La crisi invisibile di Haiti: così le gang controllano il Paese nell’indifferenza della comunità internazionale
La crisi esistenziale di Haiti, una nazione priva di istituzioni funzionanti e preda della violenza delle gang, sembra non conoscere fine e la situazione, nel disinteresse di buona parte della comunità internazionale, continua a deteriorarsi. La capitale Port-Au-Prince è per buona parte sotto il controllo delle violente bande criminali che si spartiscono il controllo del […] L'articolo La crisi invisibile di Haiti: così le gang controllano il Paese nell’indifferenza della comunità internazionale proviene da Il Fatto Quotidiano.

La crisi esistenziale di Haiti, una nazione priva di istituzioni funzionanti e preda della violenza delle gang, sembra non conoscere fine e la situazione, nel disinteresse di buona parte della comunità internazionale, continua a deteriorarsi. La capitale Port-Au-Prince è per buona parte sotto il controllo delle violente bande criminali che si spartiscono il controllo del territorio e che stanno iniziando a prendere di mira anche le altre città del Paese caraibico. Gli esponenti di due gang, la 400 Mawozo e i Taliban, hanno recentemente preso d’assalto la città di Mirebalais, a circa 50 chilometri dalla capitale, dove hanno dato fuoco ad edifici ed autovetture, sparato sulla folla, assaltato una stazione di polizia ed una prigione liberando 500 detenuti.
Secondo alcuni le bande armate starebbero cercando di ottenere il controllo di vie di comunicazione che interessano i propri territori. Le forze di sicurezza hanno annunciato di aver riconquistato Mirebalais ma buona parte dei detenuti, secondo quanto riferito da testimoni locali, è rimasta a vagare nelle strade. La Multinational Security Support Mission in Haiti (MSS) – voluta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con un eccezionale voto quasi unanime e formata da centinaia di poliziotti e soldati provenienti dal Kenya e da altre nazioni dell’America Latina – ha l’obiettivo di aiutare il governo centrale a riconquistare i territori controllati dalle gang ma ha ottenuto scarsi risultati.
La crisi di Haiti ha radici profonde ma è deflagrata, nella sua manifestazione più recente, nel 2018 con le proteste contro l’amministrazione dell’ex Presidente Jovenel Moïse. Moïse era stato eletto nel 2016, in seguito ad una consultazione a cui aveva partecipato appena il 21 per cento degli elettori e dopo che le elezioni dell’anno precedente erano state annullate. Le massicce dimostrazioni puntavano alla formazione di un governo di transizione ma Moïse è stato ucciso durante un colpo di Stato, perpetrato da mercenari stranieri, nel luglio 2021. Il potere è stato assunto dall’allora primo ministro Ariel Henry, accusato da alcuni di aver avuto un ruolo nel golpe, mentre la carica di presidente rimaneva vacante.
L’impopolarità e l’illegittimità di Henry hanno favorito nuove proteste e il rafforzamento delle gang, da sempre impiegate da politici e uomini d’affari haitiani per raggiungere i propri scopi, mentre il controllo del governo si è fatto più labile. Henry è stato costretto alle dimissioni nel 2024 ma la formazione di un governo di transizione non ha impedito alla situazione di peggiorare. Le gang, che in una prima fase si erano scontrate tra loro, hanno formato un’alleanza nel 2024 prendendo il controllo di buona parte della capitale ed imponendo la propria autorità.
Lo scorso anno 5.600 persone hanno perso la vita a causa delle violenze, un milione di persone è stata costretta ad abbandonare le proprie case mentre il traffico di droga e i rapimenti sono cresciuti in maniera esponenziale nel corso degli anni. Metà della popolazione haitiana vive in una condizione di precarietà alimentare mentre le proiezioni della Banca Mondiale indicano che il 36,6 per cento degli abitanti disporrà di circa due dollari al giorno nel 2026 e chiariscono come l’economia sia in recessione da sei anni consecutivi, con un meno 4,2 per cento registrato nel 2024. I disastri naturali, come il terremoto del 2010 che ha provocato la morte di oltre 250mila persone, il sisma del 2021 che ha distrutto decine di migliaia di edifici e gli uragani distruttivi, affossano le prospettive di sviluppo. La nazione caraibica è stata, poi, segnata da una prolungata epidemia di colera che ha provocato migliaia di morti.
Il governo di transizione ha annunciato che nel novembre 2025 si svolgeranno le elezioni presidenziali e parlamentari, un passo in avanti per ridare legittimità a istituzioni ormai decadute. Le consultazioni presidenziali, rinviate a più riprese tra il 2019 ed il 2021, non si tengono da quasi un decennio mentre il Parlamento non esiste più dopo che i seggi sono diventati tutti vacanti in seguito alla scadenza del mandato degli eletti nel 2016. Il sistema giudiziario e buona parte dell’apparato statale sono paralizzati e la situazione è talmente grave che diversi esponenti politici, come riportato dalla Reuters, hanno chiesto che il cartello criminale che controlla la capitale venga incluso nei colloqui istituzionali.
Gli Stati Uniti, geograficamente vicini ad Haiti, non sono interessati ad un intervento diretto nella nazione caraibica e la principale azione intrapresa dall’amministrazione Trump è legata alla revoca dei permessi di soggiorni straordinari concessi da Joe Biden a centinaia di migliaia di immigrati latinoamericani, tra cui ci sono anche gli haitiani. La comunità internazionale appare focalizzata sulla risoluzione di focolai di crisi come quella che riguarda l’Ucraina e Gaza mentre Haiti, periferica e marginale, sembra essere stata dimenticata da tutti perché, molto probabilmente, ha poco da offrire in cambio.
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