Disoccupati in calo ma aumentano i poveri stipendiati, chi sono i “working poor”

Da uno studio di Unimpresa emerge un quadro di emergenza sociale per il numero degli italiani a rischio povertà nonostante abbiano un lavoro, a fronte del calo della disoccupazione

Mar 31, 2025 - 21:41
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Disoccupati in calo ma aumentano i poveri stipendiati, chi sono i “working poor”

La disoccupazione in Italia diminuisce, ma il lavoro diventa sempre più povero. Lo rivela un’analisi del centro studi dell’associazione Unimpresa, da cui emerge come, a fronte di un calo del numero dei disoccupati, le condizioni economiche di chi ha un impiego sono mediamente peggiorate: si tratta del fenomeno dei cosiddetti “working poor“, i lavoratori poveri, che nel nostro Paese sono stati l’anno scorso 285 mila in più.

Una distorsione del mercato del lavoro dovuta soprattutto dall’aumento dei contratti a termine a tempo pieno, aumentati del 20,9%, e dalla sottoccupazione delle donne.

La disoccupazione in Italia

Se da una parte i numeri della disoccupazione in Italia riportino un quadro in leggero miglioramento, dall’altra la precarietà e il disagio economico-sociale è ormai strutturale in diverse fasce di popolazione.

I soggetti senza lavoro sono passati da 1 milione e 947mila del 2023 a 1 milione e 664mila nel 2024, con un calo di 283mila persone (-17%), trainato nello specifico dal decremento degli ex occupati (-21,5%) e di chi è in cerca della prima occupazione (-9,8%).

Dall’elaborazione dei dati Istat 2024 del Centro studi di Unimpresa emerge però che l’ammontare degli italiani a rischio povertà, indigenza o esclusione sociale, che comprende il totale dei disoccupati, precari, lavoratori sottoccupati o con contratti bassi, è di 8 milioni e 550mila persone.

Una cifra in crescita soltanto di 2mila unità rispetto al 2023, ma che cristallizza la condizione di vita di una fetta di italiani, in equilibrio quotidiano tra lavoro e povertà.

“La fotografia che emerge è quella di un’Italia che si muove, ma resta ferma: meno disoccupati, più contratti, ma nessun passo avanti reale nella riduzione della povertà” ha spiegato il direttore del Centro studi di Unimpresa, Paolo Longobardi, secondo cui di fronte a questa fragilità strutturale “il rischio è che le riforme del lavoro e gli incentivi all’occupazione non bastino, se non si affronta con decisione il nodo dei salari bassi – da migliorare con un aumento della produttività delle imprese e una forte riduzione della pressione fiscale – della precarietà e della mancanza di protezione per milioni di lavoratori invisibili”.

I “working poor”

La maggioranza di questa “platea di disagio sociale” è costituita dai cosiddetti “woorking poor”, termine con il quale si definisce la categoria di lavoratori che, nonostante abbiano un’occupazione, si trovano a rischio di povertà e di esclusione sociale per il livello troppo basso del loro reddito, dell’incertezza sul lavoro e della scarsa crescita reale del livello retributivo.

Come riportato dal Centro studi, i lavoratori poveri nel 2024 sono stati 6 milioni e 886mila, 285mila in più rispetto all’anno prima, per un incremento del +4,1%.

Stando all’analisi, l’aumento è causato soprattutto dalla crescita di oltre mezzo milioni di contratti full-time a tempo determinato (da 2milioni e 21mila a 2 milioni e 554mila), mentre i contratti part-time a termine sono scesi del -20% e quelli a tempo indeterminato ma part-time involontario del -4,9%.

In questo quadro, il numero di lavoratori autonomi part-time rimane stabile con una differenza di sole mille persone, mentre sale di 30mila unità il numero delle collaborazioni (+10,8%), due categorie che spesso raffigurano il lavoro precario e senza tutele.