Guerra nei cieli di Ustica. La conferma della Procura: un Mig libico vicino al Dc9

I magistrati hanno archiviato perché non è più possibile identificare i responsabili. Un caccia di Tripoli tagliò la rotta al volo dell’Itavia per sfuggire agli intercettori. L’ala dell’aereo civile si ruppe "a causa dell’impatto contro la forte scia".

Mag 9, 2025 - 05:48
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Guerra nei cieli di Ustica. La conferma della Procura: un Mig libico vicino al Dc9

Dondi

BOLOGNA

La sera del 27 giugno 1980, nei cieli di Ustica, avvenne una battaglia aerea in cui quattro caccia americani o francesi inseguirono un Mig libico che, per sfuggire ai velivoli intercettori, effettuò una virata a tutta velocità e ’tagliò la strada’ al Dc9 Itavia, provocandone la rottura dell’ala sinistra "a causa dell’impatto contro la forte scia rilasciata" dall’aereo da combattimento libico. E così il Dc9, partito da Bologna e diretto a Palermo, su cui viaggiavano 81 persone, "si destrutturò e cadde in mare, inabissandosi", mentre gli F14 continuavano l’inseguimento del Mig libico. È questa la conclusione a cui è arrivata la Procura di Roma sulla strage di Ustica: non fu un missile, né tantomeno una bomba, a far precipitare l’aereo di linea. Fu una "quasi collisione" con un jet in fuga da altri jet. Una strage avvenuta durante una battaglia aerea fra velivoli stranieri nei cieli italiani.

Il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, e il sostituto Erminio Carmelo Amelio, titolari dell’inchiesta aperta ben 17 anni fa dopo le dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, pur delineando lo scenario dell’eccidio, hanno chiesto l’archiviazione del fascicolo rimasto sempre contro ignoti, ritenendo impossibile identificare i responsabili. Questo perché, da parte delle tante autorità straniere interpellate con le rogatorie internazionali, Usa e Francia in primis, non c’è stata alcuna collaborazione, anzi sono arrivate solo bugie.

Nelle 435 pagine della richiesta di archiviazione, che ora dovrà essere vagliata dal gip, c’è il racconto del tenace lavoro svolto "nell’unico interesse" di arrivare "non a una verità, ma alla verità", senza mai operare "con posizioni preconcette". Purtroppo, però, a distanza di 45 anni dai fatti, la strage resta senza colpevoli grazie a coperture e depistaggi.

Ma i magistrati, anche sulla scorta del lavoro del giudice istruttore Rosario Priore, sono convinti di aver almeno messo un punto definitivo su quello che successe quella sera a Ustica. Il tutto grazie a nuove testimonianze, intercettazioni e tracciati radar raccolti in questi anni. Testimonianze che hanno confermato quello che invece le autorità francesi e statunitensi avevano sempre negato e cioè che in quei giorni nel mar Tirreno era in corso un’esercitazione della Nato, con le portaerei Saratoga (Usa) e Foch (francese). Nuova e importante in tal senso è la testimonianza di Giovanbattista Sparla, un militare all’epoca in servizio nella sala operativa Shape della Nato: "Il 27 giugno 1980 era in corso un’esercitazione Nato combinata – ha detto Sparla ai pm – alla quale partecipavano aerei americani e francesi... Il Dc9 Itavia è rimasto coinvolto nella battaglia tra aerei americani e libici, uno dei quali avrà sganciato un missile che avrà colpito il Dc9". Una versione confermata dal generale dell’Aeronautica Enrico Milani il quale, per la prima volta, ha dichiarato che "quel giorno c’era una esercitazione internazionale che però non si sapeva perché era tenuta all’oscuro". Per la Procura, però, le perizie tecniche indicano come improbabile che sia stato un missile ad abbattere il Dc9, perché non sono state trovate tracce di esplosivo né sui reperti dell’aereo né sui corpi delle vittime. In teoria un missile può essere stato sparato verso il Mig, senza però colpire il Dc9.

È invece priva di fondamento la tesi della bomba perché l’aereo era in ritardo di due ore, perché gli stessi periti che la sostengono hanno posizioni discordanti sull’ipotetico luogo in cui era collocata (si va dalla toilette del bagno in coda fino alla prua) e perché manca il movente.

E così arriviamo allo scenario più credibile, secondo i pm: la "quasi collisione". Quel giorno un Mig libico arrivò nei cieli italiani dalla Jugoslavia, diretto in Libia. L’Italia lo sapeva: i magistrati parlano infatti di "possibile collaborazione" fra i due Paesi. Due F104 italiani fornirono "copertura" al Mig dai cieli del Nord Italia fino a Grosseto, dove atterrarono. Nel frattempo le autorità Usa erano state allertate e "fecero decollare, da Grazzanise o Capodichino, due F14 e due A4" che si misero all’inseguimento del Mig che viaggiava ’coperto’ dal Dc9 per non essere rilevato dai radar. Quando però l’aereo Itavia iniziò la discesa verso Palermo, il Mig accelerò e superò il Dc9 e i caccia Usa virarono per per inseguirlo. Fu allora, per i pm, che il Mig tagliò la strada con una virata al Dc9 causando, "per il forte fattore di carico" della scia, la fatale rottura dell’ala.

L’inseguimento proseguì, ma per i magistrati è superfluo sapere se poi il Mig venne abbattuto o meno (resta dunque aperto l’interrogativo sul velivolo trovato sulla Sila). Ciò che conta è la battaglia aerea. "Lo scenario illustrato – scrivono – può essere stato, in alternativa e senza modifiche sostanziali di risultato, quello che avrebbe visto presenti dei caccia francesi in sostituzione di quelli americani". In tal caso i jet "sarebbero decollati dalla base di Solenzara". Usa o Francia, dunque. Gli addendi possono cambiare. Quello che non cambia è il risultato: 81 morti che aspettano ancora giustizia.