Ecco come cambierà la PA con il disegno di legge Zangrillo per il 2025

lentepubblica.it Il disegno di legge promosso dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, a partire dal 2025 in corso ha intenzione di cambiare il volto del settore pubblico: scopriamo quali sono tutte le novità previste in questo approfondimento. Obiettivi misurabili, soft skill, merito e trasparenza: la nuova PA punta sulla performance reale e sull’evoluzione professionale […] The post Ecco come cambierà la PA con il disegno di legge Zangrillo per il 2025 appeared first on lentepubblica.it.

Mag 5, 2025 - 08:37
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Ecco come cambierà la PA con il disegno di legge Zangrillo per il 2025

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Il disegno di legge promosso dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, a partire dal 2025 in corso ha intenzione di cambiare il volto del settore pubblico: scopriamo quali sono tutte le novità previste in questo approfondimento.


Obiettivi misurabili, soft skill, merito e trasparenza: la nuova PA punta sulla performance reale e sull’evoluzione professionale strutturata. Un provvedimento che promette di trasformare in modo radicale il modo in cui vengono valutati i dipendenti pubblici e si sviluppano le loro carriere. Il cuore della proposta risiede nell’introduzione di un sistema meritocratico in grado di premiare concretamente chi dimostra impegno, competenza e capacità, segnando un passaggio deciso da una cultura burocratica a una cultura del risultato.

Come cambia il volto della PA a partire dal 2025 con il disegno di legge Zangrillo?

La riforma interviene su due pilastri fondamentali:

  • da un lato, un rinnovato sistema di valutazione della performance individuale e collettiva;
  • dall’altro, nuove modalità di accesso e avanzamento nei ruoli dirigenziali.

L’obiettivo dichiarato è duplice:

  • migliorare l’efficienza delle amministrazioni pubbliche
  • e rendere più attrattivo l’impiego nella PA per le nuove generazioni di lavoratori qualificati.

Una svolta nel sistema di valutazione

Il primo e forse più importante cambiamento riguarda la modalità con cui verranno misurate le prestazioni dei dipendenti pubblici. Non si tratterà più solo di verificare se siano stati portati a termine determinati compiti, ma di valutare anche come questi obiettivi sono stati raggiunti. In altre parole, alla misurazione dei risultati professionali si affiancherà l’osservazione di qualità trasversali, come l’attitudine alla collaborazione, la capacità di guidare un gruppo, la propensione all’innovazione e la responsabilità individuale.

L’impianto della riforma stabilisce che gli obiettivi debbano essere assegnati entro il primo trimestre di ogni anno, in modo chiaro e con indicatori oggettivi. A cambiare è anche la struttura del processo valutativo, che non sarà più solo verticale – cioè affidato al superiore diretto – ma coinvolgerà una pluralità di soggetti, interni ed esterni all’ente. Si tratta di un passo avanti verso una valutazione più partecipativa e bilanciata, in linea con le buone pratiche internazionali.

Per evitare che tutti i dipendenti ottengano giudizi di eccellenza – come avviene attualmente in circa il 98% dei casi, secondo i dati forniti dallo stesso ministro – il nuovo sistema prevede che solo una quota limitata, non superiore al 30% del totale, possa accedere alla fascia di valutazione più alta. Questo vincolo dovrebbe stimolare una reale competizione basata sul merito e incentivare comportamenti virtuosi all’interno delle organizzazioni.

Una carriera costruita sulle competenze

Accanto alla riforma del sistema valutativo, il disegno di legge introduce anche un modello innovativo per la crescita professionale, in particolare per l’accesso alla dirigenza. L’idea è quella di valorizzare l’esperienza e le capacità dimostrate sul campo, integrando – e in parte superando – i meccanismi concorsuali tradizionali.

Per accedere alla dirigenza di seconda fascia, sarà possibile riservare fino al 30% dei posti disponibili a funzionari con almeno cinque anni di anzianità o a dipendenti con due anni nell’area dell’alta qualificazione. Si tratta di una via alternativa che punta a riconoscere i meriti maturati nel tempo, introducendo una procedura di selezione articolata in più fasi: una prima, comparativa, per individuare i candidati idonei a un incarico temporaneo, e una seconda, basata sull’osservazione e valutazione del lavoro svolto, per l’eventuale conferma definitiva nel ruolo.

Il percorso per la dirigenza di prima fascia seguirà un modello analogo, con l’assegnazione del 50% dei posti attraverso la nuova procedura, che coesisterà con gli altri due canali già esistenti: il corso-concorso organizzato dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), che continuerà a coprire metà dei posti, e i concorsi ordinari banditi dalle singole amministrazioni, ai quali resterà il restante 20%.

Commissioni indipendenti e nuove garanzie

Per garantire imparzialità, trasparenza e pari opportunità, il disegno di legge prevede che le selezioni per l’assegnazione degli incarichi dirigenziali siano gestite da commissioni autonome, composte da sette membri. Quattro di essi saranno dirigenti generali della stessa amministrazione, mentre gli altri tre verranno scelti tra esperti esterni provenienti da altre PA o dal settore privato, uno dei quali svolgerà il ruolo di presidente. Non mancano le cautele per evitare conflitti di interesse: i commissari saranno estratti a sorte e non potranno far parte della commissione per due mandati consecutivi. Inoltre, non avranno diritto di voto né il dirigente sovraordinato al candidato né il componente dell’organismo indipendente di valutazione che parteciperanno ai lavori in qualità di osservatori.

Un Albo nazionale di esperti in valutazione del personale, istituito presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, faciliterà l’individuazione dei professionisti da coinvolgere nelle commissioni.

Le prove di selezione

Il nuovo modello di selezione prevede due fasi iniziali. Nella prima, si analizzerà la performance pregressa del candidato e il suo comportamento organizzativo. Saranno determinanti sia un colloquio motivazionale-attitudinale sia una relazione dettagliata, firmata dal dirigente superiore, che illustri le capacità di leadership dimostrate.

Seguirà una seconda prova, di natura esperienziale, pensata per valutare la capacità di affrontare situazioni complesse e prendere decisioni efficaci. Solo chi supererà entrambe le fasi potrà accedere a un incarico dirigenziale a tempo determinato, con durata massima di tre anni, eventualmente rinnovabile una sola volta, e sempre subordinato a una nuova valutazione favorevole.

L’inserimento definitivo nella dirigenza avverrà solo dopo quattro anni di incarico e previa ulteriore verifica positiva della qualità del lavoro svolto. In questo modo, l’accesso alla leadership pubblica sarà il frutto di un percorso concreto di crescita e responsabilità.

Una PA più attrattiva e al passo con l’Europa

Secondo il ministro Zangrillo, la portata del disegno di legge è “storica”. Il nuovo approccio alla gestione del personale rappresenta un salto di qualità nella cultura organizzativa del settore pubblico, che non solo migliorerà l’efficienza dei servizi offerti ai cittadini, ma contribuirà anche a rendere l’amministrazione più interessante per i giovani talenti.

Infatti, il legame sempre più stretto tra impegno, risultati e opportunità di crescita, accompagnato da valutazioni trasparenti e coerenti, dovrebbe rendere più competitivo il lavoro pubblico rispetto a quello privato. Un cambiamento che, se attuato pienamente, potrà contribuire anche a contrastare il cronico invecchiamento del personale nelle amministrazioni, favorendo un ricambio generazionale qualificato.

Verso una nuova cultura del lavoro pubblico

Il disegno di legge Zangrillo, articolato in 14 articoli, costituisce un tentativo organico di aggiornare e potenziare l’intero sistema delle risorse umane della Pubblica Amministrazione. Con la sua attenzione alle competenze trasversali, la volontà di premiare davvero il merito e la spinta verso una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti, il provvedimento si propone di creare ambienti di lavoro più dinamici, motivanti e orientati al risultato.

In definitiva, si tratta di una riforma che mira a restituire centralità al valore delle persone all’interno delle strutture pubbliche. La sfida, ora, sarà quella della concreta attuazione: tradurre le buone intenzioni in pratiche quotidiane che rendano più efficace, giusta e moderna la macchina amministrativa italiana.

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