I dazi USA alla Cina non spingono l’inflazione: crollano traffico navale, importazioni e ordini
La nuova ondata di dazi imposti dal presidente Donald Trump, in particolare quelli a tre cifre verso la Cina, non sembra destinata a generare una fiammata inflattiva, ma piuttosto a causare un blocco degli scambi. La contrazione del commercio tra Stati Uniti e Cina sta iniziando a emergere in modo netto nei dati relativi alla […] L'articolo I dazi USA alla Cina non spingono l’inflazione: crollano traffico navale, importazioni e ordini proviene da Word2Invest.

La nuova ondata di dazi imposti dal presidente Donald Trump, in particolare quelli a tre cifre verso la Cina, non sembra destinata a generare una fiammata inflattiva, ma piuttosto a causare un blocco degli scambi. La contrazione del commercio tra Stati Uniti e Cina sta iniziando a emergere in modo netto nei dati relativi alla logistica portuale e al traffico containerizzato. A farne le spese sono in primis i principali porti statunitensi del Pacifico, come Los Angeles e Long Beach, che stanno registrando un drammatico crollo del traffico rispetto allo stesso periodo del 2024.
Il calo del traffico container nei porti americani
Secondo Port Optimizer, il sistema di monitoraggio del traffico merci via mare, nella settimana che termina il 3 maggio il flusso previsto di navi in partenza dalla Cina e dirette verso i porti californiani è calato del 29% su base settimanale, mentre il dato su base annua mostra un crollo ancora più marcato: -44% nella settimana dal 4 al 10 maggio. In termini assoluti, si parla di 62.568 TEU (unità equivalenti a venti piedi) previsti per la settimana dal 4 al 10 maggio, contro 120.608 TEU per la settimana del 20–26 aprile. Il numero di navi attese è sceso da 22 a 12.
Si tratta di dati in aggiornamento continuo, basati sui manifesti di carico delle navi in partenza dai porti asiatici. L’impatto della frenata si riflette anche sulle attività logistiche terrestri: secondo i dati delle piattaforme di logistica, oltre 700.000 carichi di camion sono andati persi a livello nazionale negli USA nella settimana scorsa rispetto alla media delle due settimane precedenti. Il rallentamento delle importazioni sta già bloccando la filiera dei trasporti interni, con ricadute sull’intera catena logistica e sull’occupazione del settore.
Le compagnie container cancellano partenze in massa
L’effetto domino è ormai innescato anche sul fronte degli operatori navali internazionali. Le principali alleanze e compagnie di trasporto stanno cancellando partenze in serie per adeguarsi alla domanda in crollo:
- L’alleanza Gemini (Maersk e Hapag Lloyd) ha registrato un tasso di cancellazione del 24,4%
- La Ocean Alliance (CMA CGM, Cosco, Evergreen e OOCL) è al 18%
- La Premier Alliance (ONE, HMM e Yang Ming) viaggia al 15%
- MSC e ZIM riportano un 10% di cancellazioni
In totale, secondo le ultime stime di Worldwide Logistics, sono state annunciate 80 partenze cancellate dalla Cina verso il mercato statunitense solo nelle ultime settimane. I motivi sono legati al mix tra il crollo degli ordini e l’incertezza sul futuro della guerra commerciale, che rende difficile programmare rotte e servizi regolari. Alcuni vettori stanno già rivedendo o sospendendo i servizi transpacifici, riducendo in modo significativo la capacità operativa.
L’effetto domino colpisce anche il solare: dazi fino al 3.521%
Parallelamente ai dazi generalizzati verso la Cina, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha annunciato dazi compensativi e antidumping sulle importazioni di pannelli solari da quattro paesi del Sud-Est asiatico: Cambogia, Thailandia, Malesia e Vietnam. Si tratta di dazi che in alcuni casi sfiorano il 3.521%, colpendo in particolare aziende legate alla produzione cinese.
- Alcuni produttori cambogiani, accusati di scarsa collaborazione con l’indagine statunitense, dovranno affrontare i dazi più alti: oltre il 3.500%
- La cinese Jinko Solar, attiva in Malesia, riceverà dazi del 41%
- Trina Solar, operante in Thailandia, sarà soggetta a tariffe del 375%
La motivazione ufficiale è legata a pratiche di dumping e sussidi statali cinesi, che secondo Washington avrebbero drogato il mercato globale del fotovoltaico. Tuttavia, la mossa potrebbe generare un effetto boomerang, riducendo drasticamente la disponibilità di pannelli solari a basso costo per il mercato americano, in un momento in cui gli Stati Uniti puntano proprio sull’energia green per ridurre la dipendenza dal gas.
Nessuna fiammata inflattiva in vista: prevale il rischio recessione
Se l’obiettivo iniziale della Casa Bianca era ridurre la dipendenza dalla Cina e riportare la produzione sul suolo americano, l’effetto immediato di questa nuova fase della guerra commerciale è una drastica contrazione degli scambi, più che una spinta inflazionistica. A confermare questa tesi è il comportamento delle imprese importatrici, che non stanno riversando i rincari sui prezzi, ma stanno semplicemente cancellando ordini e interrompendo le spedizioni.
Il risultato è un rallentamento globale del commercio, che alimenta il rischio di recessione, sia per gli Stati Uniti che per le economie legate alla manifattura asiatica. Nel breve termine, più che un aumento dei prezzi, ci si attende un blocco progressivo della domanda e delle attività legate alle importazioni.
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