“Stiamo morendo di fame”: l’agonia dei bambini a Gaza e quella denutrizione che evoca i campi di sterminio (IMMAGINI FORTI)
La voce della disperazione si alza dalla Striscia di Gaza, travalicandone i confini, con un grido unico: “We are starving”. Qui si muore, e si muore di fame. Da giorni, più di tre quarti della popolazione della Striscia non ha nulla da mangiare, né acqua potabile, né accesso a cure mediche. Le scorte sono finite....

La voce della disperazione si alza dalla Striscia di Gaza, travalicandone i confini, con un grido unico: “We are starving”.
Qui si muore, e si muore di fame. Da giorni, più di tre quarti della popolazione della Striscia non ha nulla da mangiare, né acqua potabile, né accesso a cure mediche. Le scorte sono finite. Anche quelle nascoste nei mesi passati da Hamas sono ormai ridotte a briciole.
E le richieste di aiuto non trovano ascolto. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato il blocco totale degli aiuti umanitari, subordinandolo all’inizio di una nuova offensiva militare. L’operazione, “I carri di Gedeone”, che per ora resta una minaccia sospesa nel tempo, prevede sostanzialmente tre step: l’escalation militare nella Striscia, la presenza permanente di forze israeliane e lo sfollamento forzato della popolazione.
Intanto, come ha dichiarato il giornalista Hassan Isdodi, “moriamo di stenti. Ma forse è questo l’obiettivo: ridurre ancora la popolazione, così che poi deportarci sarà più facile”.
L’assedio totale: due mesi senza aiuti
Secondo dati del Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA), dal 7 ottobre 2023 le vittime sono più di 168.000, oltre 51.000 i morti e quasi 117.000 i feriti. Tra il 18 marzo e il 22 aprile, sono stati uccisi 1.691 palestinesi. Un terzo erano bambini, un quinto donne.
Dal 2 marzo, l’ingresso di aiuti umanitari e beni commerciali a Gaza è totalmente bloccato. Oggi, qui la denutrizione non è più un rischio ma una realtà quotidiana. Lo confermano gli oltre 66.000 bambini che stanno morendo di fame, così come il 92% dei neonati e delle donne in gravidanza che non hanno accesso a un’alimentazione adeguata. Le mense comunitarie, dove si attende anche per ore un solo pasto al giorno, sono l’unica ancora di salvezza per chi è sopravvissuto agli attacchi e agli sfollamenti forzati.
“Io non voglio che mio figlio muoia di fame”, ha detto un genitore sfollato ad Amnesty. Ma oggi anche desiderare la sopravvivenza è un lusso.
"I wish I could go back to how I was."
Twelve-year-old Rahaf Ayad, from the Al-Shujaia neighbourhood in Gaza, is suffering from malnutrition and a number of undiagnosed illnesses.
Her condition is steadily worsening.
She says she dreams of her hair growing long again—so she… pic.twitter.com/sS3KilwEIJ
— Middle East Eye (@MiddleEastEye) May 1, 2025
A ciò si aggiunge anche il problema della sete. Secondo le Nazioni Unite, il 91% delle famiglie di Gaza versa in condizioni di insicurezza idrica. A ciò si aggiunge la perdita stimata tra il 50% e il 65% dell’acqua a causa dei danni alla rete di distribuzione. Gli impatti sulla salute pubblica sono devastanti. I civili sono costretti a razionare l’acqua, rinunciare all’igiene personale, mettendo così a rischio la propria salute per sopravvivere.
Un crimine silenzioso, ma sistematico
Secondo Ahmed Moor, ricercatore presso la Fondazione per la pace in Medio Oriente, “Israele sta affamando Gaza. È un modo economico, silenzioso e brutale per uccidere”. Una strategia che non lascia tracce visibili come le bombe, ma distrugge lentamente. E in modo definitivo.
“La fame è una morte lenta e dolorosa”, ha spiegato al Guadian Nancy Zucker, della Duke University. Dopo aver consumato i grassi, il corpo comincia a intaccare i muscoli e gli organi vitali. “Il cuore stesso viene consumato”, ha aggiunto. Un’immagine fin troppo reale per una Gaza che non ha più forze né battiti.
Eppure, il silenzio internaizonale prevale. Anche l’attacco alla Freedom Flotilla – una missione civile guidata da attivisti e figure come Greta Thunberg per portare cibo a Gaza – è stato ignorato. Il 1° maggio, la loro imbarcazione è stata colpita e messa fuori uso da droni, secondo le testimonianze. Nessuna reazione ufficiale.
Non un effetto collaterale, ma un piano
La fame a Gaza non è un effetto collaterale della guerra ma una strategia deliberata. Lo ha denunciato anche la Corte Penale Internazionale, che ha emesso mandati di arresto per Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, ritenuti responsabili dell’uso della fame come metodo di guerra.
Le parole della direttrice di Amnesty International, Erika Guevara Rosas, pesano come macigni: “Israele ha trasformato Gaza in un inferno di morte e distruzione, senza sosta e senza pietà”.
E mentre l’esercito israeliano prepara una nuova invasione e nuove deportazioni verso il sud devastato della Striscia, il resto del mondo rimane a guardare.
Intanto, Mohamed Mustafa, primo ministro palestinese, ha dichiarato la Striscia di Gaza zona di carestia, invitando l’intero sistema delle Nazioni Unite trattare Gaza come tale e ad attivare immediatamente i propri meccanismi, chiedendo alla comunità internazionale di attuare le risoluzioni delle Nazioni Unite che proibiscono l’uso della fame come arma di guerra.
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