Cosa può dirci Star Trek sugli alieni nella Via Lattea? La risposta di Mark Brake

Mark Brake è un affermato divulgatore scientifico e membro fondatore dell’Astrobiology Institute Science Communication Group della NASA. Per la nostra rubrica domenicale Futuro da sfogliare ci anticipa alcuni temi del suo ultimo libro: "La scienza di Star Trek", edito da Apogeo

Mar 23, 2025 - 04:39
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Cosa può dirci Star Trek sugli alieni nella Via Lattea? La risposta di Mark Brake

Cosa possono dirci il capitano Kirk e Spock sulle altre forme di vita, senzienti e non, nella nostra Via Lattea? Come possono aiutarci nella ricerca di altri pianeti abitabili? Quali invenzioni tecnologiche di Star Trek si sono avverate nella realtà? L’ultimo libro di Mark Brake, La scienza di Star Trek, edito da Apogeo risponde a queste e altre domande, illustrando l’universo fantascientifico di una delle serie di maggior successo di tutti i tempi, con una comunità di appassionati unica al mondo.

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“Spazio, ultima frontiera. La USS Enterprise intraprende una missione quinquennale per esplorare la Galassia”. Ogni puntata di Star Trek è sempre iniziata così. Come gli Universi-isola, le galassie sono sciami di Soli alla deriva nell’oceano dello spazio-tempo. Ogni galassia è un enorme agglomerato di stelle, polvere, gas e mate- ria ed è vincolata dalla gravità. E, collettivamente, le galassie sono le cellule che compongono la struttura su larga scala del corpo cosmico dell’Universo.

Gli eventi naturali della dinamica galattica si svolgono da decine di milioni di anni, eppure il nostro concetto moderno di Galassia si è sviluppato da appena cento anni. Il 26 aprile 1920, presso lo Smithsonian Museum of Natural History, si svolse il “Grande Dibattito” sull’astronomia. La posta in gioco era proprio la misurazione umana delle dimensioni reali dell’Universo stesso.

Durante il dibattito, un astronomo, Harlow Shapley, sosteneva che la nostra Galassia della Via Lattea costituisse la totalità dell’Universo. Il suo avversario, Heber Curtis, sosteneva che la grande nebulosa a spirale di Andromeda e altre “nebulose” simili fossero in realtà galassie separate, o “Universi-isola”, un termine originariamente coniato dal filosofo tedesco del Diciottesimo secolo Immanuel Kant, uno dei primi a credere che le “nebulose a spirale” potessero essere extragalattiche.

la scienza di star trek copertina

Solo più tardi, negli anni Venti, un astronomo americano probabilmente ben più famoso, Edwin Hubble, dimostrò che molte nebulose, che si pensava fossero nubi di polvere e gas o singole stelle in formazione, fossero in realtà galassie esterne alla nostra Via Lattea. Per molti anni si ritenne che il numero di galassie nell’Universo osservabile si aggirasse intorno ai 200 miliardi, ma, come riportato dal New York Times nell’ottobre 2016, gli astronomi moderni sti- mano la presenza di 2 trilioni di galassie cosmiche.

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Come minimo. Star Trek: Picard verifica questo nuovo numero di galassie nel quarto episodio “L’assoluta verità”, quando la dottoressa Agnes Jurati riflette sulla natura dello spazio: “Ci sono un quadrilione di pianeti conosciuti, quindi forse [lo spazio] lo dovremmo chiamare «vasta quantità di roba»”. Per alcuni, la vastità del cosmo risulta terrificante.

Di certo preoccupava il poeta vittoriano Alfred Tennyson, anche se all’epoca si sapeva ancora poco e nulla sulla cosmologia moderna. Nel 1855, Tennyson scrisse la poesia “Vastness” in cui dichiarava: “La pallida storia di questa povera Terra si svolge… cos’è se non un problema di formiche nello splendore di un milione di milioni di soli?” La popolazione della Via Lattea non si avvicina ai livelli inebrianti del milione di milioni di Soli di Tennyson. Il vecchio miliardo britannico (equivalente a un milione di milioni) ha perso la battaglia contro il miliardo americano (di appena mille milioni).

Si ritiene che la Via Lattea, casa del nostro Sole, contenga tra i 100 e i 400 miliardi di Soli e più di 100 miliardi di pianeti. Invece di essere turbati come Tennyson da tale vastità, gli implacabili esploratori di Star Trek vanno alla ricerca di strani, nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà.

Star Trek: una Galassia affollata

Nell’Universo Star Trek, la Via Lattea pullula di vita aliena. La Ga- lassia è divisa in quattro quadranti: Alfa, Beta, Gamma e Delta (le prime quattro lettere dell’alfabeto greco). Ogni quadrante comprende all’incirca un quarto della Galassia Star Trek e ogni quadrante è diviso in migliaia di settori. Come ben sappiamo, le quattro grandi potenze del quadrante Alfa sono la Federazione dei Pianeti Uniti, l’Unione dei Cardassiani, l’Impero Klingon e l’Impero Stellare Romulano, anche se, a quanto pare, queste ultime due potenze imperiali detengono la maggior parte del loro territorio nel quadrante Beta.

Il centro galattico è l’intersezione di tutti e quattro i quadranti (anche i veri astronomi dividono la nostra Galassia in quadranti. Qual è la principale differen- za tra i quadranti reali e quelli inventati? I quadranti galattici in astro- nomia si basano su un’asse perpendicolare che passa dal Sole, mentre il sistema di Star Trek è molto meno geocentrico; si basa su un’asse che passa dal centro galattico. In breve, Star Trek è meno campanilista e più progressista!). Guardare Star Trek ci fa sorgere una domanda piuttosto complessa.

Se la nostra Via Lattea fosse simile alla Galassia Star Trek, sarebbe possibile, qualora la nostra Galassia pullulasse di civiltà spaziali, avere mondi isolati e mai visitati come il nostro? È possibile che la Terra rimanga semplicemente, per il momento, inesplorata da un’intelligenza aliena? L’incoraggiante risposta scientifica a questa domanda è un fragoroso sì! Ecco una sintesi di ciò che stiamo per argomentare: le previsioni scientifiche suggeriscono che, qualora nella Galassia esistessero specie aliene in grado di spostarsi da un pianeta all’altro, esse potrebbero diffondersi nella Via Lattea con una certa rapidità, cosmicamente parlando. Perché non abbiamo trovato prove innegabili di visite extraterrestri sulla Terra?

Perché l’insediamento galattico avviene a ondate. E l’umanità è sorta su un pianeta relativamente remoto durante una momentanea sospensione dell’esplorazione galattica. Oceano terrestre, oceano galattico Prima di esaminare più nel dettaglio l’oceano galattico, prendiamo in considerazione i nostri oceani d’acqua terrestri e la storia del HSM Bounty. Varato nel 1784, il Bounty era un piccolo vascello mercantile che la Marina Reale britannica acquistò per una missione botanica. Come noto, il Bounty fu inviato nell’Oceano Pacifico sotto il comando del capitano William Bligh, ma la missione non fu mai portata a termine. Un ammutinamento guidato dal tenente in carica Fletcher Christian tolse il comando della nave a Bligh e gli ammutinati si sta- bilirono sulle isole locali.

Mark Brake
Mark Brake

Alcuni lettori potrebbero ricordare le rap- presentazioni cinematografiche dell’ammutinamento del Bounty, in cui Christian è interpretato da Marlon Brando (1962) e Mel Gibson (1984). In Star Trek IV: Rotta verso la Terra, vediamo la scritta “HMS BOUNTY” dipinta a grandi lettere rosse lungo la fiancata dello Spar- viero Klingon, mentre Kirk scrive sul suo Diario del Capitano: “E come quegli ammutinati di cinquecento anni fa, anche noi abbiamo una difficile decisione da prendere”.

Nel gennaio 1790, nove ammutinati del Bounty, insieme a 18 tahitiani e a un bambino, sbarcarono sull’isola di Pitcairn, uno dei luoghi più remoti ma abitabili del pianeta. Situata alla deriva nell’Oceano Pacifico meridionale, con centinaia di chilometri di mare a separarla dalle isole più vicine, Pitcairn è un’isola a sé stante. Gli ammutinati erano le prime persone a visitare Pitcairn da molto tempo. L’isola non era più stata occupata dall’uomo dal Quindicesimo secolo, dopo esse- re stata precedentemente abitata dai Polinesiani, prima che l’ecologia diventasse semplicemente insostenibile.

Ma ecco il punto: dopo l’arrivo degli ammutinati del Bounty nel 1790, passò quasi un’altra gene- razione prima che altre navi gettassero l’ancora sull’isola di Pitcairn. Sebbene i coloni del Bounty abbiano visto delle navi passare in lontananza, nessuno mise piede sulla terraferma. Per alcuni lettori potrebbe essere una sorpresa sapere che la Nuova Zelanda è stata una delle ultime grandi masse terrestri ad essere stata colonizzata dall’uomo.

Varie tecniche, tra cui la datazione al radiocarbonio, le prove di deforestazione e le sfumature del DNA mitocondriale nelle popolazioni Maori locali, suggeriscono che la Nuova Zelanda venne colonizzata per la prima volta dai Polinesiani orientali già nel 1300. Un dato notevole, se consideriamo che gli archeologi e i genetisti demografici ritengono che gli indigeni australiani abbiano abitato il continente australiano per ben 65.000 anni prima della “scoperta” europea (per dare una misura di quanto siano vicine le due terre, durante gli incendi australiani alla fine del 2019 e all’inizio del 2020, i cieli sopra la Nuova Zelanda hanno assunto un colore a tratti arancione e a tratti scuro e cupo a causa del fumo residuo).

Queste sono le dinamiche insolite dell’occupazione umana. L’Isola di Pasqua (Rapa Nui) è l’isola abitata più remota al mondo. L’uomo ha impiegato quasi tutta la storia per arrivarci. I Polinesiani sono stati i più grandi esploratori dell’oceano nella storia mondiale e la loro abilità nella navigazione con canoe a doppio scafo su vaste distese di mare rappresenta uno dei più grandi trionfi della storia umana. Hanno colonizzato la Nuova Zelanda, le Hawaii e molte altre isole remote nel Pacifico.

Le storie di Pitcairn e della Nuova Zelanda sono tutt’altro che uniche. In tutto il Pacifico meridionale ci sono migliaia di isole essen- zialmente sperdute in milioni di chilometri quadrati di mare. Molte di queste isole possono essere costituite da semplici rocce e coralli, naturalmente. Altre, come Pitcairn, possono vantare ecologie abitabili ma nessun abitante umano. Ma, come le stelle nello spazio interstellare, queste isole sono costellazioni di potenziali insediamenti per coloro che sono abbastanza motivati da navigare nello spazio che le separa.

Così fino alle stelle

Come si applica questo esempio del Pacifico meridionale terrestre alla Galassia Star Trek e alla nostra Via Lattea? I parallelismi sono sorprendenti. Come già detto in precedenza, la stima del numero di stelle nella nostra Galassia indica una popolazione stellare di ben 400 miliardi di Soli.

Le ultime stime dei cercatori di esopianeti della NASA suggeriscono che la Galassia ospiti più di dieci miliardi di mondi rocciosi abitabili all’interno degli oceani della Via Lattea. Come le isole disseminate come dei puntini negli oceani della Terra, questi esopiane- ti sono possibili stazioni di vita. Potrebbero fornire una serie di tram- polini di lancio per qualunque specie abbia l’esigenza di navigare nello spazio galattico. Questo paragone è piuttosto determinante per la nostra argomentazione.

Gli europei alla fine scoprirono che i Polinesiani avevano attraversato migliaia di chilometri del Pacifico meridionale su semplici imbarcazioni, navigando tranquillamente a una velocità di pochi nodi. Allo stesso modo, la migrazione galattica potrebbe essere effettuata con navicelle spaziali relativamente semplici e, naturalmente, con una quantità sufficiente di tempo cosmico (quando ripensiamo alle missioni Apollo, relativamente sofisticate dal punto di vista della tecnologia del Ventunesimo secolo, spesso ci stupiamo delle navicelle rudimentali e semplici che per prime hanno portato gli astronauti sulla Luna).

Il Paradosso di Fermi

Questo modo semplice di procedere fornisce anche una nuova risposta al cosiddetto Paradosso di Fermi. Secondo la leggenda, nel 1950, durante un pranzo con i colleghi, in risposta alla domanda circa l’esistenza di intelligenze extraterrestri, il fisico premio Nobel Enrico Fermi esclamò: “Ma dove sono tutti?”. In effetti, dov’erano tutte le specie di viaggiatori spaziali che, secondo la maggior parte della fantascienza, avrebbero dovuto affollare il cosmo?

Il ragionamento di Fermi era il seguente: a meno che la vita aliena non fosse rara, un’ipotesi che i biologi talvolta avanzano, gli extraterrestri tecnologicamente avanzati avrebbero dovuto diffondersi nella Galassia. Eppure, non ci sono prove credibili a tale riguardo (a parte la strana storia dei Grigi che si insinuano fra gli hippy strafatti ai festival rock). Fermi era noto per la sua prontezza di spirito. Dopo tutto, aveva vinto un premio Nobel. E durante il pranzo, con una battuta, sembrava aver capito che la migrazione nella Via Lattea potesse avvenire in un istante (a patto che quell’istante fosse di qualche milione di anni!).

star trek
La “ciurma” di Star Trek interpretata dagli attori che sono entrati nel mito delle serie televisive

Sin dal 1950, i fisici hanno continuato a perfezionare le loro interpretazioni del Paradosso di Fermi. Per esempio, la continua assenza di alieni sul nostro pianeta. Questa assenza porta alcuni scienziati ad affermare che non esistono altre civiltà tecnologiche nella nostra Galassia. Né tantomeno, suggeriscono audacemente, ce ne sono mai state.

Sembra che il fattore cruciale di questo triste scenario sia il presupposto che una specie extraterrestre impiegherebbe un tempo relativamente breve per navigare attraverso i centomila anni luce della Via Lattea. Sarebbe così persino se, come sostenuto, l’astronave aliena viaggiasse a una velocità inferiore a quella della luce.

Secondo i calcoli effettuati, questi alieni posseduti da uno stimolo verso l’esterno avrebbero potuto visitare ogni angolo del cosmo galattico circostante in pochi milioni di anni; e dato che il nostro sistema solare è qui da quasi cinque miliardi di anni e le ultime stime indicano che l’età della Via Lattea si aggira intorno ai dieci miliardi di anni, queste specie extraterrestri tecnologicamente avanzate avrebbero avuto tutto il tempo di visitare tutti i pianeti abitabili.