In arrivo un’altra era per l’economia?
Donald Trump sempre più deciso a continuare per la sua strada. Anzi, il tycoon, forte dell’arma dei dazi, arma che ha scatenato il panico sui mercati azionari mondiali, alza la posta e promette di parlare con le oltre 50 nazioni che avrebbero preso contatto con lui per trattare, ad una sola condizione: “devono pagare un sacco di soldi”. Un esempio della pericolosità dei dazi arriva proprio da uno dei fronti caldi e cioè dalla Cina che, stando sempre alle parole del presidente, avrebbe fatto saltare le trattative su TikTok proprio a causa dei dazi. “Avevamo un accordo, più o meno per TikTok. Non un accordo, ma molto vicino, e poi la Cina ha cambiato l’accordo a causa dei dazi. Se avessi ridotto un po’ i dazi, avrebbero approvato quell’accordo in 15 minuti, il che dimostra il potere dei dazi, giusto?”. Impresa 27 Marzo 2025 TikTok sfida Amazon, lancia il suo shop anche in Italia Da lunedì 31 marzo la piattaforma apre il servizio e-commerce nel nostro Paese e contemporaneamente in Germania e Francia 27 Marzo 2025 e-commerce tiktok shop tiktok tiktok shop anche in italia Guarda ora E, a proposito del crollo sui mercati che si sta verificando in questi giorni, controbatte “voglio risolvere il deficit che abbiamo con la Cina, l’Unione Europea e altre nazioni, e dovranno farlo. E se vogliono parlarne, sono aperto a parlare” aggiungendo “Non sono in grado di dire cosa succederà ai mercati. Ma il nostro Paese è molto più forte”. E, a proposito dell’Europa “L’Europa ha fatto una fortuna con noi. L’Europa ci ha trattato molto molto male” ma “stanno venendo al tavolo. Vogliono parlare, ma non si parla se non ci pagano un sacco di soldi su base annuale”. Economia 5 Aprile 2025 Oro e petrolio: chi sale e chi scende con i dazi di Trump I timori di una possibile recessione sono stati confermati anche dalle ultime dichiarazioni della direttrice del Fondo monetario internazionale 5 Aprile 2025 petrolio usa oro donald trump dazi Guarda ora Pesante il suo giudizio sulla Cina “Centinaia di miliardi di dollari all’anno perdiamo con la Cina. E a meno che non risolviam

Donald Trump sempre più deciso a continuare per la sua strada. Anzi, il tycoon, forte dell’arma dei dazi, arma che ha scatenato il panico sui mercati azionari mondiali, alza la posta e promette di parlare con le oltre 50 nazioni che avrebbero preso contatto con lui per trattare, ad una sola condizione: “devono pagare un sacco di soldi”. Un esempio della pericolosità dei dazi arriva proprio da uno dei fronti caldi e cioè dalla Cina che, stando sempre alle parole del presidente, avrebbe fatto saltare le trattative su TikTok proprio a causa dei dazi. “Avevamo un accordo, più o meno per TikTok. Non un accordo, ma molto vicino, e poi la Cina ha cambiato l’accordo a causa dei dazi. Se avessi ridotto un po’ i dazi, avrebbero approvato quell’accordo in 15 minuti, il che dimostra il potere dei dazi, giusto?”.
E, a proposito del crollo sui mercati che si sta verificando in questi giorni, controbatte “voglio risolvere il deficit che abbiamo con la Cina, l’Unione Europea e altre nazioni, e dovranno farlo. E se vogliono parlarne, sono aperto a parlare” aggiungendo “Non sono in grado di dire cosa succederà ai mercati. Ma il nostro Paese è molto più forte”. E, a proposito dell’Europa “L’Europa ha fatto una fortuna con noi. L’Europa ci ha trattato molto molto male” ma “stanno venendo al tavolo. Vogliono parlare, ma non si parla se non ci pagano un sacco di soldi su base annuale”.
Pesante il suo giudizio sulla Cina “Centinaia di miliardi di dollari all’anno perdiamo con la Cina. E a meno che non risolviamo quel problema, non farò un accordo. Sono disposto a un accordo ma loro devono risolvere il loro surplus. La Cina in questo momento sta subendo un duro colpo perché tutti sanno che abbiamo ragione”.
Intanto, però, le paure maggiori restano e riguardano i pericoli e le conseguenze di una guerra commerciale mondiale che obbligherebbe a scendere in campo tutte le maggiori potenze mondiali. In primis la Cina, appunto. Una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che ha recentemente visto Pechino negare la possibilità di una serie di negoziati. I vertici politici del Dragone hanno condannato senza mezzi termini le politiche protezionistiche statunitensi. “La Cina ha adottato e continuerà ad adottare misure risolute per salvaguardare la propria sovranità, sicurezza e interessi di sviluppo”.
E il primo segnale concreto si è avuto non più tardi di venerdì quando sono state ufficializzate le imposte del 34% su tutti i beni statunitensi e che si vanno ad aggiungere a quelli già confermati nelle scorse settimane e che oscillano tra il 10 e il 15% su prodotti agricoli ed energetici. Come se ciò non bastasse la spada di Damocle sull’intero settore produttivo mondiale è dato proprio da Pechino che, come forma di rappresaglia ai dazi USA ha posto una serie di restrizioni e di blocchi ai movimenti delle terre rare, mercato di cui la Cina ha praticamente il monopolio. Un indubbio segnale del fatto che la potenza asiatica non solo non teme le offensive di Washington ma è in gradi di produrne di altre. Altrettanto potenti. Partendo da questi presupposti è sempre più improbabile che possa arrivare un accordo a breve termine tra le due superpotenze. La conferma arriva ancora dai numeri e perla precisione da quel crollo del 13% registrato sull’indice Hang Seng China Enterprises, che tiene traccia delle azioni cinesi quotate a Hong Kong. E ancora altri numeri, quelli LSEG sul rendimento dei titoli di Stato decennali cinesi a 10 anni crollato di 9 punti base (all′1,634%), mentre lo yuan offshore si è indebolito dello 0,35% a 7,3212 per dollaro.
Cosa si sta delineando all’orizzonte? Lo abbiamo chiesto a Salvatore Scarano trader e fondatore di Volcharts secondo cui “Partendo dai mercati finanziari più importanti al mondo, che sono lo Standard & Poor’s, Nasdaq e poi passando a quelli europei come DAX, Eurostoxx, ma abbiamo anche il comparto degli obbligazionari, c’è effettivamente una grande preoccupazione sia per il discorso dei dazi di Trump, si anche perché dopo l’avvio dei primi dazi si è scatenata una sorta di strategia di risposta, un “controdazio” che si è vista il tutto il mondo: l’America dichiara numeri e percentuali e in contropartita gli altri stati si difendono. Si è quindi arrivati a una vera e propria una guerra commerciale, questo è quello che sto percependo io. Cosa fanno i mercati? I mercati reagiscono male, è un dato di fatto, lo abbiamo visto già durante le sedute di giovedì quando hanno iniziato a scendere e per di più con forti tanto volumi, a conferma della volontà di liberare i propri trade. Altro dato di fatto: non ci sono compratori sul mercato e questo l’abbiamo visto già nelle prime ore di venerdì e nelle prime ore di questa mattina. I mercati vanno su determinati livelli che iniziano a diventare appetibili, se vogliamo, per esempio il 4.750 dello Standard & Poor’s, il Nasdaq che va addirittura sotto i 20.000 prima, i 19.000 poi e quindi si iniziano a frastagliare anche tutte quelle che sono le size.
E poi abbiamo i mercati europei, in modo particolare il DAX e l’Eurostox. Il DAX addirittura che va sotto il 19.500 e fa battere il 19.000 che è un livello importantissimo, perché sotto il 19.000 abbiamo l’ultimo baluardo difensivo che è il 18.800 punti. Ma a fronte di un mercato che scende abbiamo anche un rendimento che scende per gli obbligazionari. Abbiamo visto il Bund questa mattina far battere il 2,47%, il BTP che ritorna al 3,73%, andando un po’ a coprire tutti quelli che erano gli spazi di rollover perché qui sono stati anche riempiti interamente, conclusi in alcuni casi come il Bund. Insomma un mercato che vede un dollaro che inizia a indebolirsi e sullo sfondo anche le reazioni dell’euro. Ricordiamo che il cross euro-dollaro incide nel paniere del Dollaro Index per circa il 53-54%. Anche la sterlina si inizia a prezzare. Insomma è un mercato che potrebbe anche sfuggire di mano nel caso in cui non dovessero intervenire le istituzioni, in questo caso la Federal Reserve. Ma come sappiamo il lavoro sporco lo fa il mercato, lo fanno gli indici azionari, quarto mercato per importanza. Ritengo perciò che questo possa essere la chiave di lettura soprattutto per far anche ripartire quelli che sono i trade che sono stati abbandonati negli ultimi mesi”.
C’è da preoccuparsi per il futuro oppure si tratta di un bluff? È sempre Scarano a rispondere “Questi sono dazi che ormai sono stati annunciati, quindi l’economia dovrà prendere una decisione, dovrà anche ridisegnare un po’ quello che è proprio l’aspetto economico, basti pensare alla risposta di Pechino con i suoi “controdazi” del 34%, come quelli imposti dagli USA. Insomma è un mercato che comunque vada ci sta facendo vivere una nuova pagina economica. L’economia si sta scrivendo proprio in questi giorni. Una mia considerazione è che forse sarebbe il caso che la politica dei dazi faccia marcia indietro perché abbiamo visto nel corso degli anni e dei decenni che creare queste situazioni non porta da nessuna parte. Queste guerre commerciali in questo momento storico ed economico sono un nosense”.
Ma cosa ha spinto il presidente Trump a scegliere una strategia dei dazi? A rispondere è Saverio Berlinzani, analista ActiveTrades che, in una nota, sottolinea “Gli elettori USA hanno scelto un uomo di rottura, che ha promesso la riduzione del deficit commerciale e del debito pubblico, due spine nel fianco insostenibili nel medio termine, come peraltro hanno più volte ribadito i funzionari della Federal Reserve”. “Il neo Presidente, che aveva promesso riforme basate sul rilancio degli USA come produttore (per ridurre il deficit commerciale) attraverso i dazi, e aveva richiesto il taglio dei tassi alla Fed per svalutare il debito pubblico, ha imposto le tariffe che, a prima vista, sono in piena contraddizione con la necessità di tagliare i tassi, in quanto producono un aumento dei prezzi importati che, in fase di resilienza come quella attuale, rischierebbero di portare a un rialzo del costo del denaro, anziché a un ribasso. Ma non possiamo pensare che Trump non conosca queste dinamiche e chi lo sostiene, secondo noi, pecca di sottovalutazione. La ragione è legata al fatto che, dopo neppure due giorni dall’applicazione, tre paesi del sud-est asiatico, prettamente esportatori e mercantilisti, come Vietnam, Cambogia e Indonesia, hanno dichiarato di voler negoziare con gli USA per azzerare le tariffe all’export americano, cosicché da provocare l’azzeramento delle tariffe ai prodotti di questi tre paesi da parte dell’amministrazione USA, che peraltro ha ovviamente accolto con favore la proposta”.
“Gli effetti di questa azione sono probabilmente frutto di una strategia che mira solo a ottenere reciprocità. Si tratta di una strategia ben chiara e che non dovrebbe scandalizzare nessuno, visto che per anni Germania, Italia, Giappone, Cina (e non andiamo oltre), hanno approfittato di tariffe a zero per esportare negli USA, mantenendo tariffe importanti verso i prodotti americani, con conseguenze significative, come l’aver visto centinaia di aziende trasferirsi dagli Stati Uniti in questi paesi, impoverendo la manifattura a stelle e strisce. Trump fa quello che abbiamo sempre fatto noi in Europa, o Giappone (vi ricordate il dumping giapponese degli anni ’90?) e ancor più la Cina che dagli anni 2000 ha incrementato il surplus commerciale in modo abnorme. Da un punto di vista americano, è difficile dare torto a Trump, questo credo che debba essere riconosciuto”.
Ma la Fed come reagirà? Anche a questa domanda è Berlinzani a rispondere nella nota “Certamente la Fed taglierebbe il costo del denaro, ma potrebbero anche esserci una fuga di capitali dagli USA e dal dollaro, non possiamo escluderlo a priori”.
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