S&P 500: Rally Tecnico o Segnale di Fondo? L’analisi di Pharus Sicav

 Di seguito un commento a cura del team di gestione di Pharus Sicav La settimana che si è appena conclusa ha offerto spunti interessanti per comprendere le dinamiche di fondo che muovono i mercati finanziari in questa fase particolarmente sensibile. In assenza di nuovi sviluppi rilevanti sul fronte dei dazi, sono stati i dati macroeconomici... Leggi tutto

Mag 7, 2025 - 23:46
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S&P 500: Rally Tecnico o Segnale di Fondo? L’analisi di Pharus Sicav

 Di seguito un commento a cura del team di gestione di Pharus Sicav

La settimana che si è appena conclusa ha offerto spunti interessanti per comprendere le dinamiche di fondo che muovono i mercati finanziari in questa fase particolarmente sensibile. In assenza di nuovi sviluppi rilevanti sul fronte dei dazi, sono stati i dati macroeconomici e le trimestrali a guidare il sentiment degli investitori. Ma il vero filo conduttore resta uno: la percezione, sempre più concreta, che esista una “Trump Put”.

Partiamo dai mercati azionari con l’S&P 500 (in dollari) che si trova a circa il -7% dal massimo storico, nonostante le turbolenze tariffarie degli ultimi due mesi, la tenuta dell’indice è sorprendente. Dopo un ribasso massimo del -20%, abbiamo assistito a un rimbalzo del +17% dai minimi del 7 aprile.

Un movimento che sembra confermare la soglia di dolore dell’attuale amministrazione Trump: appena il mercato ha superato il -20%, sono stati annunciati allentamenti sulle tariffe, una sorta di dichiarazione implicita per i mercati che la put presidenziale verrà esercitata intorno ai 4850 di S&P500, e che quindi sarà difficile vedere, almeno nel breve, nuovi minimi sotto questo livello.

Anche sul mercato obbligazionario il comportamento è stato simile. Quando i Treasury a lunga scadenza trentennale hanno toccato il 5%, è bastato poco per generare una distensione della retorica governativa. I tassi a 10 anni sono oggi tornati al 4,30%, mentre quelli a 30 anni si aggirano sul 4,80%. Segnali che i mercati hanno ben interpretato.

Venerdì 2 Maggio, l’S&P 500 ha registrato infatti la sua prima striscia di nove giorni di rialzo consecutivo dal novembre 2004. Mentre l’indice ha avuto molte serie di sette e otto giorni di rialzi consecutivi negli ultimi anni, la striscia vincente di nove giorni non si vedeva da 20 anni, fino a venerdì, con l’indice S&P 500 ed il Nasdaq che ora superano la loro chiusura nel Giorno della Liberazione, poco prima che Trump annunciasse i suoi dazi reciproci sul mondo.

Interessante evidenziare che la ripresa degli equity avviene proprio mentre si affacciano i primi segnali di raffreddamento economico. Proprio sui dati macro arrivano infatti le notizie meno belle, con i recenti rapporti economici che, secondo il sito Polymarket.com, hanno aumentato la probabilità di una recessione negli USA. Esaminando gli ultimi dati macro emerge infatti una Fiducia dei consumatori scesa al minimo di quasi cinque anni e non incoraggianti sono anche i dati sulla produzione con l’ISM di aprile sceso a 48,7, si tratta della seconda lettura consecutiva inferiore a 50,0.

Dati contrastanti arrivano anche dal mercato del lavoro, con richieste di sussidi di disoccupazione più alti delle attese ma un miglior dato di buste paga per il settore non agricolo ed un tasso di disoccupazione al 4,2% in linea alle attese, fanno percepire un mercato del lavoro ancora resiliente.

In seguito a questi dati, il Citi Economic Surprise Index (CESI), indicazione delle sorprese economiche mostra un valore che torna in negativo a -13 dopo essere appena risalito, dai -20 di metà aprile, sopra la linea dello zero nelle recenti settimane.

A seguito dell’ultima serie di indicatori economici, i futures sui tassi dei fondi federali mostrano che il mercato si aspetta da quattro a cinque tagli di 25 punti base dei tassi nei prossimi 12 mesi e questo aiuta a spiegare perché il mercato azionario ha resistito bene di fronte all’ultima serie di indicatori economici relativamente deboli.

L’altro supporto ai mercati azionari è arrivato anche dalla stagione degli utili con tre delle magnifiche sette (Alphabet, Meta e Microsoft) che tornano ad essere magnifiche e sorprendono i mercati all’annuncio dei risultati.

Più in generale Dal punto di vista degli utili aziendali, la stagione del primo trimestre si sta rivelando meno negativa del previsto, ma con un messaggio chiaro: il peggio, se dovesse arrivare, sarà nella seconda metà dell’anno. Siamo al 72% delle società dell’S&P 500 che hanno finora riportato, battendo nel 75% dei casi le stime, con gli analisti che stanno rialzando le stime per il primo trimestre, ma stanno invece continuando a d abbassare le aspettative per il secondo, terzo e quarto trimestre, con la stima per l’intero 2025 scesa oggi al 9.5% dal 15% atteso ad inizio anno.

Tuttavia, è proprio nella stagione degli utili che va cercato un elemento di resilienza. Le grandi aziende, soprattutto nei settori della tecnologia, sanità e consumo, stanno dimostrando una notevole capacità di adattamento ai nuovi scenari. Anche i margini, seppur sotto pressione, si stanno difendendo meglio del previsto, e il cash flow operativo resta robusto in molti casi. Se la guerra commerciale dovesse trovare un punto di equilibrio, è verosimile aspettarsi un rimbalzo della fiducia aziendale e, con essa, una ripresa degli investimenti.

Infine uno sguardo alle valutazioni: il rimbalzo dei listini è stato guidato da una rivalutazione dei multipli, più che da una revisione al rialzo delle prospettive sugli utili. Il P/E forward dell’S&P 500 è sceso da 22,5 a 20 mentre quello delle magnifiche 7 è crollato da 30 a 22. Valutazioni più vicine a quelle medie storiche e coerenti con uno scenario di normalizzazione, ma non ancora attraenti se davvero ci dovessimo avvicinare a una fase recessiva.

Dal punto di vista valutativo continuano ad essere più attraenti gli indici europei, che trattano a 14 volte gli utili prospettici dei prossimi 12 mesi, perfettamente in linea alla media storica degli ultimi 10 anni, così come in media valutativa troviamo gli indici Cinesi che trattano a 12 volte gli utili.

Sul fronte macro, le prossime settimane saranno cruciali. I dati su vendite al dettaglio, inflazione e ISM forniranno indicazioni più chiare sullo stato della domanda interna e sul grado di trasmissione delle tensioni tariffarie al sistema economico. Se da un lato la Fed appare orientata a tagli graduali, dall’altro lato serve conferma che l’inflazione non tornerà a salire e che la crescita reggerà.

In sintesi, ci troviamo in un equilibrio fragile, il mercato sembra avere imparato che Trump interviene prima di perdere il controllo del mercato, un atteggiamento che può ridurre temporaneamente la volatilità percepita, ma che non elimina le incertezze strutturali, soprattutto se, come appare probabile, la crescita economica inizierà a risentire del peso delle tariffe nel secondo semestre. La Fed si riunirà questa settimana, ma per ora resta sullo sfondo, pronta a intervenire, ma non ancora convinta, con gli indici ritornati in breve tempo in media valutativa la selettività resterà fondamentale.