La piazza urla: "Leone, Leone!"
In 150mila davanti a San Pietro. Lunga attesa, poi festa e cori . .

Alla terza deglutizione, quando deve ancora spiccicare la prima parola, Leone XIV è già il Papa di tutti. L’emozione che attraversa il suo sguardo – e ritarda di qualche secondo il suo primo discorso – conquista e seduce anche chi non lo conosce. "Leone, Leone!", è l’urlo che sale dalla platea per fargli coraggio. A lanciarlo è un gruppo di sacerdoti multinazionale che trascina tutta la piazza in una sarabanda di cori e bandiere.
È proprio la gente – oltre 150mila persone che da San Pietro esondano fino a tutta via della Conciliazione – la coprotagonista assoluta dell’evento. Lucas, un bambino brasiliano con il rosario della madre per collana, sale sulle spalle di un gentile volontario e si guadagna il passaggio in mondovisione. Tutti si sbracciano. Invece Saia è una signora romana compunta e composta: "Credo nella continuità della Chiesa. Ma adesso sono molto emozionata", e lo ammette mentre la figlia Fabrizia canzona al telefono un parente: "Visto? Se ci siamo io e mamma, risultato garantito".
La fumata bianca arriva quando in pochi ci credono. L’apparizione dei tre gabbiani vicino al comignolo sulla Cappella Sistina (mamma, papà e pulcino puntualmente rifornito di cibo – al posto dei due esemplari adulti apparsi durante la prima votazione) è il segnale celeste che molti interpretano come svolta imminente. Alexandre e Lorraine, francesi di Vannes, stanno giusto invocando "un Papa di equilibrio tra tradizione e progresso", quando scattano in piedi come tutti. A partire dai ragazzi prima intenti ad ammazzare l’attesa giocando a scala 40 su una cerata verde. Suggestione? Casualità? La piazza è certa dell’auspicio. E così i maxischermi puntati sul comignolo più inquadrato della Terra scatenano il delirio.
Impazza il toto Papa: Tagle guida i pronostici, davanti a Zuppi, Parolin e Pizzaballa. Anche gli stranieri puntano sui nomi forti (o presunti tali). Prevost non è ancora nei radar di massa (solo in quello dei vaticanisti). Nell’ora di attesa prima dell’Habemus Papam, Jonathan, maltese, direttore risorse umane, fa la sua scommessa: "I cardinali sceglieranno un uomo che può attivare ponti per la Chiesa e per la pace". E "pace" è la prima parola che Leone XIV pronuncia resistendo alla commozione. La lingua dominante tra gli ultrà papali è lo spagnolo. Anche gli italiani si associano. Tutti gridano: “Viva el Papa, Viva el Papa!“. E la deviazione linguistica non stona, perché Leone XIV, dopo il discorso in italiano, saluta in spagnolo proprio la diocesi peruviana di Chiclayo, quella assegnatagli da Francesco e diventata il suo trampolino. "Parla molto bene", reagisce Pilar, messicana, stupita di un Papa americano a tutto tondo.
Massimo ha 65 anni e viene da Riccione: "Se c’è di mezzo il Sudamerica, io sto tranquillo, perché lì la gavetta la fai. Ci vedo l’occhio lungo di Francesco", ragiona, e guarda la moglie Raffaella, "colpita dal flusso ininterrotto di persone". Tanti escono dalla piazza, tanti entrano anche se Leone XIV sta già coi confratelli cardinali ad asciugarsi i lucciconi trattenuti a fatica: "Tutta questa gente è chiamata qui da qualcosa – continua la signora–. E dopo giornate così dovremmo essere più contenti e più convinti di essere cristiani".
"Con un Papa non italiano io mi sento più tutelato", racconta Maurizio. Perché? "Lasci perdere. Sono pensionato da una banca collegata allo Ior. Qualsiasi figura nata lontano dalla Curia per me è la benvenuta". Si inchina al nuovo pontefice anche Sam, cattolico inglese, stregato dall’ipotesi del ghanese "Peter Turkson primo pontefice nero". A Simonetta, romana in piazza con le figlie, "Leone XIV piace". "Io sono conquistata – aggiunge Paola da Firenze –. L’urgenza della pace “disarmata e disarmante“ mi sembra un bel manifesto". "E il ricordo di Francesco mantiene viva la continuità", osserva Marco (da Venezia), camminando coi familiari verso Castel Sant’Angelo.
Per Luca, 26 anni, romano, tradizionalista con vistosi tatuaggi sulle braccia, ogni pontefice si giudica a fine mandato: "Francesco? Non mi unisco al coro. Ora serve un guida spirituale che piaccia ai credenti, non solo ai non credenti". "Ma dalla strada di Francesco nessuno può tornare indietro", mette le mani avanti Corrado, 31 anni, di Pachino. Frate Brian Terry, francescano di Washington D.C., applaude e rassicura: "Leone XIV conosce la povertà. Conosce gli Stati Uniti. Conosce il Sud America. Conosce la Chiesa. Saprà stupire chi pensa di condizionarlo".