L’analisi dell’economista: "Uscire dal fondo è una sciagura"

Simoni, docente della Luiss: "I mercati potrebbero aggredirci e saremmo ai margini dell’Europa"

Mag 14, 2025 - 07:22
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L’analisi dell’economista: "Uscire dal fondo è una sciagura"

Ancora il Mes, dove eravamo rimasti?

"Facciamo un po’ di storia – risponde Marco Simoni (foto), docente di Politica economica europea alla Luiss –. Il Mes, quello storico, esiste già da tempo. Venne istituito nel 2012, al tempo della prima crisi finanziaria, ed è stato usato da cinque Paesi: Grecia, Spagna, Cipro, Irlanda e Portogallo. Ora stiamo discutendo della riforma del Mes, firmata nel 2021, ma che ancora non è stata ratificata dall’Italia. Siamo gli unici in Europa, ed è un po’ un dito nell’occhio per tutti gli altri Paesi".

Ma perché serve ancora?

"È nato all’indomani della crisi del debito e fa parte di quelle istituzioni create in piena emergenza finanziaria per prevenire l’insorgere di nuove situazioni critiche. Per semplificare, è un fondo che dice ai singoli Paesi una cosa molto semplice: se siete in difficoltà, sarete aiutati. Anzi, l’esistenza stessa del fondo tende a diminuire la probabilità di crisi del debito. Come a dire: è uno strumento fatto proprio per non essere usato. Tra l’altro ha una dotazione notevole, che arriva a 700 miliardi, per la quale l’Italia è il terzo Paese contribuente".

Che cosa cambia con la riforma del Mes?

"Con la riforma, le competenze del Mes sono state ampliate. Quindi, oltre ad aiutare soltanto gli Stati, può intervenire anche a favore delle banche: diventa un paracadute per i singoli istituti. Anche in questo caso, non è obbligatorio usarlo e serve, unicamente, a scoraggiare gli eventuali speculatori".

Però, se dovessimo usarlo, rischieremmo di fare la fine della Grecia, con l’arrivo della Troika e con i sacrifici lacrime e sangue?

"Non è così. Tanto per cominciare, la Troika non esiste più: agisce il Mes in prima persona, che è un meccanismo intergovernativo. Ma, in più, la sua vera funzione resta quella di prevenire e scoraggiare gli speculatori, pronti ad approfittare delle situazioni di debolezza. Ora, il Mes, fino a quando non viene ratificato dall’Italia, resta in un limbo e può operare solo con le vecchie regole".

Ieri Salvini ha ribadito che non lo firmerà mai ed è anche arrivato a proporre l’uscita dell’Italia dal Mes. Sarebbe tecnicamente possibile?

"Sì, perché è un’istituzione autonoma rispetto alla Commissione europea. Non è come l’uscita dall’Unione. Ma, detto questo, sarebbe una sciagura – e non solo perché così l’Italia si metterebbe ai margini dell’Europa".

Quali rischi corriamo?

"Un minuto dopo la nostra uscita potremmo essere attaccati dai mercati. Non dobbiamo mai dimenticare l’enorme fardello di debito pubblico che abbiamo sulle spalle. Del resto, se dieci anni fa si potevano alzare le spalle rispetto a un’eventuale uscita dall’Europa, perché ci si basava solo sulle proiezioni degli esperti, oggi possiamo toccare con mano gli effetti di una simile scelta. Basta vedere quello che è successo in Gran Bretagna, che sta vivendo uno dei peggiori momenti economici della sua storia. Insomma, allontanarsi dall’Europa porta solo problemi giganteschi".

Non è ancora più rischioso nel momento in cui bisogna anche fronteggiare i dazi di Trump?

"Il tema è ancora più ampio. In questo momento, nel mondo, si confrontano tre blocchi: l’America, la Cina e l’Europa. Il modello degli Usa è quello del Far West, della deregolamentazione. Il modello cinese è quello del capitalismo controllato dal partito unico. Noi siamo la terra delle diversità e della bellezza, dove nazioni molto differenti possono convivere l’una con l’altra. Ma se ci allontaniamo dalla nostra identità e ci dividiamo, rischiamo di fare la fine dei polli nella giungla: vengono mangiati dai più forti"