Meloni, Trump e la crociata contro il Woke: la maschera del nuovo suprematismo bianco globale
La battaglia che le destre mondiali hanno ingaggiato contro la cultura Woke non è altro che l’anticamera mediatica del loro vero scopo, cioè infestare le società occidentali con il camaleontico virus proprio di ogni fascismo: il suprematismo bianco. L'articolo Meloni, Trump e la crociata contro il Woke: la maschera del nuovo suprematismo bianco globale proviene da Globalist.it.

di Giovanna Musilli
Nel recente incontro alla Casa Bianca, dopo aver concesso fra un sorriso e l’altro l’aumento delle spese militari per la Nato al 2% del Pil, Meloni ha assicurato a Trump la sua consonanza spirituale nella lotta contro la vera causa – Spengler ci perdonerà – del “tramonto dell’Occidente”: l’ideologia Woke.
Per Woke si intende quell’insieme di atteggiamenti che ricadono sotto il concetto tanto vituperato di “politicamente corretto” e che si possono condensare in un’unica espressione: il rispetto dell’altro. Woke si riferisce alla buona educazione nel rivolgersi al prossimo, alla difesa delle più disparate libertà individuali, alla cura di evitare qualsiasi forma di discriminazione. L’idea che l’occidente sia stato corrotto dalla cultura Woke – invece che dalla povertà, dalle crisi economiche, dalle guerre, dalle ingiustizie sociali, dalle classi dirigenti gravemente inadeguate, dall’emergere dei Brics (e via elencando) – è francamente risibile.
In breve, secondo Trump e Meloni, i grandi nemici da combattere sarebbero le trame segrete delle lobby gender, o di una spregiudicata internazionale del progressismo, indirizzate a costruire una società nientepopodimeno che multiculturale e inclusiva, solidale e rispettosa dei diritti. Insomma, l’occidente sarebbe minacciato dalle famiglie arcobaleno e dai cartoni animati come Peppa Pig.
Questa macroscopica mistificazione propagandistica, purtroppo, ha avuto e ha un enorme successo quanto a presa sull’opinione pubblica (italiana come americana). Anche perché, di solito, il Woke viene associato all’iconico radical chic – il dandy del ventunesimo secolo – che sorseggia spritz mentre disquisisce di multiculturalismo e parità di genere, eliminando la vocale finale di aggettivi e sostantivi, in spregio al senso del ridicolo. Eppure, al netto di questi eccessi, Woke significa semplicemente gentilezza, delicatezza, attenzione per l’altro.
D’altra parte, per tutelare i valori occidentali – cioè la democrazia, i diritti e le libertà – le destre sovraniste alla Trump hanno approntato una granitica difesa: la violazione dei diritti civili, le deportazioni dei migranti, e la deriva autoritaria dello stato. Il tutto mentre si tagliano fondi per l’istruzione e la ricerca, con la conseguenza che fra qualche anno nessuno saprà nemmeno più dove collocare sulla mappa geografica il nostro benamato occidente.
In cambio della lotta all’inclusività e all’integrazione, però, vedremo rafforzate altre libertà fondamentali, come quella di usare comportamenti e linguaggi violenti. Il celeberrimo free speech rivendicato contro il Woke da J.D. Vance negli Usa, e dal non meno virile generale Vannacci qui in Italia, in effetti, non è altro che la libertà di offendere e stigmatizzare il prossimo in quanto appartenente a una minoranza (che sia di genere, di religione, di nazionalità o anche di appartenenza politica). Del resto, la battaglia che le destre mondiali hanno ingaggiato contro la cultura Woke non è altro che l’anticamera mediatica del loro vero scopo, cioè infestare le società occidentali con il camaleontico virus proprio di ogni fascismo: il suprematismo bianco.
Meloni la pensa come Trump. C’è di che preoccuparsi.
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