OpenAI diventa virale imitando lo stile di un artista che odia l’IA
Di recente ha fatto il giro del web il nuovo generatore di immagini di OpenAI, se non altro perché gli utenti si divertono a mettere alla prova l’efficacia dello strumento replicando lo stile grafico dello Studio Ghibli, celebre casa d’animazione giapponese conosciuta per capolavori quali Il mio vicino Totoro e La città incantata. La tendenza, […] The post OpenAI diventa virale imitando lo stile di un artista che odia l’IA appeared first on L'INDIPENDENTE.

Di recente ha fatto il giro del web il nuovo generatore di immagini di OpenAI, se non altro perché gli utenti si divertono a mettere alla prova l’efficacia dello strumento replicando lo stile grafico dello Studio Ghibli, celebre casa d’animazione giapponese conosciuta per capolavori quali Il mio vicino Totoro e La città incantata. La tendenza, fomentata con entusiasmo dall’azienda di intelligenza artificiale, assume una connotazione particolarmente cinica, specialmente se si considera il noto scetticismo di Hayao Miyazaki, co-fondatore di Studio Ghibli, nei confronti dell’automatizzazione dell’arte.
Non appena è stato lanciato l’ultimo aggiornamento dell’IA, gli utenti hanno rapidamente constatato che il modello online non solo è in grado di generare immagini di alta qualità, ma riesce anche a riprodurre fedelmente stili e tecniche di artisti ancora in attività. In poco tempo hanno iniziato a emergere disegni ispirati ai Simpsons e a Rick and Morty, ma il fatto che a diventare virale sia stato il tratto di Miyazaki ha il sapore di una provocazione deliberata, la quale viene accentuata dalla natura dei soggetti che sono stati rappresentati.
Una provocazione che apparentemente non è stata accolta da Sam Altman, CEO di OpenAI, il quale ha anzi incoraggiato il trend modificando il proprio profilo in modo da seguire il tema. Il fenomeno ha dunque assunto connotazioni più esplicite quando meme internettiani e molteplici immagini politiche sono state immesse nel sistema, rinascendo sotto forma di colorati disegni. Dall’impiccagione di Saddam Hussein all’attacco alle Torri Gemelle, passando per una serie di eventi che hanno segnato la storia contemporanea e l’immaginario collettivo della Rete, il fenomeno ha assunto dimensioni sorprendenti. La spirale degenerativa si è completata quando il profilo X della Casa Bianca ha deciso di cavalcare l’onda della viralità, traducendo nello stile di Miyazaki le fotografie dell’arresto di Virginia Basora-Gonzalez, donna accusata di spaccio di fentanyl. Un messaggio che si contrappone nettamente all’ethos di Studio Ghibli, sia sul piano politico che su quello tecnico.
Nel 2016, dopo aver assistito a una dimostrazione su come le intelligenze artificiali potessero essere applicate nel mondo dell’animazione, Miyazaki non nascose il suo disappunto. “Sono assolutamente disgustato, non desidererei mai integrare questa tecnologia nel mio lavoro”, aveva dichiarato, “ritengo con fermezza che sia un oltraggio alla vita stessa”. La sua conclusione era stata lapidaria: “Sento che ci stiamo avvicinando alla fine dei tempi. Noi esseri umani stiamo perdendo la fiducia in noi stessi”.
Oltre a creare un paradosso etico e autoriale, l’esplosiva popolarità di queste illustrazioni solleva notevoli interrogativi anche sulla tutela dei diritti d’autore. L’anno scorso, OpenAI aveva ammesso apertamente che preservare il copyright avrebbe reso “impossibile” lo sviluppo del suo modello di IA. Possiamo dunque presumere che le immagini dei film di Miyazaki siano ormai finite in pasto alla macchina già da tempo, tuttavia, secondo OpenAI, il generatore di immagini avrebbe dovuto prevenire forme di plagio adottando un “approccio conservatore”: l’azienda sostiene infatti di aver inserito nel sistema alcuni comandi che dovrebbero impedire l’imitazione dello stile di artisti ancora in vita. Smentita dai fatti, OpenAI ha successivamente chiarito che gli “stili generici di uno studio” possono però essere liberamente replicati.
Per l’impresa tech, il limite non è dunque etico, artistico o legislativo, quanto tecnico: Altman ha annunciato che le richieste di generazione di immagini sono troppo frequenti, che i processori di ChatGPT “stanno fondendo”. Per questo, gli utenti non abbonati dovranno subire dei “limiti temporanei” che gli impediranno di commissionare all’IA più di tre immagini al giorno. Studio Ghibli, da parte sua, non ha ancora commentato la situazione e si concentra piuttosto sul selezionare nuovo personale che possa dare una mano a coronare i suoi traguardi artigianali.
[di Walter Ferri]
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