Le prime volte di Prevost: così Leone XIV entra nella storia
Dopo dodici anni con un Papa argentino alla guida della Chiesa, molti avevano scartato, a torto, la possibilità che anche il suo successore venisse dalle Americhe. A essere scelto nel Conclave come nuovo Pontefice è stato invece il cardinale Robert Francis Prevost, prefetto uscente dell’importante Dicastero per i Vescovi – con la morte di Francesco […]

Dopo dodici anni con un Papa argentino alla guida della Chiesa, molti avevano scartato, a torto, la possibilità che anche il suo successore venisse dalle Americhe. A essere scelto nel Conclave come nuovo Pontefice è stato invece il cardinale Robert Francis Prevost, prefetto uscente dell’importante Dicastero per i Vescovi – con la morte di Francesco tutte le cariche sono automaticamente decadute –, agostiniano, nato a Chicago e per anni missionario in Perù – Paese di cui ha ottenuto anche la cittadinanza e dove è stato vescovo della Diocesi di Chiclayo –, il quale ha assunto il nome di Leone XIV.
La Chiesa Usa
Il primo Papa statunitense della storia arriva in un momento di grande attenzione verso gli States, dove da pochi mesi è iniziata la seconda presidenza di Donald Trump, e porta così sul soglio di Pietro una Chiesa che, come tutte, ha le proprie specifiche caratteristiche che nel prossimo futuro avremo senz’altro modo di scoprire meglio.
Gli Stati Uniti, in Conclave, erano il secondo Paese più rappresentato alle spalle soltanto dell’Italia con dieci cardinali, tra cui Prevost: in molti immaginavano potessero muoversi in blocco, qualcuno addirittura non escludendo l’ipotesi di essere indirizzati da Trump in persona.
Cosa sia successo nella Sistina non lo sapremo mai, trattandosi di un voto che avviene in segreto e i cui dettagli non possono essere rivelati pena scomunica, e nei prossimi mesi e anni saranno i vaticanisti a provare con apposite ricostruzioni a ipotizzare diversi scenari. Certo è che il blocco di porporati statunitensi sia una realtà molto più eterogenea di quanto si possa pensare, specchio di una Chiesa che, pur rappresentando circa il 20% della popolazione degli States, tradotto in numeri assoluti è espressione di oltre sessanta milioni di fedeli, una delle comunità cattoliche più numerose al mondo, con approcci spirituali, idee e sensibilità molto variegati.
La rappresentanza cardinalizia statunitense dell’ultimo Conclave, oltre a Prevost era composta da personalità come l’arcivescovo di Chicago Blase Cupich e quello di Newark Joseph William Tobin, mostratisi estremamente critici verso le politiche anti-migranti di Trump, fino a figure più conservatrici come l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, che nel 2020 ha guidato un momento di preghiera alla convention dei repubblicani, l’ex presidente della Conferenza episcopale statunitense Daniel DiNardo e Raymond Leo Burke, punto di riferimento di molti ambienti tradizionalisti e critici verso alcune delle innovazioni del Concilio Vaticano II. Figure diverse che mostrano quanto variegata sia la Chiesa d’Oltreoceano.
Spesso, in Italia dal mondo cattolico statunitense arrivano soprattutto le notizie relative agli scandali e ai gravi problemi che hanno duramente colpito il sistema ecclesiastico e spirituale, legati in primis agli abusi sui minori, uno dei più gravi problemi della Chiesa del nostro tempo e in particolare di quella degli States.
Oltre ai danni spirituali e di immagine, questa piaga ha portato gravi problemi economici, mandando alcune diocesi americane in bancarotta, in un Paese dove le organizzazioni ecclesiastiche sono tra le più attive nel sostenere economicamente il Vaticano e i suoi progetti in tutto il mondo.
Ma la Chiesa americana chiaramente non può essere ridotta a questo: parliamo infatti di una realtà molto vivace, che in passato si è molto arricchita numericamente e culturalmente grazie all’immigrazione italiana e irlandese e che oggi continua in questo percorso grazie alla crescita della popolazione ispanica ma anche ai numerosi asiatici presenti nel Paese: nella Diocesi di Chicago, quella dove ha mosso i primi passi Papa Leone XIV, ad esempio, circa un terzo delle messe mensili si svolgono in lingue diverse dall’inglese, spagnolo in primis.
Oltre ai cambiamenti di popolazione che hanno contribuito nei decenni alla crescita del cattolicesimo, la Chiesa americana è vivace nella cultura, nei think tank e nell’editoria: prestigiose università, scuole, emittenti televisive spesso quasi sconosciute in Italia ma che animano milioni di fedeli sono il segno di una realtà che ben riflette una società complessa e non omogenea come quella degli States.
Pochi conoscono qui in Italia emittenti come l’Ewtn, figure del recente passato come Mother Angelica o l’Arcivescovo Fulton Sheen, predicatori televisivi – figura più comune al mondo evangelico ma che in America è diffusa in tutte le denominazioni cristiane – che hanno ispirato e fatto compagnia a tanti fedeli americani.
Sono tutte realtà che in qualche modo impareremo a conoscere meglio adesso che a guidare la Chiesa Cattolica di tutto il mondo c’è proprio un americano come Papa Leone XIV, il quale potrebbe così contribuire a far conoscere meglio anche a noi queste specifiche particolarità dell’altra sponda dell’Atlantico.
From Chicago with God
Guardando alla storia e alle prospettive circa il primo Pontefice proveniente dagli Stati Uniti, c’è un elemento in comune con Papa Francesco, che già aveva rappresentato una forte novità, spesso passata in sordina rispetto ad altre. Francesco e Leone XIV sono infatti i primi due papi a essere nati in una vasta area metropolitana di milioni di abitanti, qualcosa che ha sicuramente influenzato molto il ministero di Bergoglio, come vescovo prima e come Papa poi, in particolare nella sua attenzione agli ultimi se pensiamo che Buenos Aires è una megalopoli in cui le disuguaglianze non passano inosservate. Un dato sociale che ha influenzato probabilmente anche l’agostiniano Prevost, nato a Chicago e cresciuto nel South Side e che qui ha svolto parte del suo ministero religioso, poi proseguito in Perù.
Ma Leone XIV ha un’altra caratteristica totalmente inedita nella Chiesa degli ultimi secoli: mai, dal medioevo ad oggi, era stato eletto un Papa proveniente da una città in cui il cattolicesimo rappresenta solo una maggioranza relativa in un panorama di grandi differenze religiose. Secondo i dati relativi al 2023-2024 raccolti dal Pew Research Center, il cristianesimo è nettamente maggioritario a Chicago, ma solo il 29% della popolazione – quindi meno di un terzo – è cattolica, una percentuale di poco superiore alla somma delle varie denominazioni protestanti. Qualcosa che solo in parte è paragonabile alla realtà in cui è nato e si era ad esempio formato Benedetto XVI, una regione cattolicissima come la Baviera all’interno di un Paese come la Germania caratterizzato da una popolazione divisa tra cattolici e protestanti.
Solo il tempo mostrerà se e come questo elemento influenzerà l’operato di Papa Leone XIV, che nel suo discorso appena dopo l’elezione dalla loggia delle benedizioni ha sottolineato l’importanza di costruire ponti. Il suo discorso – il quarto a essere pronunciato da un Pontefice appena eletto, visto che prima di Giovanni Paolo II, dopo l’habemus Papam era abitudine svolgere esclusivamente la benedizione “Urbi et Orbi” – ha avuto molte caratteristiche che non si erano riscontrate in quelle dei suoi tre predecessori: Leone XIV ha infatti parlato di alcuni elementi personali, dall’essere agostiniano all’esperienza nella diocesi peruviana di Chiclayo, cui ha dedicato – altro fatto inedito – un passaggio in lingua spagnola.
Una scelta tradizionale
La scelta del nome Leone, che il nuovo Pontefice ha chiaramente detto essere legata all’enciclica Rerum Novarum all’origine della dottrina sociale della Chiesa, per gli amanti delle statistiche porta questo nome a superare Innocenzo e raggiungere Clemente nella classifica dei nomi pontificali più utilizzati e facendolo piazzare al quarto posto dietro Giovanni, Gregorio e Benedetto.
Numeri a parte, si tratta di una scelta più tradizionale rispetto alla maggior parte di quelle recenti, dal momento che se prendiamo in considerazione tutti i Papi eletti dopo il secondo conflitto mondiale (dal Conclave del 1958 in poi) ci accorgiamo di come spesso le scelte siano state verso nomi che mancavano da tempo o addirittura mai utilizzati, fatto che non avveniva dai tempi di Papa Lando, morto nel 914 e che peraltro, come da tradizione del tempo, non aveva cambiato il proprio nome di nascita.
Dal dopoguerra, infatti, abbiamo avuto Giovanni XXIII, un nome che, per quanto rappresenti il più utilizzato nella storia della Chiesa, non veniva utilizzato dal XIV secolo, mentre Papa Montini optò per il nome Paolo, che mancava da oltre trecento anni.
Albino Luciani, una volta eletto Papa fece qualcosa di più clamoroso, scegliendo per la prima volta un doppio nome, quello dei due predecessori, Giovanni Paolo: lo stesso nome fu scelto da Wojtyla, che rappresenta l’unico caso nel segmento temporale preso in esame di due Papi consecutivi con lo stesso nome, un fatto facilmente spiegabile col pontificato estremamente breve di Papa Luciani, morto dopo appena 33 giorni.
Se Benedetto XVI ha optato per una scelta più classica (il XV era morto nel 1922), decisamente di rottura è stata la scelta di Bergoglio, che con Francesco ha optato per un nome mai utilizzato e fino a quel momento del tutto estraneo alla tradizione dei nomi pontificali.
Leone XIV ha invece compiuto una scelta più in linea con la tradizione e optando per un nome classico non troppo distante nel tempo, dal momento che Leone XIII è morto nel 1903.
Imprevedibilità
Se molti pensavano potesse tornare un Papa italiano, non è stato così. Dopo circa 450 anni consecutivi di Papi della penisola (prima di Giovanni Paolo II bisogna infatti risalire all’olandese Adriano VI, morto nel 1523), non solo abbiamo il quarto Papa straniero consecutivo dal 1978 ad oggi, ma anche il secondo extraeuropeo dopo Francesco. Per quanto anche l’Africa e l’Asia possano vantare di aver avuto dei papi, essi fanno comunque riferimento all’area mediterranea dove si espanse l’Impero Romano e si diffusero i primi cristiani, quindi al Nord Africa e al Medio Oriente, ultimo tra tutti il siriano Gregorio III, morto nel 731.
Gli Stati Uniti si aggiungono dunque ai Paesi che hanno espresso almeno un Pontefice, per quanto non sia facile fare una lista esaustiva dal momento che molti Papi sono vissuti in epoche in cui il concetto di sovranità era molto differente da oggi.
Volendo tuttavia fare una classifica sulla provenienza dei Papi, è nettamente in testa l’Italia, con 217 pontefici, ultimo dei quali Giovanni Paolo I, seguita dall’area francese a quota 16 (ultimo Gregorio XI, morto nel 1378, che riportò la sede Papale da Avignone a Roma) e da quella tedesca a quota sei, l’ultimo dei quali, come noto, è stato Benedetto XVI.
Prevost è il primo Papa statunitense, il primo nordamericano, il primo agostiniano, il quattordicesimo a usare il nome Leone. Il primo a parlare anche in una lingua diversa dall’italiano affacciandosi dalla loggia delle benedizioni, dove ha abbandonato la scelta del predecessore Francesco di non indossare la mozzetta e la stola nel momento in cui ci si mostra al mondo come successori di Pietro. Ma anche il primo Pontefice di cui si abbia notizia di una presenza sui social prima dell’elezione. Ogni Papa, infatti, ha una storia a sé, strettamente legata alle sue origini e al suo tempo, nell’ambito dei duemila anni di storia della Chiesa.
Mentre in tanti cercano di tracciare l’immagine di cosa potrà essere il Pontificato di Leone XIV, la verità è che i papi sanno spesso essere imprevedibili, dovendo affrontare nel corso della loro vita fatti e novità non sempre facili da pronosticare ed esercitando in primis un ruolo spirituale e che, come tale, non è facile inserire in categorie definite. Tra le cose che ha finora detto, infatti, relativamente alla scelta del nome Leone, c’è che come Leone XIII nella Rerum Novarum affrontò le conseguenze della Rivoluzione industriale, oggi è necessario affrontare gli sviluppi dell’intelligenza artificiale: temi nuovi, argomenti nuovi cui solo anni fa nessuno pensava e su cui un’istituzione bimillenaria come la Chiesa sa sempre essere in prima linea.