Servizi di investimento: obblighi informativi ed adeguatezza al profilo di rischio del cliente.
Nota a ACF, 1° aprile 2025, n. 7933.

Nota a ACF, 1° aprile 2025, n. 7933.
La recentissima decisione in oggetto attiene alla richiesta di risarcimento danni elevata da parte di un cliente (parte ricorrente o investitore) nei confronti di un intermediario (parte convenuta o resistente) in merito alla prestazione di un servizio di investimento e, nello specifico, per l’asserita violazione degli obblighi informativi (preventivi e successivi all’investimento), delle regole di profilatura del cliente, e altresì, della valutazione di adeguatezza/ appropriatezza degli investimenti effettuati.
Orbene, la controversia in disamina trae origine da una serie di operazioni di investimento in obbligazioni corporate, effettuate dal ricorrente mediante la piattaforma home banking, messa a disposizione dall’intermediario, nel periodo compreso fra il mese di novembre 2017 e agosto 2018, per un controvalore complessivo superiore a € 680.000,00.
A fondamento delle proprie pretese risarcitorie, il ricorrente deduce la sussistenza di plurime violazioni da parte dell’Intermediario in relazione agli obblighi informativi e di condotta previsti dalla normativa di settore. In particolare, gli inadempimenti contestati all’intermediario attengo a:
- l’omessa informativa ex ante, per non aver fornito al cliente alcuna scheda prodotto o documento informativo idoneo a delineare le caratteristiche intrinseche e i rischi dei titoli obbligazionari in oggetto;
- la mancata segnalazione di un potenziale conflitto di interessi, asseritamente derivante dalla posizione dell’intermediario quale creditore dell’emittente dei titoli de quo al momento delle operazioni di acquisto da parte del ricorrente;
- l’omessa informativa ex post in merito all’andamento negativo dei titoli, ostacolando così un eventuale tempestivo disinvestimento da parte del cliente;
- la carente e tardiva profilatura del cliente, stante il primo questionario di adeguatezza/appropriatezza risalente al mese di aprile 2018, in epoca successiva, quindi, a n.7 su 8 acquisti eseguiti dal ricorrente.
Ciò posto, l’intermediario ha chiesto il rigetto integrale del ricorso, evidenziando l’insussistenza di qualsivoglia violazione normativa. Nello specifico, parte resistente nella propria difesa, prospettava l’assenza dell’attività consulenziale asseritamente prestata al ricorrente; infatti, le operazioni sono state disposte autonomamente dal ricorrente attraverso il servizio di ricezione e trasmissione ordini, senza alcuna raccomandazione personalizzata fornita dai consulenti dell’intermediario.
Il cliente, mediante la propria operatività sui mercati, caratterizzata da precedenti investimenti in titoli azionari e obbligazionari (similari in termini di rischio/rendimento a quelli oggetto di contestazione) avrebbe dimostrato ampia autonomia e consapevolezza nella gestione degli ordini; ciò sarebbe desumibile, altresì, dalla modifica dei limiti di prezzo, dalla revoca di precedenti ordini e dal tentativo di vendite non eseguito.
In merito al conflitto di interessi, il resistente evidenziava che le obbligazioni in oggetto non erano collocate dalla medesima banca ma negoziate da tempo sul mercato secondario, generando in caso di compravendita, le medesime commissioni d’intermediazione di qualsivoglia altro titolo presente sullo stesso mercato; pertanto, a nulla rilevava l’assunto in base al quale l’intermediario fosse il principale creditore dell’emittente delle obbligazioni acquisite dal ricorrente.
Coerente risultava, inoltre, il profilo del cliente rispetto ai corporate bond acquistati; in base ai questionari sottoposti nel 2015 e nel 2018, il ricorrente presentava un profilo di rischio “dinamico”, un holding period di oltre 60 mesi e dichiarava una conoscenza dei concetti base di finanza, nonché la sussistenza di un portafoglio con strumenti analoghi per rischio e complessità, inclusi strumenti in valuta estera e corporate bond ad alto rendimento.
Infine, in merito all’informativa resa dall’intermediario ex post rispetto all’investimento e, nello specifico, in merito all’andamento negativo dei titoli, parte resistente ha chiarito di aver prodotto rendicontazioni periodiche, dalla quali era desumibile l’andamento dei titoli e il rischio di credito, oltre ad aver prontamente informato il cliente dell’avvio della procedura concordataria dell’emittente.
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Nel merito, il Collegio ha rilevato alcune criticità nell’operato dell’intermediario resistente, ritenendo
violati taluni obblighi informativi ex ante, stante la carenza probatoria circa il rilascio di informazioni specifiche sull’adeguatezza degli investimenti al profilo di rischio del cliente.
Tuttavia, dette violazioni non sono risultate idonee a fondare una pronuncia di accoglimento, atteso che il ricorrente, in epoca precedente alle operazioni oggetto di contestazione, deteneva un portafoglio ampiamente diversificato, composto da strumenti azionari e obbligazionari, anche in valuta estera e ad elevata rischiosità; pertanto, a detta del Collegio, il cliente mostrava una strategia consapevole e speculativa, fondata su un’operatività significativa, dinamica e autonoma.
Orbene, in base al principio del “più probabile che non”, il ricorrente avrebbe comunque effettuato le operazioni, anche in presenza di una più completa ed esaustiva informativa preventiva, interrompendo così il nesso di causalità tra l’omissione informativa ed il lamentato danno.
In tal senso, il Collegio ha fatto esplicito richiamo all’orientamento espresso dalla Cassazione (ord. n. 35926/2023), secondo cui la conoscenza specifica dello strumento e dei rischi da parte dell’investitore è sufficiente a superare la presunzione di nesso causale tra omissione informativa e pregiudizio cagionato.
In definitiva, alla luce di quanto esposto sopra, il Collegio ha escluso la responsabilità dell’Intermediario, rigettando integralmente il ricorso per difetto del necessario nesso causale tra la condotta censurata e il danno lamentato.