Missione a Gaza per salvare bimbi. Protagonisti due operatori aretini. “Viaggio difficile con i feriti”

La dottoressa Valeria Donati e l’infermiere Simone Crinelli nella missione umanitaria. “È stata la quarta missione Medevac ma la più intensa con ragazzi devastati dalla guerra”

Mag 18, 2025 - 02:08
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Missione a Gaza per salvare bimbi. Protagonisti due operatori aretini. “Viaggio difficile con i feriti”

Arezzo, 18 maggio 2025 – Un volo di speranza, di coraggio e di umanità. È quello compiuto dalla Cross di Pistoia, protagonista nei giorni scorsi di una nuova e delicatissima missione Medevac – acronimo di Medical Evacuation – che ha portato in Italia 14 bambini palestinesi in condizioni cliniche complesse, provenienti direttamente dalla Striscia di Gaza. Con loro, anche 44 familiari, mamme, fratelli, nonni, compagni di un viaggio senza bagagli ma carico di dolore e aspettative.

Un'operazione complessa e inedita

Tra i protagonisti della missione anche due operatori sanitari dell’Asl Toscana Sud Est di Arezzo: Simone Crinelli, infermiere del 118, e la dottoressa Valeria Donati, medico dell’emergenza territoriale. Insieme ad altri colleghi provenienti da varie zone della Toscana, sono partiti con uno dei due velivoli C-130J dell’Aeronautica Militare, decollati dalla base di Pisa lo scorso 13 maggio.

“È stata la quarta missione Medevac per noi – racconta la dottoressa Donati – ma la prima in cui siamo arrivati direttamente a prendere i bambini in Israele, senza passaggi intermedi negli ospedali egiziani. È stato diverso, più intenso. I bambini erano fragili, spesso appena operati. Alcuni portavano sul corpo le ferite evidenti della guerra: fratture esposte, fissatori esterni, ferite da esplosione. Uno di loro, un ragazzo di 16 anni, era in condizioni critiche, appena operato per un tumore intestinale”.

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L’Italia ha scelto, nell’ambito di un programma di assistenza umanitaria coordinato dalla Protezione Civile e dalla Farnesina, di accogliere esclusivamente pazienti pediatrici, con priorità a quelli affetti da malattie gravi o lesioni da guerra.

I piccoli saranno curati in ospedali sparsi in sei regioni italiane – Sicilia, Lazio, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana – secondo un piano studiato in dettaglio dalla sala operativa della Cross, in collaborazione con le strutture ospedaliere e le Regioni. Due di loro sono stati accolti al Meyer di Firenze e all’Opa di Massa, ma nessuno, almeno per ora, è stato destinato all’ospedale San Donato.

“Durante il volo di quattro ore – ricorda Crinelli – abbiamo cercato di alleggerire quel clima teso e carico di paure. I bambini, saliti a bordo spaventati e spaesati, si sono pian piano rilassati. Abbiamo dato loro da mangiare, offerto succhi di frutta, libri da colorare, matite. In poco tempo sono tornati ad essere bambini, con la voglia di giocare e sorridere. E quel sorriso è stato il regalo più grande”.

Coordinazione e assistenza durante la missione

Il team toscano ha operato in condizioni delicate. Dopo una sosta tecnica al Cairo, i due C-130 hanno raggiunto Ramon e sono rimasti a terra solo il tempo necessario per l’imbarco. “Il nostro volo – continua Crinelli – ha fatto due scali in Italia: a Sigonella, dove sono scesi due bambini, e poi a Linate, dove sono stati accolti gli altri sette. Ogni piccolo paziente era accompagnato da almeno un familiare, spesso la madre, talvolta i nonni o fratelli maggiori. Nessuno di loro aveva una valigia: solo una busta con qualche documento. Hanno lasciato tutto dietro di sé”.

La Cross di Pistoia, unica insieme a quella di Torino ad operare in Italia per conto della Protezione Civile Nazionale, ha coordinato l’intera macchina dei soccorsi: dalla selezione degli ospedali, all’assistenza a bordo, fino all’accoglienza negli aeroporti italiani. Accanto ai sanitari, anche volontari di Anpas, Croce Rossa e Misericordie, interpreti, tecnici della Cross e rappresentanti delle istituzioni. Tra loro anche un volontario della Croce Rossa di Arezzo e della Misericordia della provincia di Firenze.

La dottoressa Donati ricorda un dettaglio che non dimenticherà mai: “Una madre aveva con sé quattro figli, il più grande di 9 anni e una bambina di appena un anno. Un’altra ci raccontava che due giorni prima della partenza, l’ospedale vicino a casa loro era stato colpito da un bombardamento. Hanno vissuto l’inferno. Ma sono arrivate in Italia con una speranza, e con una dignità che ci ha commossi”.

Oggi questi bambini sono accolti nei reparti pediatrici italiani, grazie a un visto umanitario di 90 giorni. In molti casi, è già in corso la procedura per ottenere la protezione internazionale e costruirsi una nuova vita lontano dalla guerra. “È un’esperienza che ti rimane dentro – conclude Crinelli – e che rifarei oggi stesso. Al di là della fatica e dei disagi, sapere di aver contribuito a strappare un sorriso a un bambino, e magari anche a salvargli la vita, è il senso più profondo del nostro lavoro”.