Lo storico Menozzi: "Parla di ponti e sinodalità. Sulle orme di Francesco"
Il docente: Prevost usa un lessico caro a Bergoglio, scelta la continuità "Parolin penalizzato dall’italianità e dal buon lavoro come segretario di Stato" .

CITTà DEL VATICANO
"Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non credo possa essere troppo contento per l’elezione di Leone XIV. Robert Prevost era uno dei cardinali americani in Conclave meno allineati alle sue posizioni". Lo storico Daniele Menozzi (foto), docente emerito di Storia contemporanea alla Normale di Pisa, insiste nel sottolineare la continuità fra il Pontefice eletto e il predecessore Francesco in chiave anti-trumpiana.
Il riferimento è alle parole di Prevost, dalla loggia centrale di San Pietro, alla fratellanza e all’urgenza di costruire ponti e non muri?
"Assolutamente sì, quello è il lessico caro a papa Bergoglio che, quando il tycoon durante il suo primo mandato iniziò la costruzione della barriera fra Stati Uniti e Messico, levò alta la sua voce in segno di opposizione. Proprio con le stesse parole. E poi c’è il richiamo continuo di Leone XIV all’enciclica Fratelli tutti".
Però, se vogliamo, per Trump, guardando al profilo dei cardinali elettori, poteva anche andare peggio.
"Vero, Prevost è comunque un moderato progressista, legato a suo modo a una Chiesa, quella statunitense, nella quale i richiami alla legge naturale sono ancora molto forti".
C’è da dire che, qualora Trump abbia davvero cercato d’influenzare il Conclave con la donazione di 14 milioni di euro alla Santa Sede ai funerali di Bergoglio, non aveva poi troppe sponde fra i porporati americani.
"In effetti è così. Gli statunitensi, che hanno partecipato all’elezione, in larghissima maggioranza hanno ricevuto la porpora da Francesco. Penso soprattutto a Robert McElroy, l’arcivescovo di Washington, nominato in quella sede così importante per la politica Usa proprio dal tandem Bergoglio-Prevost".
Quanto ha pesato per Trump l’immagine che ha postato sui social di lui vestito da Papa?
"Era il segno della frustrazione di chi aveva capito di non essere riuscito, nonostante tutto, ad avere un suo candidato sul soglio petrino".
A sorpresa Leone XIV nel suo primo intervento ha subito chiarito che porterà avanti la sinodalità, l’architrave del pontificato di Bergoglio: era scontato?
"Non proprio, considerando che la rivitalizzazione del Sinodo ad opera di Francesco ha incontrato tante resistenze nella Chiesa".
Prevost è un canonista, potrebbe tirare il freno durante i lavori sinodali?
"Paradossalmente penso che potrà dare finalmente una veste e una copertura giuridica al rapporto tra sinodalità e collegialità che durante il pontificato di Francesco era rimasto indeterminato".
Professore, perché è sfumata la candidatura di Pietro Parolin?
"Credo abbiano pesato tre fattori: il fatto che è un italiano a fronte di una Chiesa sempre più internazionale; che non abbia mai guidato una diocesi; che abbia lavorato bene come segretario di Stato vaticano".
Anche a lei non è sfuggito il fatto che accanto a un commosso Leone XIV vi fosse un sorridente Parolin?
"Sì, è il segno di un accordo raggiunto in Conclave fra i sostenitori del cardinale vicentino e chi spingeva per un Pontefice non italiano. Parolin probabilmente continuerà la missione da dove si trova più a suo agio, al vertice della Segreteria di Stato".