Il Papa "Disarmare le parole"

L’appello ai media per la pace. Zelensky al telefono lo invita a Kiev. .

Mag 13, 2025 - 05:46
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Il Papa "Disarmare le parole"

De Robertis

Ogni giorno che passa – ne sono passati già cinque – Robert Francis Prevost dà a comprendere il senso e la portata del suo pontificato. Non c’è un programma di governo, perché i Papi non si eleggono in base a slogan o dichiarazioni. Ma ci sono parole. In questo caso, aggettivi. Così, il Papa che giovedì scorso avevamo capito voler essere un “Papa della pace”, è diventato domenica il Papa della "pace giusta", dove quel "giusta" fa tutta la differenza del mondo. È ieri il Papa che invita i giornalisti a disarmare le parole, perché "non va separata la verità dall’amore con cui dobbiamo cercarla".

La pace non è solo un fine ma anche un mezzo. La comunicazione, che nelle società moderne è ormai tanto importante, non risponde solo a una logica del profitto (gli ascolti), ma anche agli strumenti che usa.

Leone XIV inizia a riempire di contenuti le proprie affermazioni, e sono contenuti alti, impegnativi. Perché non sono solo parole, ma idee e valori in società che di questi valori sono spesso sprovviste.

Quando, puntualissimo, entra in sala Nervi dove lo attendono cinquemila giornalisti da tutto il mondo, sui telefonini iniziano a scorrere le notizie della telefonata avvenuta pochi minuti prima tra il Papa stesso e Zelensky. Una notizia che evidentemente si è scelto di far filtrare (anche se da parte ucraina, per non urtare troppo il Patriarcato di Mosca, con cui la Santa Sede ha attualmente rapporti ai minimi storici). Una concomitanza non casuale, che dà sostanza alle parole pronunciate il giorno precedente alla Loggia delle Benedizioni, quando Prevost aveva ricordato l’"amato popolo ucraino" (con Francesco era solo "martoriato" – e a questi livelli le sfumature, per chi le sa cogliere, pesano) e chiesto, appunto, una pace "giusta e duratura", con un evidente richiamo al diritto internazionale e a uno scenario di fine ostilità che tenga conto delle richieste di Kiev.

Il contatto così esplicito con l’Ucraina – quasi una scelta di campo – segna uno scarto nell’atteggiamento della Santa Sede in questa crisi (che forse Putin potrà anche ignorare, ma Trump molto meno, vista la nazionalità di chi le pronuncia; anche se, per ora, il Papa ha fatto sapere di non voler tornare nel suo Paese). E soprattutto afferma un concetto: la pace di Papa Leone, che è il programma del pontificato, si fonda sul rispetto di valori condivisi e non sull’arbitrio o sulla forza. Non è un generico richiamo ai buoni sentimenti. Non è la telefonata a Gaza che Bergoglio faceva tutte le sere per sapere se stavano bene. È l’affermazione della giustizia.

Che poi, in fondo, è quanto il Papa ha detto ai giornalisti, che l’hanno acclamato con affetto e verso i quali Prevost ha provato a sciogliersi, forse forzando un po’ il suo temperamento schivo: "La pace comincia da ognuno di noi, dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri. Dobbiamo dire no alla guerra delle parole".

Sempre pace, quindi. Ma anche qui una pace che non è un richiamo al volemose bene, quanto un invito a dare un senso – evidentemente cristiano, perché a parlare è il Papa – ai nostri comportamenti.

Alla fine, infatti, è Sant’Agostino a fare la differenza: "Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi".