detrazioni fiscali ovvero degli sconti sulle tasse.
Ecco un esempio semplice:
supponiamo di aver pagato nel 2023 mille euro di tasse universitarie. Nel 730/2024 si potrà inserire tale spesa per ottenere una piccola restituzione o per pagare meno tasse. Per farlo, però, è necessario possedere la ricevuta di pagamento.
Quest’ultima, poi, si deve conservare anche dopo aver fatto il 730 in quanto l’Agenzia delle Entrate potrebbe decidere di effettuare dei controlli per capire se il contribuente abbia detto o meno la verità.
Può farlo non solo nell’anno della presentazione della dichiarazione ma anche dopo qualche anno. Le ricevute delle tasse universitarie andrebbero quindi conservate per almeno 5 anni.
Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate dovesse chiedere la copia delle ricevute universitarie e il contribuente non le possiede? Il pericolo è quello di dover restituire gli sconti ottenuti e dover pagare una multa. Conservare tali documenti, quindi, non è una complicazione inutile ma una sicurezza in quanto protegge da eventuali controlli e permette di avere tutto in regola senza brutte sorprese.
Quali documenti conservare
Le spese per l’università dei propri figli ma anche per chi studia ancora possono far risparmiare sulle tasse. Nella dichiarazione dei redditi, infatti, come detto, si possono indicare per ricevere delle detrazioni. Ovviamente non basta solo inserirle ma bisogna dimostrare di averle sostenute mostrando le ricevute e conservandole per qualche anno.
Per l’università pubblica o privata, quindi, bisogna conservare con cura i seguenti documenti:
- la fattura delle tasse di immatricolazione o iscrizione, come ad esempio quella che si riceve all’ inizio o quando si rinnova l’iscrizione;
- la fattura per le soprattasse degli esami, ovvero quando vengono effettuati i pagamenti per fare esami fuori corso o per la laurea;
- la fattura per le soprattasse degli esami, ovvero quando si effettua un pagamento per dare un esame fuori corso o per la laurea;
- la fattura per i test di accesso, come per i corsi a numero chiuso;
- la fattura per il Tfa, ovvero per i tirocini formativi attivi.
Tutti questi pagamenti devono essere tracciabili ovvero fatti con strumenti come la carta di credito, i bonifici, i bancomat o altri metodi che lasciano una prova scritta.