L’occasione di Istanbul sabotata dagli europei

Ben vengano i colloqui di pace in Turchia che avranno inizio il 15 maggio. Al netto della propaganda è bene riassumere i fattori fondamentali sulla cui base possono lavorare i […]

Mag 15, 2025 - 19:50
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L’occasione di Istanbul sabotata dagli europei

Ben vengano i colloqui di pace in Turchia che avranno inizio il 15 maggio. Al netto della propaganda è bene riassumere i fattori fondamentali sulla cui base possono lavorare i costruttori della pace, in nome degli insegnamenti di papa Francesco, che poco tempo dopo la sua scomparsa, viene velatamente denigrato dai suoi diversi nemici. Si elogia il nuovo papa Leone XIV, che godeva peraltro della fiducia di Bergoglio, per poter biasimare il predecessore.
La Russia ha chiesto colloqui di pace senza condizioni preliminari e che siano la base per un cambiamento a 360 gradi delle politiche neo-conservatrici statunitensi. La potenza che sta guadagnando territori, con una lenta avanzata, impiegando soltanto una parte del suo potenziale bellico, autolimitandosi ed evitando di radere al suolo con bombardamenti aerei le città, come gli occidentali durante la Seconda guerra mondiale, in Vietnam o in Iraq nel 2003, non può naturalmente accettare i nostri ultimatum. È interesse di chi ha a cuore l’Ucraina, il popolo che soffre, una generazione di giovani e meno giovani mandati allo sbaraglio al fronte, di chi tiene alla fragile democrazia di Kiev abolita dalla guerra, dalla legge marziale, dalla cancellazione dei partiti e persino della libertà di culto, comprendere che sta alla Nato fare un passo indietro, evitare di continuare un conflitto a bassa intensità che può solo portare nuovi lutti e disperazione. Se fossero i tedeschi a morire, la pace sarebbe già fatta.

Politici e propagandisti si recano in Ucraina, affermano grottescamente di rischiare la vita sotto le bombe, per poi balbettare che hanno una migliore conoscenza degli altri. Non ho mai ascoltato un argomento così poco fondato sulla cultura. Come domandare a Luciano Canfora che ha ricostruito e analizzato la Guerra del Peloponneso: “Scusi, professore, ma lei era lì?”. La maggior parte delle analisi storiche dovrebbero quindi essere gettate nella spazzatura. I direttori di Istituti di ricerca e leader di partito si recano a Kiev, parlano con una dirigenza che ha sospeso le elezioni per timore di essere inviata a casa, e ci deliziano con i loro sogni. Si guardano bene dal parlare con i ragazzi al fronte, con i cittadini ordinari, con le popolazioni russofone che rappresentavano il 30 % del Paese. L’Ucraina si sentirebbe forte (dopo aver perso un terzo del suo territorio e della popolazione, aver finito soldati e munizioni, essere costretta a firmare un accordo da paese colonizzato con Washington sulle terre rare) e vorrebbe continuare la guerra per poter vincere contro una potenza nucleare grazie all’assicurazione offerta dagli europei, leader a guida di paesi deboli politicamente ed economicamente. L’Ue non ha una difesa né un’integrazione delle forze militari nazionali, non ha neanche una politica estera unitaria con un potere centrale riconosciuto. Il riarmo e le spese fino a 800 miliardi dovrebbero rendere la Germania e gli altri paesi pronti alla guerra nel 2030. In questi cinque anni di sereni e positivi propositi i cosiddetti filo-ucraini continueranno a gridare Slava Ukraini! e a prodigarsi in esternazioni bellicistiche, attendendosi, con una coerenza sbalorditiva, da un Putin gentiluomo che fermi la sua avanzata e aspetti pazientemente che l’esercito ucraino e i cobelligeranti europei si siano rafforzati.

Non sarà così purtroppo. I sabotatori della pace, sanno che le loro proposte, mentre inviano armi e miliardi a Kiev, stanziano mercenari e intelligence in Ucraina con l’intento palese di riprendere la guerra appena possibile, non saranno accettate. Povero popolo ucraino! Il suo martirio non sembra poter finire. L’Europa, la piccola impresa, il ceto impiegatizio, gli agricoltori, la stragrande maggioranza dei cittadini per non parlare di precari e immigrati, vedrà peggiorare le condizioni di lavoro e di vita. Il recente toccante articolo di Angelo D’Orsi (Vi racconto quale nesso c’è fra guerra e ospedali, 11.05.25) ci ha dato una realistica immagine dell’abisso verso il quale sta andando la nostra sanità. E così le scuole, università, trasporti, ambiente e infrastrutture. I grandi fondi finanziari come BlackRock hanno bisogno del nuovo debito europeo per compensare le difficoltà del dollaro, l’instabilità dovuta alle politiche ondivaghe di Trump e trasferire la bolla speculativa da oltreoceano a Bruxelles. L’Ue non asservita alle lobby della finanza dovrebbe sostenere la mediazione turca, la neutralità ucraina e incentivare le elezioni presidenziali. Il ritiro della presenza militare occidentale renderebbe possibile la cessazione immediata delle operazioni militari russe. In questo modo i negoziati procederebbero per stabilire clausole di sicurezza, la fine delle sanzioni e lo status dei territori occupati. La pace, che è sempre più giusta della guerra, si consegue con razionalità e realismo, non con inni nazionalistici.