Camorra, giovane ucciso a Napoli sapeva che la sua sentenza di morte era stata scritta
Impugnano pistole e kalashnikov e le esibiscono sui social. Su scooter di grossa cilindrata attraversano i quartieri della città mentre si passano le armi da un motorino all'altro. Si spingono fino alla roccaforte di un clan potente come quello dei Mazzarella sapendo che i rivali raccoglieranno la sfida e cosi si affrontano e si sparano in piena notte a pochi passi dal centro storico di Napoli. Il 14 ottobre scorso a terra senza vita rimane un uomo. In realtà, è poco più di un bambino. Emanuele Tufano ha 15 anni. È imparentato con gli uomini del clan che comanda nel quartiere Sanità. La sua vita è già quella di un adulto. A sparargli per errore, si scoprirà, è stato un componente del suo gruppo di giovani criminali. Molti, come lui, ancora minorenni. Anche il clan fa un'indagine interna. La colpa ricade su Emanuele Durante che a 19 anni viene ucciso come un boss mentre è in auto con la sua fidanzata. Due omicidi in uno scenario che diventa sempre più preoccupante. Ma le indagini dei carabinieri svelano un retroscena se possibile ancora più doloroso. Durante sapeva che la sua sentenza di morte era stata scritta. Lo aveva confidato alla madre in un messaggio due mesi prima di essere ucciso: "Mamma, io muoio presto, non dimenticarti di me". Ne aveva parlato anche con il padre. Per 300 euro volevano comprare una pistola. Armarsi per difendersi. Ma lui che a soli 19anni aveva scelto questa strada, senza pensare nemmeno per un attimo di rivolgersi alle forze dell'ordine, ha aspettato la morte.
Impugnano pistole e kalashnikov e le esibiscono sui social. Su scooter di grossa cilindrata attraversano i quartieri della città mentre si passano le armi da un motorino all'altro. Si spingono fino alla roccaforte di un clan potente come quello dei Mazzarella sapendo che i rivali raccoglieranno la sfida e cosi si affrontano e si sparano in piena notte a pochi passi dal centro storico di Napoli. Il 14 ottobre scorso a terra senza vita rimane un uomo. In realtà, è poco più di un bambino. Emanuele Tufano ha 15 anni. È imparentato con gli uomini del clan che comanda nel quartiere Sanità. La sua vita è già quella di un adulto. A sparargli per errore, si scoprirà, è stato un componente del suo gruppo di giovani criminali. Molti, come lui, ancora minorenni. Anche il clan fa un'indagine interna. La colpa ricade su Emanuele Durante che a 19 anni viene ucciso come un boss mentre è in auto con la sua fidanzata. Due omicidi in uno scenario che diventa sempre più preoccupante. Ma le indagini dei carabinieri svelano un retroscena se possibile ancora più doloroso. Durante sapeva che la sua sentenza di morte era stata scritta. Lo aveva confidato alla madre in un messaggio due mesi prima di essere ucciso: "Mamma, io muoio presto, non dimenticarti di me". Ne aveva parlato anche con il padre. Per 300 euro volevano comprare una pistola. Armarsi per difendersi. Ma lui che a soli 19anni aveva scelto questa strada, senza pensare nemmeno per un attimo di rivolgersi alle forze dell'ordine, ha aspettato la morte.