Pagati per coccolare i panda? Ti spiego perché il “panda cuddler” non è affatto il lavoro dei sogni
Tra le offerte di lavoro più insolite e curiose, quella del panda cuddler – letteralmente “coccolatore dei panda” – occupa sicuramente un posto d’onore. E no, purtroppo non è una fake news. In Cina, infatti, in centri specializzati come il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding o il Giant Panda Protection and Research Center,...

Tra le offerte di lavoro più insolite e curiose, quella del panda cuddler – letteralmente “coccolatore dei panda” – occupa sicuramente un posto d’onore. E no, purtroppo non è una fake news. In Cina, infatti, in centri specializzati come il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding o il Giant Panda Protection and Research Center, esistono davvero posizioni lavorative che prevedono il contatto diretto e quotidiano con i panda giganti. Lo stipendio? Circa 32.000 dollari l’anno, a cui si aggiungono vitto, alloggio e trasporto gratuiti.
Le responsabilità includono attività apparentemente idilliache: nutrire i cuccioli, monitorarne la salute, scattare fotografie e – punto clou dell’annuncio – coccolarli. Una routine che, agli occhi di molti, può sembrare più una vacanza a tempo indeterminato che un impiego. Ma è davvero così?
Il requisito minimo è avere almeno 22 anni, possedere una conoscenza di base dei panda, abilità nella scrittura e nella fotografia. I candidati ideali dovrebbero essere disposti a lavorare tutto l’anno, spesso senza giorni di pausa. Nella realtà, però, questo lavoro è molto meno romantico di quanto appaia su Instagram o TikTok
Animali selvatici trasformati in attrazioni per i social
Sul piano etico, infatti, questa professione non può che sollevare interrogativi. I panda sono animali selvatici, non peluche da coccolare. In natura sono solitari e passano la maggior parte del tempo da soli, ad eccezione del periodo riproduttivo. Le interazioni fisiche tra esemplari adulti sono rare e il contatto con l’essere umano non è una condizione naturale.
Inoltre è fondamentale sottolineare che questi animali vivono in cattività, fuori dal loro habitat originario nei boschi di bambù delle province di Sichuan, Gansu e Shanxi. La distruzione dell’ambiente e la frammentazione del loro ecosistema li ha resi specie vulnerabile ed è solo grazie agli sforzi dei centri di ricerca – e non certo degli zoo – se la popolazione non è ulteriormente diminuita.
Dietro l’immagine virale del panda abbracciato all’operatore si nasconde un contesto più complesso. L’idea del “mestiere più bello del mondo” rischia di banalizzare il concetto di conservazione della biodiversità, trasformando animali selvatici in attrazioni per i social. Forse, invece di pensare a coccolarli, dovremmo impegnarci a proteggere il loro habitat e a ripensare il nostro rapporto con la natura. Perché il vero lavoro dei sogni dovrebbe essere quello che restituisce agli animali la loro libertà.
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