Questi misteriosi cerchi di pietra su una remota isola scozzese rivelano un’anitca civiltà dimenticata prima di Stonehenge

Sull’isola di Skye, tra le più remote delle Ebridi Interne scozzesi, un team di archeologi ha portato alla luce indizi sorprendenti che potrebbero riscrivere la storia delle migrazioni umane nel nord Europa. Strumenti in pietra e allineamenti circolari sommersi suggeriscono che gruppi di cacciatori-raccoglitori abbiano abitato la regione ben oltre 10.000 anni fa, molto prima...

Mag 17, 2025 - 17:06
 0
Questi misteriosi cerchi di pietra su una remota isola scozzese rivelano un’anitca civiltà dimenticata prima di Stonehenge

Sull’isola di Skye, tra le più remote delle Ebridi Interne scozzesi, un team di archeologi ha portato alla luce indizi sorprendenti che potrebbero riscrivere la storia delle migrazioni umane nel nord Europa. Strumenti in pietra e allineamenti circolari sommersi suggeriscono che gruppi di cacciatori-raccoglitori abbiano abitato la regione ben oltre 10.000 anni fa, molto prima dell’erezione di Stonehenge e dell’avvento dell’agricoltura.

Strumenti in pietra e allineamenti circolari sommersi 

La ricerca, guidata dall’archeologa Karen Hardy dell’Università di Glasgow, ha richiesto oltre otto anni di lavoro lungo le coste battute dal vento dell’isola di Skye. A South Cuidrach, nella parte settentrionale dell’isola, sono stati rinvenuti decine di strumenti in pietra finemente lavorati, tra cui lame, burini e raschiatoi. Questi utensili, realizzati con fango pietrificato locale, presentano uno stile simile a quello della cultura Ahrensburgiana, diffusa tra la Germania settentrionale e la Danimarca nel Tardo Paleolitico Superiore.

Secondo Hardy, la quantità e la varietà degli oggetti rinvenuti indicano “una popolazione di dimensioni consistenti o un’occupazione prolungata”. Questi strumenti sono i primi del loro genere trovati così a nord in Scozia, e la loro presenza su Skye dimostra un’attività ben più stabile di quanto si pensasse in precedenza.

Ma non è tutto. Sulla costa orientale dell’isola, nei pressi di Sconser, sono emersi anche circoli di pietre sommersi, visibili solo durante le basse maree primaverili più estreme. Alcuni archeologi hanno dovuto ricorrere a immersioni subacquee per documentare queste strutture, di cui finora sono stati identificati fino a venti esemplari. I cerchi, con diametri compresi tra i 3 e i 5 metri, risalgono con tutta probabilità a oltre 10.000 anni fa, quando il livello del mare era più basso e l’area rappresentava una terraferma.

Gli studiosi notano una somiglianza tra questi allineamenti e strutture analoghe rinvenute in Norvegia e datate a circa 11.000 anni fa, rafforzando l’ipotesi di un’origine paleolitica.

Come sono arrivati fin qui?

Il ritrovamento mette in discussione le convinzioni finora accettate sulla cronologia della presenza umana in Scozia, finora datata all’inizio del Mesolitico, intorno a 10.000 anni fa. La nuova evidenza suggerisce che gruppi umani potrebbero essere giunti molto prima, in un paesaggio ancora segnato dalla presenza di ghiacciai.

Durante l’ultima era glaciale, vaste calotte di ghiaccio ricoprivano la Scozia occidentale. Tuttavia, il ritiro dei ghiacci e il conseguente abbassamento del livello marino crearono ponti di terra e passaggi naturali. Uno di questi potrebbe essere stato lo stretto di Kylerhea, che forse all’epoca era percorribile a piedi.

È possibile che questi gruppi abbiano seguito le mandrie verso nord, spostandosi man mano che i ghiacci si ritiravano.

Le pietre usate per costruire gli strumenti, provenienti dalla costa nord-orientale dell’isola, testimoniano spostamenti interni attraverso i rilievi montuosi di Skye. La scelta di insediarsi nella parte occidentale potrebbe essere legata alla disponibilità di acqua dolce, fauna terrestre e risorse marine.

L’eco di una civiltà dimenticata sulle sponde scozzesi

La cultura Ahrensburgiana, sviluppatasi tra 12.200 e 10.500 anni fa, rappresenta una delle ultime civiltà paleolitiche europee. Caratterizzata da tecnologie litiche avanzate, fu preceduta da gruppi come gli Hamburgiani e i Federmesser, anch’essi spinti a nord dal cambiamento climatico post-glaciale.

Se confermati, i reperti di Skye sarebbero la prova più a nord della presenza ahrensburgiana, dimostrando l’incredibile capacità di adattamento e mobilità di questi popoli. Clima instabile, coste frastagliate, vegetazione rada e tundra costituivano l’ambiente in cui dovevano sopravvivere.

Eppure non erano semplici nomadi. Le prove archeologiche suggeriscono che sapevano costruire imbarcazioni, cacciare, pescare e utilizzare pigmenti come l’ocra, forse per trattare pelli o per usi simbolici.

Un nuovo capitolo per la preistoria scozzese 

Fino ad ora, il sito mesolitico di Cramond, vicino a Edimburgo, era considerato la più antica testimonianza di insediamento umano in Scozia, datata tramite radiocarbonio a circa 10.000 anni fa. Tuttavia, gli artefatti scoperti a Skye potrebbero anticipare quella data di diverse centinaia di anni.

La difficoltà principale rimane la mancanza di materiali organici, che impedisce la datazione precisa mediante radiocarbonio. Gli studiosi basano le loro analisi su caratteristiche geomorfologiche, confronto tipologico con altri siti e interpretazioni comparative.

Nonostante l’assenza di resti umani o strutture abitative complete, le prove accumulatesi negli anni suggeriscono una presenza stabile e significativa. E le prospettive future sono promettenti: con l’uso di nuove tecnologie come il LiDAR subacqueo e il DNA sedimentario, potrebbero emergere dettagli cruciali.

Karen Hardy conclude con una riflessione suggestiva:

Questa scoperta ci offre una prospettiva inedita sulla più antica occupazione umana del nord-ovest della Scozia. Non si sono solo fermati qui di passaggio. Vivevano davvero, all’estremità del mondo conosciuto.

Lo studio completo è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Quaternary Science.

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Fonte: The Journal of Quaternary Science

Ti potrebbe interessare anche: