No, la centrale nucleare di Latina NON sta riaprendo, cosa ha detto per davvero Artizzu di Sogin
Gianluca Artizzu, Amministratore Delegato di Sogin, è intervenuto al convegno organizzato dalla Lega dal titolo: “Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte!”. Nel suo intervento ha parlato delle attività di Sogin e dei siti di Caorso, Garigliano, Trino e Latina. In queste ore, la stampa locale laziale sta riportando titoli shock riguardo alla centrale di Latina, secondo...

Gianluca Artizzu, Amministratore Delegato di Sogin, è intervenuto al convegno organizzato dalla Lega dal titolo: “Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte!”. Nel suo intervento ha parlato delle attività di Sogin e dei siti di Caorso, Garigliano, Trino e Latina.
In queste ore, la stampa locale laziale sta riportando titoli shock riguardo alla centrale di Latina, secondo i quali essa sarebbe ancora in attività e candidata a diventare un sito per un eventuale rilancio futuro.
Per smantellare bisogna costruire, nel nucleare è così. Non significa mettere tutto su bidoni gialli e abbandonarli su prati verdi. Smantellare significa confinare rispetto alla biosfera e alle attività umane,
ha dichiarato il numero uno di Sogin durante il convegno di Milano. E ce ne rallegriamo, dato che si tratta proprio della società di Stato italiana esperta di decommissioning e contenimento dei rifiuti radioattivi, e che – secondo la Federcontribuenti – costa in bolletta 3,7 miliardi di euro agli italiani.
Sogin ha ereditato quattro centrali nucleari dall’Enel e cinque (anzi, 4+1) centri per la fabbricazione e il processamento del combustibile nucleare. Le quattro centrali dell’Enel erano in perfette condizioni, tranne quella del Garigliano, fermata in anticipo.
La centrale di Garigliano è stata fermata nel 1982, a seguito del terribile terremoto che ha colpito l’Irpinia. Evidentemente, già all’epoca (e molto prima di Chernobyl) erano state fatte considerazioni riguardo alla sicurezza (e ai costi di riparazione) del sito produttivo.
Il primo peccato del nucleare è non farlo lavorare. Pensiamo alla centrale di Caorso: ha operato per meno di cinque anni. Oggi, se non l’avessimo fermata con il referendum di allora, staremmo discutendo dell’estensione del suo esercizio a 80 anni.
La centrale di Caorso ha visto iniziare i lavori di costruzione nel 1970 (giusto per avere un quadro: quella di Fukushima risale al 1967). Stiamo dunque parlando di una tecnologia di 55 anni fa.
Le scorie sono solo quelle ad alta attività, ossia circa il 5-6% del combustibile irraggiato. Il combustibile non è esausto: con le tecnologie attuali può essere riprocessato una sola volta, dopodiché si generano veleni neutronici. Con le tecnologie di quarta generazione, potrà essere riprocessato più volte.
Supportiamo sempre la ricerca, perché le sue ricadute sono imprevedibili. Ma se proprio dobbiamo attendere sviluppi nel settore nucleare, ci piace sperare che la fusione arrivi presto.
Per quanto riguarda il decommissioning, ci si accusa di essere lenti e costosi. Ma costiamo tanto se le centrali non vengono fatte lavorare prima. Se invece le centrali operano, i fondi necessari vengono accantonati. Enel ci ha fornito una dotazione per tre centrali: Latina, Garigliano e Trino. Non ha potuto farlo per Caorso, perché lì non era stato accantonato nulla.
È su queste affermazioni che la stampa locale dell’area di Borgo Sabotino è insorta. Ma è impensabile credere che un sito in decommissioning non sia attivo: proprio perché le operazioni di smantellamento, contenimento e ripristino della sicurezza sono molto delicate.
Successivamente, Sogin ha diramato una nota in cui afferma:
«Noi smantelliamo gli impianti, non i siti. Questi sono stati progettati e mantenuti come siti per ospitare una centrale nucleare e sono la naturale destinazione per un futuro nuovo impianto».
Ringraziamo Sogin per questa autocandidatura. E non ce ne vorrà se, proprio in virtù di quanto accaduto a Fukushima, considereremo il sito di Latina un po’ meno adatto, data la sua vicinanza al mare, 1,25 Km e circa 300 Km dal vulcano sottomarino Marsili.
Il sismologo Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha dichiarato riguardo il vulcano
La nostra ultima ricerca mostra che il vulcano non è strutturalmente solido, le sue pareti sono fragili, la camera magmatica è di dimensioni considerevoli. Tutto ciò ci dice che il vulcano è attivo e potrebbe entrare in eruzione in qualsiasi momento.
Il cedimento delle pareti muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare un’onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi, ma non si possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione. Quello che serve è un sistema continuo di monitoraggio, per garantire attendibilità
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