Le nuove vie di Unicredit verso Banco Bpm e Commerz
Orcel non intende acquisire la ex Popolare a qualsiasi costo e in contrasto con il governo In Germania si cerca un accordo con l’esecutivo Merz Unicredit dà l’ultimatum al governo sul dossier Banco Bpm, prova a rialzare la testa su Commerzbank e spariglia le carte su Generali, aprendo un nuovo canale di dialogo strategico con […] L'articolo Le nuove vie di Unicredit verso Banco Bpm e Commerz proviene da Iusletter.

Orcel non intende acquisire la ex Popolare a qualsiasi costo e in contrasto con il governo In Germania si cerca un accordo con l’esecutivo Merz
Unicredit dà l’ultimatum al governo sul dossier Banco Bpm, prova a rialzare la testa su Commerzbank e spariglia le carte su Generali, aprendo un nuovo canale di dialogo strategico con il gruppo Caltagirone, Delfin e gli altri soci contrari all’asse tra Mediobanca e il management guidato da Philippe Donnet e appena riconfermato.
L’ultima settimana ha voltato due carte pesanti sulla cangiante strategia di crescita esterna della banca. Prima la mazzata del golden power, legge usata aggressivamente dal governo per rendere incerta e onerosa l’acquisizione di Banco Bpm. Poi l’appoggio, impensabile fino a un mese fa, alla lista di minoranza di Caltagirone a Trieste, dove il pacchetto rastrellato da Andrea Orcel, arrotondato al 6,7% (con le gestioni), ha contribuito a nominare tre consiglieri critici rispetto alle strategie del vertice (a partire dall’accordo sul risparmio con Natixis, che non piace nemmeno a Unicredit).Secondo fonti vicine al dossier,il sostegno ai soci privati del Leone è frutto di un dialogo basato sul rispetto e la condivisione di critiche alla governance e alle strategie di Generali, per stabilizzare l’azienda su nuove basi e poterne massimizzarne il valore futuro. Ma è arduo non vedere anche un messaggio, almeno indiretto, al governo, che via Tesoro è sodale di Caltagirone e Delfin nella banca senese, intenta nella scalata a Mediobanca.
Palazzo Chigi con i paletti del golden power ha reso «impossibile prendere una decisione definitiva », ha dichiarato Unicredit a Pasquetta, inviando al governo una replica punto su punto ai 12 fogli del dispositivo che impone la vendita della Russia in pochi mesi e forti limitazioni operative su credito, sportelli e gestione del risparmio per cinque anni. Solo una risposta del governo entro i primi di maggio, continuano le fonti, renderà possibile proseguire l’operazione, che parte il 28 aprile in Borsa e dura meno di due mesi. Un tempo non compatibile con le meline della politica, ma neanche con una contesa giudiziaria che pure – anche secondo le prime reazioni dei tecnici dell’Ue – sembra a prima vista fondata. C’è inoltre il fatto che, come già dichiarato più volte in questi mesi, Orcel non ha la minima intenzione di rilevare Banco Bpm a qualsiasi prezzo, o contrastando le autorità italiane: per questioni di opportunità e di costi. «Le prescrizioni, inaspettate per numero e contenuto, hanno colto di sorpresa il mercato e potrebbero mettere in dubbio l’esecuzione dell’Ops, in quanto rendono complessivamente meno attraente l’operazione», ha scritto Equita Sim. Il modo è presto detto: l’uscita forzata dalla Russia entro il 2026 «impatterebbe negativamente il capitale Cet1 di Unicredit per circa 47 punti base; le limitazioni su project financing e rapporto impieghi/depositi ridurrebbero ulteriormente le leve di ottimizzazione del capitale, con un Cet1 stimato per il polo integrato attorno al 13% (contro una prima stima del 13,5%)». Più vincoli significa anche una più lenta realizzazione delle sinergie, stimate da Unicredit in 1,2 miliardi in tre anni. Meno capitale vuol dire meno erogazioni agli azionisti: da aggiungere allo “sconto danese” negato a Banco Bpm dalla Bce, in occasione dell’Opa per rilevare Anima Sgr, che pesa per circa 1,5 miliardi sul capitale della “preda” e ridurrà di 1 miliardo le erogazioni ai suoi azionisti. Poi c’è il vincolo “patriottico” sui 90 miliari di titoli italiani gestiti da Anima, che potrebbe ridurre le performance dei clienti (e le commissioni della banca) se perdessero valore.
In queste condizioni, e per la prima volta dopo nove mesi di campagna acquisizioni, torna a crescere la “desiderabilità” del dossier Commerzbank.
Anche sul fronte tedesco, avviato l’estate scorsa, c’è stato un intoppo serio, con la crisi del governo Scholz e la campagna elettorale, che ha cementato il campanilismo in Germania e l’ostilità contro gli scalatori italiani. Ma il nuovo esecutivo di Frederich Merz, leader ancora non pronunciatosi sul dossier, offre la possibilità di un nuovo inizio. Quanto meno di trattative e negoziati, per convincere i diffidenti stakeholder tedeschi. Incassato il via libera antitrust di metà aprile alla richiesta di salire al 29,9% in Commerz, Unicredit attende le ultime autorizzazioni per perfezionare i derivati che la porterebbero al 28%, dall’attuale 9,5%. Questo potrebbe succedere verso l’estate, come anche i primi incontri con il nuovo governo, che mantiene il 12% nel capitale della banca dagli anni del salvataggio. Orcel, nel dialogo con gli investitori, ha progressivamente dilatato la tempistica sul dossier, portandola «molto al di là di fine 2025», come dichiarato a marzo.
Non è detto che Berlino si mostri più duttile e aperta di Roma, di fronte alla visione strategica di fare di Unicredit la prima vera “Banca d’Europa”, leader per capitalizzazione e finanziamenti alle imprese, testimone di «una più ampia convergenza dell’Ue e del mercato unico», «test bancario per capire se l’Europa fa sul serio per rafforzare l’integrazione» e non soccombere ai colossi di Usa e Cina. Di certo quella visione, resa da Orcel al Financial Times quattro mesi fa, haincontrato una stagione turbolenta, caratterizzata da revanscismi politici tra il ritorno di Trump e i dazi che rompono la globalizzazione. L’Europa si è vista di nuovo in crisi, fragile e in cerca di sé stessa e Unicredit sembra impantanata in questo scenario. Il 7 maggio, quando Unicredit e Banco Bpm presenteranno i conti del primo trimestre, potrebbe essere una data bivio per l’Ops italiana. Niente si può più escludere, nemmeno una ritirata più o meno ordinata su tutti i dossier squadernati da un anno, magari per ripiegare sul collaudato riacquisto di azioni proprie, che dal 2021 ha garantito agli azionisti erogazioni a doppia cifra e la moltiplicazione per cinque in Borsa. Chi conosce bene Orcel, e le fonti al lavoro sui dossier, assicura che «manterrà la disciplina mostrata finora, sempre e solo nell’ottica di creare valore per gli azionisti».
L'articolo Le nuove vie di Unicredit verso Banco Bpm e Commerz proviene da Iusletter.