Ddl Spazio: la legge che rischia di far litigare Musk e Meloni su Starlink

È la prima norma mai discussa dal Parlamento italiano per regolare le attività economiche al di fuori del nostro Pianeta ma è già diventata un caso politico. Il disegno di legge contenente “Disposizioni in materia di economia dello spazio”, firmato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro delle Imprese e del made in […]

Mar 7, 2025 - 12:34
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Ddl Spazio: la legge che rischia di far litigare Musk e Meloni su Starlink

È la prima norma mai discussa dal Parlamento italiano per regolare le attività economiche al di fuori del nostro Pianeta ma è già diventata un caso politico. Il disegno di legge contenente “Disposizioni in materia di economia dello spazio”, firmato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, dovrebbe infatti non solo legiferare in materia di attività spaziali condotte sul nostro suolo o da operatori italiani all’estero ma regolamentare anche l’accesso al cosmo da parte dei privati, uno in particolare.

Il fattore M
L’elefante nella stanza, per parafrase un’espressione anglofona, è sempre lui: Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, membro di fatto dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump, l’unico a cui risponde, e patron, tra l’altro, di colossi come Tesla, X e Space X, che fornisce  il prezioso servizio di comunicazione satellitare Starlink e non solo. Ma cosa c’entra il “Ddl Spazio” con Musk?

Tra le questioni che intende risolvere la proposta di legge, licenziata dal Consiglio dei ministri a giugno scorso, presentata alla Camera a settembre, approdata in Commissione attività produttive a fine ottobre e infine in aula all’inizio di questo mese, c’è anche la cosiddetta “riserva di capacità trasmissiva nazionale”, ossia una rete di comunicazioni sicure per il sistema Difesa e per la nostra diplomazia in caso di emergenza (crisi infrastrutturali, guerre, etc). L’unica in grado di fornire questo servizio, con la sua costellazione (la più grande del mondo) di oltre settemila satelliti operativi a bassa quota nell’orbita terrestre, è proprio l’azienda di Musk, Space X, con il suo Starlink, concesso da tre anni dall’uomo più ricco del mondo alle forze armate dell’Ucraina per comunicare malgrado gli attacchi dell’invasore russo.

L’alternativa made in Europe infatti è la rete Iris2, che è ancora in fase progettuale ed è pure in ritardo sulla tabella di marcia: inizialmente i primi lanci erano previsti per il 2027 ma non se ne dovrebbe fare nulla fino al 2030. Insomma, volenti o nolenti, con Musk bisognerà fare i conti per forza. Il timore, soprattutto da parte dell’opposizione, è consegnarsi mani e piedi a un soggetto privato estero, per di più non europeo, con cui – finché durerà il suo rapporto privilegiato con la Casa bianca – sembra quasi impossibile poter dialogare da pari a pari. Una preoccupazione finora respinta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, scelta proprio da Musk per consegnare (nel settembre scorso) il Global Citizen Awards dell’Atlantic Council, assegnato ogni anno a personalità distintesi a livello globale.

Il rapporto tra i due però risale già all’anno precedente: a dicembre 2023 il patron di Tesla e Space X aveva infatti presenziato alla kermesse di Fratelli d’Italia a Roma in virtù, secondo l’entourage della leader di FdI, di «un rapporto personale, di stima reciproca, collaborazione e cooperazione». D’altra parte, in una lunga intervista concessa a gennaio a Sette, Meloni aveva definito Musk «un uomo geniale (…), una grande personalità del nostro tempo, un innovatore straordinario, (…) con lo sguardo rivolto sempre al futuro». Non certo un rischio per la sicurezza. «Valuto l’utilità di ogni investimento con la lente dell’interesse nazionale, non con quella delle idee politiche o dell’amicizia di chi investe. Questo lo facevano altri. La bussola della mia azione è la difesa dell’interesse nazionale», aveva spiegato la premier, fugando ogni dubbio sui rischi di affidarsi al servizio offerto da Musk. «E questo include, ovviamente, anche la necessità di contemperare le istanze di partecipazione e innovazione con le esigenze di sicurezza. Ma è un ragionamento che si applica a chiunque voglia investire in Italia, indipendentemente dal nome che porta l’azienda». Parole al miele che però non hanno convinto l’opposizione, che già dall’anno scorso è salita sulle barricate per evitare di finanziare Starlink con i soldi del Pnrr.

Il precedente della banda larga
L’esecutivo infatti aveva avanzato l’ipotesi di ricorrere al servizio offerto da Space X per coprire anche le aree più remote del Paese e colmare così i ritardi del Piano Italia a 1 Giga (finanziato con un totale 3,65 miliardi di euro) al fine di raggiungere gli obiettivi in termini di connettività con la banda ultralarga del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). «Il Governo sta esplorando ogni opzione idonea a garantire nell’immediato connettività a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni soprattutto in quelle aree del Paese che potrebbero rimanere scoperte», aveva spiegato a fine ottobre in Parlamento la sottosegretaria del ministero delle Imprese e del made in Italy, Fausta Bergamotto, rispondendo a un’interrogazione parlamentare del deputato del Pd, Andrea Casu, vicepresidente della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera. «Nello specifico si sta valutando la tecnologia satellitare come complemento alle tecnologie esistenti per assicurare che nessuna zona del Paese venga lasciata indietro nel percorso di completa digitalizzazione nazionale. Tali valutazioni prescindono dagli operatori potenzialmente interessati che potrebbero essere coinvolti solo all’esito di procedure ad evidenza pubblica secondo le norme vigenti in materia». Insomma, sì a Starlink ma solo con una gara pubblica.

Procedura a cui, secondo le regole, Space X non potrebbe comunque partecipare. Come spiegato anche dalla rivista Wired, Starlink garantisce una velocità di download compresa tra 120 e 250 megabit al secondo (Mbps) mentre, come spiega lo stesso nome dell’iniziativa, il bando del Piano Italia a 1 Giga prevede una velocità attesa pari ad almeno 1 Gbps in download e 200 Mbps in upload. «Abbiamo aspramente contrastato il ricorso alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per finanziare una connessione satellitare attraverso Starlink», ha ricordato a TPI il deputato Casu del Pd. «Abbiamo spiegato in ogni sede che non era possibile modificare un bando e rendere un servizio peggiore rispetto a quello che si doveva realizzare esclusivamente per consentire a un soggetto di beneficiarne: bisogna dire che le ultime dichiarazioni del Governo sono andate nella direzione della salvaguardia dell’obiettivo originario del piano». Una vittoria che però non toglie dal tavolo quello che da molti è considerato un “problema”. «Non possiamo farci schiacciare da un singolo monopolista», ci ha spiegato il deputato Alberto Pandolfo del Pd, riferendosi al possibile ruolo giocato dalle aziende di Elon Musk nelle comunicazioni italiane.

L’articolo più discusso
Qui torniamo al Ddl Spazio, approdato il 3 marzo in aula alla Camera dopo quattro mesi di audizioni, discussioni e centinaia di emendamenti al testo presentati dalla maggioranza e dall’opposizione in Commissione attività produttive. Il principale oggetto del contendere è stato l’articolo 25, che prevede l’istituzione di una «riserva di capacità trasmissiva nazionale attraverso comunicazioni satellitari, finalizzata a garantire, in situazioni critiche o di indisponibilità delle principali dorsali di interconnessione delle reti terrestri, un instradamento alternativo e con velocità di trasmissione adeguata alle comunicazioni tra nodi di rete strategici per applicazioni di natura governativa o di interesse nazionale, ivi incluse le funzionalità e le comunicazioni del cloud nazionale». Un obiettivo strategico che però, per come formulato, fa temere alle opposizioni possa tramutarsi in una porta spalancata per l’azienda di Musk.

Per questo, il Pd e Azione avevano presentato una serie di emendamenti, sottoscritti da tutti i gruppi di opposizione e bocciati dalla maggioranza, che puntavano in primis a dare priorità «ai soggetti istituzionali europei» e poi ad assicurarsi che tra i fornitori del servizio ci fossero soggetti «con una partecipazione pubblica, per garantire la sicurezza». Una sorta di «crociata anti-Musk», come l’ha definita il referente in Italia dell’uomo più ricco del mondo, Andrea Stroppa.

Un’accusa respinta al mittente dall’opposizione. «Facciamo un po’ di chiarezza: quegli emendamenti, in linea di principio, non escludevano nessuno ma ponevano una serie di paletti a tutela della sicurezza nazionale e indicavano come strada prioritaria quella degli investimenti nei progetti europei. La maggioranza può benissimo decidere di bocciarli ma deve spiegarne il motivo», ha detto a TPI il deputato Vinicio Peluffo, capogruppo del Pd alla Commissione attività produttive della Camera. «La priorità deve essere la tutela dell’interesse nazionale ma anche di un ruolo centrale dello Stato in una materia così delicata come la riserva di capacità trasmissiva. La maggioranza invece vuole dare carta bianca a Starlink. Sarebbe un errore inaccettabile».

Priorità in parte condivise anche da FdI, che alla fine ha votato due emendamenti al Ddl Spazio proposti dal Pd e passati all’unanimità. «Quando parliamo di sicurezza su un terreno così ignoto, dobbiamo preservare e incentivare la capacità italiana. Poi, se non vi sono determinate caratteristiche, si può anche guardare altrove, ma sempre adottando le adeguate precauzioni. Questo deve essere l’obiettivo di chi scrive la legge, senza escludere nessuno. Anche perché il percorso è lungo: dopo la norma ci saranno i decreti attuativi, etc. Insomma non finisce qui», ha commentato a TPI il deputato Alberto Pandolfo del Pd. Un obiettivo già, in parte, annunciato dal Governo a inizio gennaio. «SpaceX è un operatore che riunisce requisiti e possiede capacità necessarie per offrire il servizio in parola», aveva spiegato il ministro della Difesa Guido Crosetto rispondendo a un’interrogazione di Avs alla Camera. «Ma questo non esclude che un Paese sovrano e tecnologicamente avanzato come il nostro possa gestire l’instradamento e la cifratura dei suoi dati sensibili utilizzando apparati e tecnologie proprietarie, a ulteriore tutela degli interessi nazionali». Un’intesa che però ha fatto sollevare le critiche del rappresentante in Italia di Musk, rischiando di far litigare Elon e Giorgia.

La polemica continua
«Per chi non ha seguito la nascita della legge italiana sullo spazio: questa regola anche la parte sulle comunicazioni satellitari», aveva denunciato Stroppa sui social, che prima aveva avvisato gli «amici di FdI»: «Evitate di chiamarci per conferenze o altro». «In questi mesi c’è stato un valzer tra “tecnologie europee” e tecnologie dei “Paesi Nato”. A un certo punto stavano per vietare tutte le tecnologie non europee, come Starlink. Poi si sono resi conto che sarebbero stati gli unici in Europa e nell’Occidente a fare una cosa del genere e si sono fermati. Peraltro, senza un motivo reale: Starlink non è il giocattolo della politica. Il Pd ha impostato il suo contributo alla legge come una crociata anti-Musk, e FdI gli è andata dietro».

Parole di fuoco a cui ha risposto uno dei relatori in commissione di Fratelli d’Italia, Andrea Mascaretti, presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Space economy: «Invito chiunque avesse dei dubbi ad andare a leggersi la legge, a vedere i veri contenuti, a studiarla», ha commentato a Formiche. «Vedrà che vengono meno gli elementi di polemica». «È una polemica assolutamente priva di fondamento, perché sono stati approvati all’unanimità due emendamenti che parlano di tutt’altro», ha spiegato lo stesso Mascaretti all’agenzia di stampa AGI. «Gli emendamenti che vengono citati, riferiti all’articolo 25 e approvati all’unanimità, con il voto di tutti i gruppi politici, non introducono nulla di nuovo, ma rafforzano i concetti di sicurezza nazionale e di ritorno industriale per il sistema Paese, già espressi nella legge», che «ha un solo beneficiario: l’interesse nazionale: se qualcuno dice il contrario o non ha letto il testo oppure è in malafede».

In effetti, dopo aver tenuto banco per un paio di giorni sulle prime pagine dei quotidiani, la questione sembra essersi smorzata. Ma non in Parlamento. «Chiediamo alla presidente del Consiglio non solo di dimostrare nei fatti quello che ha sempre rivendicato, cioè di non essere ricattabile, ma anche di non essere comandabile con un post sui social», ha dichiarato alla Camera il deputato Casu del Pd durante la discussione del Ddl Spazio in aula e dopo aver ripresentato alcuni emendamenti, già bocciati in Commissione.

Sul tema però la premier finora non si è espressa. A ricordarle l’importanza del contributo di Space X invece ci ha pensato ancora Stroppa. «Il ricevitore LuGRE, simbolo dell’eccellenza tecnologica spaziale italiana, ha raggiunto la Luna a bordo del lander Blue Ghost», aveva esultato il capo del governo sui social poco prima della presentazione in aula del Ddl Spazio. «Festeggiamo un grande successo, frutto di una straordinaria sinergia tra pubblico e privato – in particolare tra ASI, Qascom e Politecnico di Torino – che rafforza il ruolo di primo piano dell’Italia nel panorama spaziale internazionale». «Grazie a SpaceX, azienda statunitense di Elon Musk, per aver lanciato Blue Ghost», le ha subito ricordato Stroppa.