Smile 2: un sequel horror che supera l’originale – Recensione
“Quel sorriso, quel maledetto sorriso…” da una frase / meme ormai entrata nell’immaginario di internet – e non solo – a un film dove il sorriso è effettivamente maledetto, in quanto chi lo fa per l’ultima volta viene poi spinto da una misteriosa entità a togliersi la vita. Lo sanno bene gli spettatori del primo […]


“Quel sorriso, quel maledetto sorriso…” da una frase / meme ormai entrata nell’immaginario di internet – e non solo – a un film dove il sorriso è effettivamente maledetto, in quanto chi lo fa per l’ultima volta viene poi spinto da una misteriosa entità a togliersi la vita. Lo sanno bene gli spettatori del primo Smile (2022), horror scritto e diretto da Parker Finn che ha ottenuto un clamoroso successo ai botteghini, anche al di là dei suoi reali meriti.
Ora il regista, che ai tempi era al suo esordio in un lungometraggio, torna letteralmente sul luogo del delitto per firmare un sequel che si rivela più ispirato dell’originale, almeno consapevole della sua anima giocosa e pronto a esagerare quando necessario, con l’intento di scioccare un pubblico sempre affamato di paura e terrore.
Smile 2, recensione: (sor)ridi che ti passa
Al centro di questa nuova vicenda, che ci presenta personaggi tutti nuovo, troviamo la popolare cantante Skye Riley, che ha recentemente fatto il suo ritorno sulle scene a un anno di distanza dal drammatico incidente automobilistico, nel quale ha perso la vita il suo fidanzato – un affermato attore – e lei stessa è sopravvissuta per miracolo. Dopo essersi disintossicata dalle droghe e aver superato in qualche modo quel doloroso trauma, la ragazza è pronta a ricominciare ma i dolori che ancora prova dopo l’invasivo l’intervento chirurgico la spingono a recarsi dal suo ex pusher di fiducia, nella speranza che proprio alcune pastiglie ad hoc possano alleviare la sua sofferenza.
Lo trova però in condizioni psico-fisiche fortemente alterate e poco dopo, davanti ai suoi occhi, si toglie brutalmente la vita spaccandosi un cerchio di metallo sulla fronte; non prima di aver fatto un sorriso inquietante. Perché lo spacciatore ha così passato a Skye una maledizione, che ora la vedrà cadere vittima di inquietanti allucinazioni, con il confine tra realtà e immaginazione che diventa sempre più labile e mette a rischio non soltanto la sua carriera, ma anche la sua vita.
Una condanna senza fine?
Passare il fardello a qualcun altro, seguendo quella linea guida che aveva già caratterizzato uno degli horror dello scorso decennio, il cult – che a breve avrà anch’esso un seguito – It Follows (2014). Ma non è così semplice, come scoprirà la malcapitata protagonista in un crescendo di inquietudine e impotenza, oppressa da queste visioni – fittizie o reali che siano – che mandano a monte il suo annunciato come-back e la fanno dubitare della sua sanità mentale.
La formula del primo film – a cui si collega con l’intenso prologo – che si prendeva anche troppo sul serio, viene qui riadattata con una verve più sfrontata e grottesca, anche perché no volontariamente alla ricerca di scene scult (basti pensare all’apparizione del corpo di ballo) per cercare di creare un contesto ad alto ritmo, sempre intenso e dalle tonalità pop. Il tutto per tracimare poi in un epilogo grandguignolesco, che richiama gli archetipi del body horror in un’ottica volutamente sopra le righe e aprire al contempo le porte ad un terzo capitolo ancora più grande, dando infinite potenzialità al prosieguo dell’intero franchise.
La cantante e attrice inglese Naomi Scott è perfetta nel ruolo di ideale vittima sacrificale che vittima proprio non vuol essere e il cast di contorno può contare sul breve cameo del figlio d’arte Ray Nicholson, il cui folle sorriso scimmiotta proprio quello iconico di papà Jack nell’immortale Shining (1980) di Stanley Kubrick.
Conclusioni finali
Sorridere fino alla fine è un motto che prendono alla lettera i malcapitati perseguitati della maledizione di questa saga horror ormai destinata a restare, il cui secondo capitolo offre un approccio più intrattenente ed esagerato, anche a costo di spaziare sopra le righe nell’omaggiare o riprendere topoi di un vasto immaginario horror.
Una cantante pronta al grande ritorno dopo un doloroso trauma, che l’ha segnata non solo nella mente ma anche nel fisico, alle prese con quest’incubo ad occhi aperti, con la violenza che le si spalanca davanti agli occhi in un tripudio pop e grottesco, tra jump-scare e body horror. Smile 2 non racconta nulla di effettivamente originale, ma nelle due ore di visione possiede quel pizzico di personalità tale da mantenere costante l’interesse fino ai titoli di coda, dopo quell’epilogo che apre non porte, ma portoni.