La prima fumata è nera, oggi 4 votazioni

Ieri attesa di tre ore per il primo voto. Parolin, Aveline e Tagle i favoriti. Zuppi il più applaudito in piazza

Mag 7, 2025 - 23:40
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La prima fumata è nera, oggi 4 votazioni

Città del Vaticano, 8 maggio 2025 – Il miracolo non c’è stato. Fumata nera. Mai nella storia recente della Chiesa si è avuto un Conclave chiuso alla prima votazione e la giornata di ieri ha mantenuto fede a questa tradizione, con la t minuscola. A corollario una lunga attesa di oltre tre ore dopo il fatidico extra omnes, giustificata dalla prolissa meditazione (45 minuti) del cardinale Raniero Cantalamessa davanti ai 133 elettori riuniti in Cappella Sistina. La delusione è stata tanta fra le 50mila persone assiepate in piazza San Pietro, quando attorno alle 21, il proverbiale comignolo ha sbuffato pece. A certificare il risultato anche un gabbiano sentinella appollaiato sul tetto.

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Nessun dramma. I porporati ci riproveranno oggi, due votazioni al mattino e altrettante al pomeriggio per ottenere i 2/3 dei suffragi. Nel 2013 papa Bergoglio fu eletto al quinto scrutinio, otto anni prima a Joseph Ratzinger ne bastarono quattro, mentre la sorpresa Karol Wojtyla la spuntò nel ’78 all’ottava votazione. Nell’ultimo secolo il Conclave più veloce si concluse nel 1939, a due giorni dall’inizio, con la terza fumata a favore del Pastor Angelicus, Pio XII.

Missa pro eligendo Romano Pontifice, processione dalla Cappella Paolina alla Sistina, litanie, giuramento dei cardinali elettori e voto. Quest’ultimo preceduto dalla seconda e ultima meditazione e ancor prima dall’extra omnes, pronunciato dal maestro delle cerimonie, l’arcivescovo Diego Revelli. Una decina di minuti prima delle 18 è stato chiuso, praticamente in contemporanea, il pesante portone in bronzo della Cappella Sistina e i cardinali sono rimasti soli, a tu per tu con le loro responsabilità e con lo Spirito Santo. È allora che da piazza San Pietro si è alzato un fragoroso applauso, quasi a incoraggiare chi ha il compito di scegliere il successore di Francesco.

Il Conclave ha i suoi tempi e i suoi riti, antichi e suggestivi. In un incedere lento e solenne come quello di ieri dei porporati in processione a file di due verso la Sistina, lungo i 40 metri della Sala regia, nei loro abiti corali rosso sangue. A spezzare la monocromia insistono il bianco del domenicano Timothy Radcliffe e il nero dei patriarchi delle Chiese orientali. In testa ai principi della Chiesa il grande favorito della vigilia, il segretario di Stato Pietro Parolin. È lui il primo a giurare in latino sulle pagine del Vangelo. A seguire gli altri. Stoico il bosniaco Vinko Puljić, 79 anni, che, gravemente malato, aiutandosi con un bastone, entra sulle sue gambe in Cappella Sistina. Fino all’ultimo si era temuto dovesse votare dalla sua stanza a Santa Marta. I fedeli in piazza San Pietro seguono passo a passo il giuramento dei singoli cardinali attraverso due maxi schermi. Quando le telecamere indugiano sull’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, romano de Roma, l’applausometro raggiunge l’apice. Si vedrà se lo Spirito Santo segue la popolarità o si concede altri criteri.

Chi entra Papa in Conclave ne esce cardinale. L’adagio si spreca in questi giorni. Ma la prima fumata nera non stravolge ancora le previsioni. Parolin potrebbe già essere eletto oggi in uno dei due scrutini della mattinata. A meno che la Chiesa delle periferie e decentrata, lasciata in eredità da Francesco e sottolineata dalle 71 nazionalità rappresentate sotto gli affreschi di Michelangelo, non riservi sorprese. E allunghi i tempi. Jean Marc Aveline, Luis Antonio Tagle, e il più defilato Zuppi sembrano meglio corrispondere al profilo del Papa empatico, prossimo alle persone, uscito dalle Congregazioni generali. Si cerca un altro Bergoglio senza che possa esserci un altro Francesco. Operazione complessa che, fumata nera dopo fumata nera, potrebbe favorire il partito più marcatamente progressista, votato alla sinodalità e schierato a sostegno del maltese Mario Grech. Oppure chi, facendo valere la propria sapientia cordis, vuole archiviare la stagione di Bergoglio. Chi più, l’ungherese Péter Erdő, chi meno il patriarca di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Sorprese a parte.