I volenterosi escludono l’Italia. È scontro tra Meloni e Macron

Al vertice di Tirana i leader di Francia, Germania, Regno Unito e Polonia si riuniscono con Zelensky. Opposizione all’attacco. Giorgia rilancia: "Si parlava di truppe, noi contrari". Ma l’Eliseo smentisce. .

Mag 17, 2025 - 07:18
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I volenterosi escludono l’Italia. È scontro tra Meloni e Macron

Per un po’ a Tirana tutto fila liscio. Ci scappa persino una "foto riparatrice" con Starmer, Tusk, von der Leyen, Zelensky: c’è Giorgia Meloni e non ci sono Macron e Merz. Teatrale, il primo ministro albanese Rama tratta la premier da regina, si inginocchia a mani giunte, la saluta come "la nostra protettrice", e lei ironizza: "Fallo quando siamo soli". Nel bel mezzo del vertice della Comunità politica europea arriva il fattaccio, ed è di quelli più imbarazzanti. I leader di Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia si riuniscono con Zelensky ed è qui che si parla sul serio della guerra in Ucraina. Tanto da coinvolgere nella discussione il presidente americano Trump. Giorgia però manca, e l’istantanea scattata qualche ora prima della riunione dei volenterosi appare quasi beffarda.

Pare un bis del summit di Kiev, dove almeno lei si era collegata in video. L’opposizione in patria si scatena: "Ridotta a comparsa", "paese umiliato", "figuraccia mondiale". La premier si inalbera, risponde a muso duro: "L’Italia ha dichiarato da tempo di non essere disponibile a mandare truppe in Ucraina. Ci si chiede di partecipare a questi formati per mandarle o per fare una foto e dire no?". A smentirla, dandole praticamente della bugiarda, è Macron: i rapporti tra i due stanno messi così. "La discussione non è stata sull’invio di truppe, ma sul cessate il fuoco, guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe". Il vertice era evidentemente dei volenterosi, non si spiegherebbe altrimenti l’assenza di una figura centrale come Ursula von der Leyen che, da presidente della Commissione, non poteva partecipare a un incontro limitato ad alcuni paesi della Ue.

Ma è chiaro che ad avere voce in capitolo sulla gestione della crisi ucraina in Europa sono solo i volenterosi: aver scelto per convinzione o perché condizionata dal ferreo no di Salvini di essere fuori dal gruppo significa essere condannati a restare in panchina. Giorgia è consapevole della difficoltà in cui si trova, prova a reagire e a rompere l’assedio: si rende conto di aver dilapidato nei due mesi di sbilanciamento trumpiano la credibilità europeista che aveva conquistato in due anni. Cerca di recuperarla con un discorso che più europeista non si può: "L’Unione è la casa comune più solida in cui realizzare l’unificazione europea". Sull’Ucraina torna a utilizzare i toni infiammati che aveva dismesso nel periodo dello ’sbandamento’. "Non c’è nulla di più europeo di un popolo disposto a rischiare ogni cosa pur di difendere la propria libertà e indipendenza".

C’è di più: ha chiesto e ottenuto dal governo tedesco, sia pure con più di 24 ore di ritardo, la smentita ufficiale dell’indiscrezione della Welt secondo cui Berlino avrebbe depennato l’Italia dalla lista degli alleati di primaria importanza su richiesta della Spd. Oggi pomeriggio riprenderà l’argomento con il cancelliere Merz in un colloquio a Palazzo Chigi che finirà con una cena. Di certo chiederà un formale impegno della Germania a coinvolgere l’Italia a ogni appuntamento internazionale che tratti di crisi importanti.

Domani per l’intronizzazione di Leone XIV Roma sarà affollata di leader: nel giro meloniano stanno cercando di costruire un’occasione diplomatica di primissimo livello. Difficile ancora dire quale sarà, ma il sogno di Giorgia invece è chiaro. Il Papa, Zelensky e lei a colloquio nella stessa stanza. Con tanto di foto.