Cosa ne pensano le Pmi italiane delle spese militari per riarmare l’Europa

Il 70% degli imprenditori guarda con preoccupazione all’attuale scenario geopolitico, temendo un possibile coinvolgimento diretto dell’Italia o dell’Europa in un conflitto armato nei prossimi anni. Un dato che racconta molto del clima di incertezza in cui, lo scorso 6 marzo, è stato approvato il piano ReArm Europe: un investimento massiccio da 800 miliardi di euro […] L'articolo Cosa ne pensano le Pmi italiane delle spese militari per riarmare l’Europa proviene da Economy Magazine.

Mag 8, 2025 - 11:20
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Cosa ne pensano le Pmi italiane delle spese militari per riarmare l’Europa

Il 70% degli imprenditori guarda con preoccupazione all’attuale scenario geopolitico, temendo un possibile coinvolgimento diretto dell’Italia o dell’Europa in un conflitto armato nei prossimi anni. Un dato che racconta molto del clima di incertezza in cui, lo scorso 6 marzo, è stato approvato il piano ReArm Europe: un investimento massiccio da 800 miliardi di euro per rafforzare la Difesa comune e l’autonomia bellica dell’Unione Europea.

Ma cosa ne pensa il cuore produttivo dell’Italia del piano?

Per rispondere a questa domanda, I-AER, Institute of Applied Economic Research, in collaborazione con Aida Partners, ha condotto un’indagine su un campione rappresentativo di 658 imprenditori di PMI italiane, analizzando percezioni, aspettative e giudizi rispetto al piano ReArm Europe.

Il campione intervistato si compone per il 90% da imprenditori con più di 40 anni, con una prevalenza netta di aziende situate nel Nord Italia (83%), rispetto a quelle del Sud e Isole (12%) e del Centro (5%).

Riguardo al piano di rafforzamento dell’industria bellica europea, la consapevolezza tra le PMI italiane è sorprendentemente alta: il 94% dichiara di conoscere il piano, anche se il 18% superficialmente.

Ma a cosa è dovuta la preoccupazione di questo ingente investimento nella difesa? Ci sono due specifiche “fazioni”:

1. Un imprenditore su tre teme ripercussioni reali, come distorsioni negli investimenti o riduzione del fatturato.

2. Invece, poco più della metà degli imprenditori non prevede nessun effetto sulla propria impresa ma trova la situazione critica e afferma che lo stato di incertezza rende difficile pianificare investimenti a lungo termine.

Inoltre, secondo gli imprenditori, tra i settori ritenuti più vulnerabili rispetto a un’espansione dell’industria della Difesa emergono cultura e servizi (entrambi al 37%), artigianato (29%), turismo (27%), manifattura (22%) e agroalimentare (21%).

Sull’efficacia e l’opportunità dell’investimento di 800 miliardi di euro, invece, l’opinione è spaccata: il 39% lo considera una scelta giusta e necessaria, mentre il 41% lo giudica sbagliato e controproducente. Il 18% lo ritiene comprensibile ma non prioritario.

“Non stupisce questa differenza – commenta Fabio Papa, professore di economia e fondatore di I-AER – perché il mondo imprenditoriale si interroga su quali siano oggi le vere priorità per la crescita del Paese. La Difesa può essere una di queste, ma va collocata in un quadro di sostenibilità economica”.

Un altro dei nodi centrali riguarda, infatti, l’aumento della spesa italiana per la Difesa, destinata a salire dai 33 miliardi attuali (1,5% del PIL) a 70 miliardi nel 2028 (3% del PIL). Solo il 24% degli imprenditori si dichiara pienamente favorevole a questo incremento, mentre ben il 43% si dice fermamente contrario.

Tra chi esprime dubbi o contrarietà, le preferenze su dove dirottare quei fondi si orientano principalmente verso sanità (53%), innovazione tecnologica e digitalizzazione (52%), istruzione e formazione (51%) e sgravi fiscali per le PMI (43%).

A livello strategico, il 53% delle PMI ritiene che l’Italia debba puntare su una maggiore integrazione europea nella Difesa. Il 41% suggerisce invece un atteggiamento più neutrale, indirizzando le risorse ad altri settori strategici.

Tre evidenze chiave emergono dalla ricerca I-AER sul piano ReArm Europe:
Consapevolezza diffusa, opinioni divise: il 94% delle PMI conosce il piano, ma solo il 39% lo giudica una scelta giusta, il 41% lo considera controproducente.
Scetticismo sull’aumento della spesa militare: solo il 24% è pienamente favorevole al raddoppio della spesa italiana per la Difesa entro il 2028; il 28% preferirebbe destinare quei fondi alla sanità
e il 27% alla digitalizzazione.
Apertura all’integrazione, ma con riserve: il 53% degli imprenditori sostiene una maggiore cooperazione europea in ambito militare, a patto che sia accompagnata da una strategia chiara.

“Questi dati – osserva Papa – ci dicono che le imprese italiane non sono contrarie a un progetto comune europeo, anzi ne riconoscono il potenziale. Ma chiedono che questa integrazione sia funzionale allo sviluppo economico e non fine a sé stessa. In altre parole, la visione strategica deve camminare insieme alla sostenibilità economica e alla concretezza delle possibili ricadute per il sistema produttivo”.

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