Smart mobility, perché serve una nuova legislazione per la mobilità

La smart mobility richiede un deciso cambio di passo anche sotto il profilo legislativo. Il diritto deve smettere di inseguire la tecnologia e diventare uno strumento di governance proattiva. Come sarebbe opportuno fare nel caso della guida autonoma L'articolo Smart mobility, perché serve una nuova legislazione per la mobilità proviene da Economyup.

Apr 23, 2025 - 11:33
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Smart mobility, perché serve una nuova legislazione per la mobilità

Diritto & Innovazione

Smart mobility, perché serve una nuova legislazione per la mobilità



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La smart mobility richiede un deciso cambio di passo anche sotto il profilo legislativo. Il diritto deve smettere di inseguire la tecnologia e diventare uno strumento di governance proattiva. Come sarebbe opportuno fare nel caso della guida autonoma

Pubblicato il 23 apr 2025

Mario Benedetti

Partner BLB Studio Legale



Legislazione per la smart mobility
Legislazione per la smart mobility

In un contesto in cui l’innovazione tecnologica nel settore dei trasporti avanza a ritmi esponenziali, il diritto rischia di restare fermo al palo. Il tema della smart mobility – che include mobilità elettrica, infrastrutture intelligenti e veicoli a guida autonoma – richiede un deciso cambio di passo anche sotto il profilo legislativo.

Oggi scontiamo un significativo ritardo normativo: la regolazione primaria procede con lentezza, ostacolata dalla complessità degli iter parlamentari, mentre gli interventi regolatori secondari – come quelli relativi ai varchi ZTL o alle sperimentazioni locali – si muovono più rapidamente, ma in modo frammentario e disomogeneo.

È necessario invece uno sforzo organico per dotare il sistema giuridico di strumenti flessibili e anticipatori, capaci di governare l’innovazione senza subirla.

Guida autonoma: un vuoto normativo nel nuovo Codice della Strada

Un caso emblematico è quello della guida autonoma. Nonostante anni di dibattito e sperimentazioni su scala europea, la riforma del Codice della Strada non ha incluso disposizioni specifiche su tale materia. Eppure, la normativa internazionale esiste e avanza: basti pensare al Regolamento UNECE n. 157, in vigore dal marzo 2021 e ratificato dall’Unione Europea nel 2022, che disciplina l’omologazione dei sistemi di guida automatizzata (Automated Lane Keeping Systems – ALKS) fino al Livello 3 SAE.

Tale regolamento consente l’utilizzo di veicoli autonomi su tratti autostradali con velocità massima di 60 km/h, ma richiede requisiti infrastrutturali precisi, come carreggiate separate da pedoni e ciclisti. In Italia, tuttavia, manca un adeguamento del Codice della Strada che consenta la piena applicazione della normativa internazionale: il conducente resta giuridicamente responsabile e deve mantenere un controllo costante sul veicolo, rendendo nei fatti impraticabile la guida autonoma di Livello 3.

Questo disallineamento non solo frena lo sviluppo industriale del settore ma anche questioni in tema di responsabilità civile e penale nell’ambito della guida autonoma. Ed invero, in caso di sinistro chi risponde dei danni? La domanda è tutt’altro che teorica. Il conducente, il costruttore, lo sviluppatore del software, o chi ha fornito l’infrastruttura? La guida autonoma modifica radicalmente il paradigma della responsabilità, superando la centralità della colpa umana e spostando l’asse verso la responsabilità oggettiva o da prodotto difettoso (ex art. 2050 e 2051 c.c. e D.lgs. 206/2005). È quindi urgente definire un quadro giuridico che tuteli gli utenti e garantisca certezza del diritto.

In tale direzione si muove anche la proposta di Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale (AI Act), che, se approvato definitivamente nel 2025, imporrà requisiti stringenti in termini di trasparenza, sicurezza e governance per i sistemi ad alto rischio, inclusi i sistemi di guida automatizzata.

Smart Mobility, infrastrutture e protezione dei dati

Nel corso del recente convegno al Senato della Repubblica: “Smart Mobility e innovazione urbana: Verso una nuova visione delle città”, promosso su iniziativa del Senatore Gianni Berrino in collaborazione con BLB Studio Legale, è emerso come le criticità non riguardino solo la guida autonoma.

Anche la mobilità elettrica soffre di ritardi sistemici: se da un lato la rete di colonnine di ricarica si sta espandendo, dall’altro i tempi per l’omologazione e la messa in esercizio sono ancora eccessivamente lunghi. Inoltre, la digitalizzazione della mobilità solleva problemi rilevanti in materia di protezione dei dati personali e sicurezza cibernetica.

Basti pensare a progetti pilota dove la gestione intelligente dei varchi urbani si scontra spesso con difficoltà normative legate al trattamento e alla conservazione dei dati raccolti da dispositivi e sensori. In un ecosistema urbano sempre più connesso, occorre rafforzare il coordinamento tra norme sul traffico, regolamenti privacy e obblighi in materia di cybersicurezza.

In conclusione, per affrontare efficacemente queste sfide, è necessario promuovere un confronto costante tra giuristi, tecnologi e istituzioni. Il diritto deve smettere di inseguire la tecnologia e diventare uno strumento di governance proattiva. Solo in questo modo sarà possibile costruire una mobilità realmente sostenibile, sicura e competitiva sul piano internazionale.

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