Gli ultimi minuti di vita e le due operazioni «segrete»: il medico di Papa Francesco racconta la sua morte
Il professor Vittorio Alfieri è responsabile dell'équipe di chirurgia digestiva del Gemelli. Il pontefice gli ha benedetto le mani: «Era un segreto tra noi due» L'articolo Gli ultimi minuti di vita e le due operazioni «segrete»: il medico di Papa Francesco racconta la sua morte proviene da Open.

Il dottor Sergio Alfieri, 58 anni, era il coordinatore dell’équipe medica del Pontefice. Professore di Chirurgia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, è responsabile dell’Unità operativa complessa di Chirurgia digestiva del Policlinico Gemelli di Roma. E oggi in un’intervista al Corriere della Sera racconta gli ultimi minuti di vita di Papa Francesco. Ma anche le due operazioni «segrete» a cui il vescovo di Roma si è sottoposto. Infine, dice che Jorge Mario Bergoglio gli ha affidato una missione: ««A gennaio Papa Francesco mi ha detto che dovevamo occuparci degli embrioni abbandonati. È stato netto: “Sono vita, non possiamo consentire che siano utilizzati per la sperimentazione oppure che vadano persi. Sarebbe omicidio”».
Il Papa e gli embrioni
Alfieri dice che stava valutando, «anche con il ministero della Salute, tra le varie opzioni, il modo per concederli in adozione ma non c’è stato il tempo perché il Papa potesse rendere esecutiva la sua decisione. Il mio impegno adesso sarà, se ci saranno le condizioni, realizzare questo suo desiderio». Poi racconta quando ha visto Francesco per l’ultima volta: «Sabato dopo pranzo, alla vigilia di Pasqua. E posso dire che stava molto bene, me l’ha detto anche lui. Gli ho portato una crostata scura come piace a lui e abbiamo chiacchierato un po’. “Sto molto bene, ho ricominciato a lavorare e mi va”. Sapevo che il giorno dopo avrebbe impartito l’Urbi et Orbi e ci siamo dati appuntamento a lunedì». Dieci giorni fa il Papa gli ha chiesto un incontro «con tutte le persone che lo avevano curato al Gemelli».
Il saluto ai dipendenti del Gemelli
«Gli ho detto che erano 70 persone forse era meglio farlo dopo Pasqua, alla fine della convalescenza. La sua risposta è stata netta: “Li incontro mercoledì”. Oggi ho la sensazione netta che lui sentisse di dover fare una serie di cose prima di morire», dice a Fiorenza Sarzanini.
Poi racconta cosa è successo il lunedì di Pasquetta in cui è morto: «Alle 5,30 circa mi ha chiamato Strappetti: “Il Santo Padre sta molto male dobbiamo tornare al Gemelli”. Ho preallertato tutti e venti minuti dopo ero lì a Santa Marta, mi sembrava tuttavia difficile pensare che fosse necessario un ricovero. Sono entrato nella sua stanza e lui aveva gli occhi aperti. Ho constatato che non aveva problemi respiratori e allora ho provato a chiamarlo però non mi ha risposto. Non rispondeva agli stimoli, nemmeno quelli dolorosi. In quel momento ho capito che non c’era più nulla da fare. Era in coma».
Voleva morire a casa
Il trasferimento in ospedale sarebbe stato inutile: «Rischiavamo di farlo morire nel trasporto, ho spiegato che il ricovero sarebbe stato inutile. Strappetti sapeva che il Papa voleva morire a casa, quando eravamo al Gemelli lo diceva sempre. È spirato poco dopo. Io sono rimasto lì con Massimiliano, Andrea, gli altri infermieri e i segretari; sono quindi arrivati tutti e il cardinale Parolin ci ha chiesto di pregare e abbiamo recitato il rosario con lui. Mi sono sentito un privilegiato e ora posso dire che lo sono stato. Quella mattina gli ho dato una carezza come ultimo saluto».
Le due operazioni segrete
Il chirurgo spiega che ha incontrato Bergoglio «nel 2018, fu una grande emozione. Io ero consulente chirurgo della Santa Sede e lui ci invitò a partecipare a una messa a Santa Marta. Era come un parroco, faceva la predica e poi al termine della celebrazione usciva dalla chiesa e salutava tutti uno per uno. Due anni dopo cominciò a stare male con la pancia, aveva fortissimi dolori addominali e la sua qualità di vita, con tutti gli impegni lavorativi che aveva, non era ottimale». La diagnosti era di una malattia dfiverticolare severa: «Un giorno Strappetti mi portò la Tac. Forse il Papa era informato che avevo la maggior esperienza in Italia di interventi di chirurgia colon rettale e scelse di farsi operare da me».
A quel punto si organizzarono: «Mi disse: “Ho deciso di operarmi e ho scelto lei”. Lo visitai e sentii tutta la responsabilità. “Guardiamo l’agenda. Dove mi opera?”. Ebbi la chiara sensazione che volesse andare ovunque, in qualsiasi ospedale io decidessi, ma gli risposi, questa volta in modo molto deciso, che se voleva essere operato da me non c’erano altre possibilità che il Gemelli. Accettò ma alle sue condizioni: “Arriverò domenica dopo l’Angelus. Non dovrà saperlo nessuno. Se la notizia uscirà non mi opero più”».
La versione ufficiale
I medici sono riusciti a mantenere il segreto: «La versione ufficiale era che arrivava un capo di Stato estero che voleva massima riservatezza. Lui specificò che qualsiasi decisione al suo posto avrebbe dovuto prenderla Strappetti. E poi successe una cosa che soltanto adesso posso rivelare». Ovvero: «Qualche minuto prima dell’intervento Strappetti mi disse che il Papa voleva vedermi. Entrai nella sua stanza e lui mi benedì le mani. Fu un’emozione incredibile, il significato l’ho compreso soltanto dopo. Lui voleva dirmi utilizza le tue mani per il tuo lavoro, ma utilizza le tue mani con il cuore nei prossimi anni. Come dire, sei cattolico ma adesso hai qualcosa in più. Era un segreto tra noi tre, lui voleva che si sapesse e adesso posso dirlo».
Il secondo intervento
Qualche tempo dopo Francesco ha subito un secondo intervento, sempre segreto: «Dopo la prima operazione al momento di tornare a casa si era affacciato per dire chiaramente qual era l’importanza della sanità pubblica e l’importanza di mantenere gli ospedali cattolici con una certa missione. Lo dimostrò tornando al Gemelli». Qualche giorno prima di morire «una notte erano state avviate le procedure che poi sono state eseguite lunedì. Abbiamo temuto il peggio e invece lui ha sorpreso tutti. Sapevamo che voleva tornare a casa per fare il Papa fino all’ultimo istante. E non ci ha delusi».
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