Grimaldi, la grande occasione di Livorno tra investimenti e freni
La grande occasione, per la città di Livorno, è evidentissima: trasformare un porto sottoutilizzato in uno scalo moderno, globalizzato, pluri-operativo e intermodale, incrementando posti di lavoro e ricavi, con 100 milioni di euro di investimenti privati, pronti ad arrivare subito, alleviando lo Stato di oneri che non sarebbe sicuro di poter sostenere. È il progetto […] L'articolo Grimaldi, la grande occasione di Livorno tra investimenti e freni proviene da Economy Magazine.

La grande occasione, per la città di Livorno, è evidentissima: trasformare un porto sottoutilizzato in uno scalo moderno, globalizzato, pluri-operativo e intermodale, incrementando posti di lavoro e ricavi, con 100 milioni di euro di investimenti privati, pronti ad arrivare subito, alleviando lo Stato di oneri che non sarebbe sicuro di poter sostenere.
È il progetto elaborato per Livorno dal Gruppo Grimaldi, che in quello scalo gestisce già oggi la Darsena Toscana, con dinamismo e profitto, e si è candidato formalmente il 18 aprile scorso a ristrutturare una buona metà della Darsena Europa e gestire anche quella, da solo o in combinazione con altri gruppi, che in precedenza avevano formalmente manifestato interesse. L’istanza è ora al vaglio dell’Autorità portuale e del commissario di Darsena ma intanto i gruppi concorrenti, forse perché spiazzati dalla concretezza dell’iniziativa di Grimaldi, hanno dato fuoco alle polveri delle polemiche, trovando qualche eco nella stampa locale, ma – curiosamente – nascondendosi dietro la definizione anonima di “cluster portuale”, che abbraccerebbe un numero imprecisato di ignote realtà operative livornesi contrarie a Grimaldi.
Ma come stanno veramente le cose? La realtà è molto semplice.
Il 18 aprile scorso il Gruppo Grimaldi ha formalizzato, con un’istanza presentata all’Autorità portuale, la propria disponibilità a realizzare un progetto d’investimento da circa 100 milioni, corredato da un piano finanziario già asseverato da una banca importante come Bper, per urbanizzare una buona metà degli spazi di Darsena Europea e, ove richiesto, rinunciare contestualmente a una parte sostanzialmente di pari rilevanza e dimensione attualmente gestita su Darsena Toscana.
Perché questa formula?
Lo ha precisato lo stesso Gruppo Grimaldi, anche in risposta alle interpretazioni diverse e polemiche comparse sulla stampa, sia pur di fonte anonima: la scelta di circoscrivere, in prima battuta, il progetto ad una parte della Darsena “è unicamente da ricollegare alle manifestazioni di interesse già avanzate da un altro grande operatore, il che ha indotto Grimaldi, responsabilmente e nell’interesse del porto e della sua pluralità operativa, a proporre una suddivisione equilibrata della futura area portuale, anche in considerazione del fatto che il Gruppo Grimaldi movimenta attualmente circa due terzi dei traffici dell’intero scalo livornese, ed è già attivo anche come terminalista contenitori”.
Ma nello stesso comunicato, il Gruppo ribadisce con assoluta chiarezza non solo la propria disponibilità ma il proprio interesse a gestire tutta la Darsena Europa, se l’Autorità riterrà di decidere in tal senso. Nessun disimpegno, nessun doppio gioco, nessun retropensiero: solo investimenti per la crescita del porto, dei suoi lavoratori, dell’economia cittadina e dell’attività portuale italiana.
In realtà, i concorrenti di Grimaldi che vogliono contrastarne lo sviluppo – ma sì, sempre quelli del “cluster portuale”, il travestimento creativamente escogitato dai simpatizzanti – ignorano, o fingono di ignorare, la realtà. “Noi puntiamo allo sviluppo di traffici ro-ro, containerizzati con linee regolari sempre più potenziate, aumentando l’attrattività del porto di Livorno nel panorama mediterraneo – spiegano al quartier generale del Gruppo napoletano – Sostenere che la nostra richiesta rappresenti un “disturbo” equivale a negare i principi cardine su cui si fonda la normativa europea ed internazionale in materia portuale: concorrenza, trasparenza, apertura. Nessuna pretesa esclusiva, semmai l’opposto: un’apertura responsabile, nell’interesse del porto e del territorio. Offrire alternative concrete, investimenti diretti e occupazione stabile è il nostro modo di contribuire al sistema Paese. In un momento storico in cui la portualità italiana è chiamata a competere su scala globale, chiusure ideologiche e guerre tra operatori rischiano di trasformarsi in autogol strategici. Serve visione, e serve subito”.
Del resto, anche in occasioni pubbliche recenti, il governo – per bocca del viceministro più competente mai sedutosi in quelle stanze, Edoardo Rixi – ha raccomandato che tutte le aree portali di Livorno vengano messe al più presto a reddito, e la mossa di Grimaldi risponde alle esigenze di tempestività e minimizzazione dell’impegno pubblico.
Il Gruppo comunque fa sapere che conferma, al di là di ogni freno territoriale e di ogni faziosità, il proprio impegno nel dialogo con le istituzioni e nella collaborazione con l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale. Ma al tempo stesso, “rivendica con forza il diritto – e il dovere – di contribuire alla crescita del porto di Livorno, anche con soluzioni innovative, finanziariamente solide e in linea con i più alti standard del settore shipping. Livorno ha bisogno di traffici, lavoro e stabilità. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, senza polemiche, ma con i fatti”.
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