TAR ferma l’abbattimento di 469 cervi in Abruzzo: un precedente che può fare scuola
È ufficiale: i 469 cervi abruzzesi (di cui 142 cuccioli) condannati a morte da una delibera regionale non saranno abbattuti. Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo ha infatti preso atto della cessazione degli effetti dell’atto della Giunta Marsilio, decretandone così l’archiviazione. Una decisione che rappresenta una vittoria simbolica e concreta per le associazioni ambientaliste LAV, LNDC-Animal...

È ufficiale: i 469 cervi abruzzesi (di cui 142 cuccioli) condannati a morte da una delibera regionale non saranno abbattuti.
Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo ha infatti preso atto della cessazione degli effetti dell’atto della Giunta Marsilio, decretandone così l’archiviazione. Una decisione che rappresenta una vittoria simbolica e concreta per le associazioni ambientaliste LAV, LNDC-Animal Protection e WWF Italia, che si erano appellate al giudice amministrativo dopo che la delibera era stata sospesa dal Consiglio di Stato a novembre 2024.
I legali delle associazioni, pur ritenendo superfluo proseguire il procedimento, hanno comunque depositato una memoria difensiva per consolidare le ragioni espresse in questi mesi. La Regione, invece, ha scelto di non produrre alcuna documentazione a sostegno della propria posizione. È un dato che parla da sé, mostrando una certa debolezza nel merito delle scelte fatte, fanno sapere le associazioni ambientaliste e animaliste.
Mobilitazione senza precedenti e vittoria civile
Il tentativo di autorizzare la caccia ai cervi in Abruzzo ha scatenato una reazione collettiva che ha pochi precedenti nel panorama ambientalista italiano. Oltre 140.000 cittadini hanno firmato una petizione per fermare l’abbattimento. Sono seguiti sit-in, manifestazioni e interventi da parte di scienziati, ricercatori e personalità del mondo culturale, tutti uniti nel chiedere alla Regione un ripensamento.
“Non era più necessario andare avanti davanti al TAR”, spiegano le associazioni ricorrenti. “La sospensione della delibera ne ha reso definitiva l’inapplicabilità”. Tuttavia, il messaggio più forte arriva dalla determinazione collettiva: la fauna selvatica è un patrimonio comune, e la società civile non è più disposta ad accettare soluzioni drastiche come gli abbattimenti indiscriminati.
Agricoltura e fauna: servono soluzioni sostenibili
Il caso ha riacceso il dibattito sulla difficile convivenza tra attività agricole e fauna selvatica. Il malcontento di alcune categorie di agricoltori, che lamentano danni ai raccolti e al bestiame, è stato cavalcato politicamente ma, secondo le associazioni, senza mai arrivare a soluzioni concrete ed efficaci. La caccia, sostengono, non è la risposta.
“La scienza dimostra che la prevenzione è molto più efficace degli abbattimenti”, ribadiscono LAV, LNDC e WWF. Reti elettrificate, recinzioni, dissuasori ottici e acustici sono strumenti già utilizzati in diverse regioni con risultati incoraggianti. Le associazioni si dicono pronte a collaborare, ma restano ferme: se si tornerà a proporre soluzioni violente, si ricorrerà nuovamente alla giustizia.
Secondo dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), oltre il 70% dei danni agricoli causati da fauna selvatica può essere prevenuto con misure passive e attive non letali. Le associazioni ricordano inoltre che la caccia selettiva non solo è poco efficace a ridurre la pressione faunistica, ma può addirittura peggiorare gli squilibri ecologici.
Nel caso dei cervi, l’assenza di predatori naturali dovrebbe essere gestita con interventi pianificati di lungo periodo, non con provvedimenti emergenziali. La richiesta è ora quella di istituire tavoli tecnici permanenti tra Regione, scienziati, associazioni e categorie produttive, per affrontare il tema in modo strutturale e scientificamente fondato.
Non vuoi perdere le nostre notizie?
- Iscriviti ai nostri canali Whatsapp e Telegram
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite