Assegno divorzile: solo se realmente necessario, anche per le donne
lentepubblica.it Se di libera determinazione ed uguaglianza vogliono parlare le donne, seppure ancora lontane da equità retributiva e valorizzazione professionale equa, dovranno essere pronte anche ad una equità nelle modalità di assegnazione dell’assegno divorzile, affinché nessun coniuge si ‘approfitti’ più dell’altro oppure utilizzi ricatti e situazioni contingenti a proprio favore. Sono questi alcuni dei commenti giunti […] The post Assegno divorzile: solo se realmente necessario, anche per le donne appeared first on lentepubblica.it.

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Se di libera determinazione ed uguaglianza vogliono parlare le donne, seppure ancora lontane da equità retributiva e valorizzazione professionale equa, dovranno essere pronte anche ad una equità nelle modalità di assegnazione dell’assegno divorzile, affinché nessun coniuge si ‘approfitti’ più dell’altro oppure utilizzi ricatti e situazioni contingenti a proprio favore.
Sono questi alcuni dei commenti giunti dai social alla recente sentenza che è stata pronunciata a discapito di una giovane donna, in occasione della propria sentenza di divorzio.
Da parte della corte una presa di posizione chiara e precisa, cioè che l’assegno divorzile si deve emettere solo a patto che i presupposti siano reali e che ve ne sia il bisogno, mentre sono motivi d’esclusione l’età e la capacità di lavorare ottenendo un compenso decoroso.
Così si è pronunciata la Corte di cassazione civile, sez. prima, nell’ordinanza n. 10035 del 16/04/2025 scorso, negando l’assegno divorzile alla ex ormai moglie, poichè ancora giovane e in grado di trovare un’occupazione decorosa, scelta questa mai perseguita in modalità seria e organizzata, fin da quando aveva trent’anni. A poco sono servite le richieste della donna, né il fatto che lui, l’ex marito, sia benestante perché mancano i presupposti per riconoscere il contributo economico, visto che non deve escludersi che l’ex moglie possa provvedere in maniera autonoma al proprio sostentamento.
Il caso
Rigetto definitivo della domanda per la signora, sposatasi giovane, a venticinque anni, due figli nel giro di pochi anni, poi a 30anni la separazione. La donna, oggi ne quarantenne, chiede l’assegno divorzile e le viene negato, agli atti le prove che in questi dieci anni lei abbia rifiutato diverse opportunità lavorative propostele dall’ex marito, poiché non abbastanza retribuiti secondo i suoi standard.
Il giudice ha deliberato chiarendo come l’eventuale solidarietà post-coniugale si debba fondare sul principio di autodeterminazione, quindi sulle scelte effettuate consapevolmente dai coniugi, laddove vi siano potenzialità professionali e possibilità di procurarsi autonomamente sostentamento economico vi è l’obbligo di valorizzarle, invece che porre in atto una condotta «deresponsabilizzante e attendista» di chi si limita «ad aspettare opportunità di lavoro, riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale» ha chiarito la Corte. Una donna, nello specifico caso laureata e che in passato, seppure giovanissima, aveva lavorato nelle aziende di famiglia, pur dedicandosi inizialmente ai figli, non è escluso che possa adoperarsi per trovarsi un lavoro autonomo. Nulla di fatto anche sul fronte del concorso alla formazione del patrimonio di lui, vista la troppo breve durata del matrimonio, ed il fatto che l’ex marito abbia ereditato l’impresa dal padre.
Assegno divorzile: anche alle donne solo se realmente necessario
Insomma nel bilancio che redige la sentenza, pesa a sfavore della donna sia l’età ancora giovane al momento del divorzio, sia la responsabilità delle scelte effettuate, l’autodeterminazione, che impone all’ex coniuge di valorizzare le proprie competenze e opportunità con una condotta attiva le proprie potenzialità professionali e non di attendere passivamente miracolosi accadimenti.
A completare il quadro la scelta della donna di vivere con i propri genitori, lasciando vuota la casa principale prima della coppia, ora intestata ai figli, come da accordi di separazione, ed è anche nominato un amministratore dell’immobile proprio a causa dell’assoluta inattività dell’interessata, mentre i figli sono sostenuti da un assegno del padre che versa 800 euro ciascuno per di due ragazzi, di quindici e tredici anni, che comunque stanno crescono e viene progressivamente meno la necessità di un aiuto extrafamiliare.
Ma più assegnazione aprioristica alle donne?
Insomma non è più come un tempo in cui i giudici riconoscevano all’ex moglie l’assegno di divorzio a prescindere da ogni condizione accertata e per il solo fatto che questa disponesse di un reddito inferiore a quello del marito, indipendentemente dalle ragioni di tale disparità o dalla sussistenza di risorse personali che le avrebbero comunque consentito di mantenersi da sé in modo decoroso, nello specifico due sentenze del 2017 e del 2018 della Cassazione che hanno di fatto riscritto i principi della materia, la sentenza 11504/2017 la 1° sezione della Corte di Cassazione attua la cosiddetta rivoluzione, sganciando il criterio di adeguatezza o inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l’assegno di divorzio dal tenore di vita che si conduceva precedentemente al divorzio, e la sentenza del 11 luglio 2018, n. 18287 hanno statuito che il diritto all’assegno di divorzio non dipende più soltanto dalla mancanza di autosufficienza economica del richiedente.
La differenza di reddito tra gli ex coniugi non legittima di per sé il riconoscimento dell’assegno di mantenimento, dunque, ma è il giudice che deve accertare se tale sperequazione sia conseguenza di scelte maturate e condivise da entrambi i coniugi durante la vita matrimoniale nella distribuzione dei ruoli come ad esempio nel caso di una madre che, per meglio seguire i figli appena nati, rinunci a lavorare o si accontenti di un part-time, oppure quanto si tratti di una scelta autonoma di non perseguire opportunità di carriera o di lavoro.
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