Diplomazia e affari a Riad. Trump: al lavoro per Gaza: "La guerra deve finire"

Ma Israele bombarda la Striscia, nel mirino il nuovo capo militare di Hamas. E Netanyahu va avanti: "Non ci sarà alcuna situazione in cui ci fermeremo" .

Mag 14, 2025 - 07:22
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Diplomazia e affari a Riad. Trump: al lavoro per Gaza: "La guerra deve finire"

"La gente di Gaza merita un futuro migliore. Continuiamo a lavorare per porre fine a questa guerra il più rapidamente possibile" e "per riportare indietro tutti gli ostaggi tenuti da Hamas", dichiara enfaticamente Donald Trump a Riyad, alla platea di sceicchi del Saudi-Us Investment Forum che lo applaude davanti al principe ereditario Mohammed bin Salman dopo un omaggio senza precedenti: "Davanti ai nostri occhi – osserva Trump – una nuova generazione di leader sta trascendendo gli antichi conflitti e le stanche divisioni del passato e sta forgiando un futuro in cui il Medio Oriente è definito dal commercio, non dal caos; dalla tecnologia, non dal terrorismo; e dove persone di nazioni, religioni e credi diversi costruiscono città insieme". Ancora: gli Stati Uniti "sono pronti ad aiutare il Libano a creare un futuro di sviluppo e pace con i suoi vicini" (altro battimani) e a disporre la "revoca delle sanzioni" alla Siria dopo "tanta miseria e morte". Di più: "Voglio raggiungere un accordo con l’Iran. Ma se la leadership iraniana rifiuta questo ramoscello d’ulivo e continua ad attaccare, non avremo altra scelta che esercitare la massima pressione": gli iraniani "non potranno mai avere il nucleare", è la sentenza del giorno (con fragorosi applausi).

L’odore dei soldi delle petromonarchie inebria The Donald. Ammesso nel forziere saudita, blandito dalle ricchezze emiratine, sedotto dal nuovo e lussuoso Air Force One che il Qatar vuole regalargli (con raccapriccio del popolo Maga che parla di "corruzione"), il Trump d’Arabia vive ore principesche. Sembra più a suo agio tra gli sfarzi del Golfo che alla Casa Bianca. Firma accordi per 650 miliardi di dollari (in parte esecutivi, in parte da implementare – 142 miliardi riguardano armi). E accompagnato da ceo del calibro di Elon Musk, Mark Zuckerberg, Sam Altman, Larry Fink e John Elkann, esalta le monarchie del Golfo dove una "nuova classe dirigente" persegue "le proprie visioni" e traccia "il proprio destino senza gli "interventismi occidentali" falliti a Kabul e a Baghdad.

La spina della Casa Bianca resta il conflitto israelo-palestinese. Specie dopo il blitz di ieri. L’aviazione di Gerusalemme bombarda un altro ospedale: quello di Khan Yunis, ritenuto "covo di terroristi" (e poi ordina l’evacuazione notturna del Nord di Gaza). Il bilancio parziale è di 28 morti e 70 feriti. Il raid è contro Mohammed Sinwar, fratello ed erede della mente del 7 ottobre. E a nessuno sfugge che l’azione possa rovinare i piani statunitensi a Doha. "Israele non ha avuto il tempo di informare gli Usa dell’attacco. I caccia sono decollati di fretta, un’opportunità improvvisa: se Mohammed Sinwar era lì, è difficile credere che sia sopravvissuto", fa sapere una fonte qualificata, ma mancano conferme sia dell’Idf sia di Hamas. "Non ci sarà alcuna situazione in cui ci fermeremo", è la linea del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo la testata Haaretz, oggi in Qatar Trump vorrebbe annunciare "il rilascio degli ostaggi e la fine della guerra". Più probabilmente dovrà ripiegare su una dichiarazione unilaterale per porre fine al conflitto e puntare il dito contro chiunque la ostacoli.

Dal programma sconfinato della trasferta in Medioriente, il tycoon – ancora gabbato da Vladimir Putin – sembra escludere i colloqui russo-ucraini di domani a Istanbul (dove spedisce il segretario di Stato Marco Rubio con i consiglieri Steve Witkoff e Keith Kellogg), e salvo novità, mantiene l’idea di evitare il fuori programma in Israele, così da aggiungere altra pressione a Netanyahu dopo la liberazione in solitaria dell’ostaggio americano Idan Alexander. Ma l’incontro col giovane del New Jersey non ci sarà. Trump dovrà accontentarsi della cordiale telefonata di ieri. E del piatto diplomatico del giorno: il bilaterale – spinto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan – con l’ex qaedista e neopresidente siriano Ahmed Hussein al-Sharaa.