Un Pontefice cosmopolita
Radici iberiche, francesi e italiane. Missionario in Perù per 14 anni . .

Un successore di Pietro e ancor più di Paolo, l’Apostolo delle genti. Stavolta i cardinali del Conclave non sono andati troppo lontano per scegliere il nuovo Papa. Non troppo lontano da Roma, visto che l’agostinano Robert Prevost, 69 anni, fino a poche ore fa era il prefetto del Dicastero per i vescovi in Vaticano. E nemmeno troppo lontano dal profilo di Bergoglio.... Perché Leone XIV, questo il nome scelto in onore del Papa della pionieristica enciclica sociale, la Rerum novarum, sarà pure il primo Pontefice statunitense della storia, ma, nato vicino a Chicago, è uno yankee latinos in quanto ha ricoperto a lungo l’incarico di vescovo di Ciclayo, in Perù, dal 2013 al 2023. Un Pontefice che, nell’era dell’America first again, unisce e non divide le due Americhe, che costruisce ponti e non muri. Anche e soprattutto in virtù della sua esperienza missionaria lunga 14 anni, dal 1985 al 1999, sempre nel Paese andino, dove ha palesato una particolare attenzione agli emarginati e ai migranti molto apprezzata da Francesco.
Un Papa cosmopolita fino al midollo, al sangue: il padre Louis Marius, di origini francesi e italiane, la madre, Mildred Martínez, dai natali spagnoli. Ci si preoccupava di eleggere un Pontefice che sapesse l’italiano, ma lo Spirito Santo ha sorpreso tutte e tutti, scegliendo un poliglotta che parla spagnolo, portoghese, francese. E mastica più che egregiamente l’italiano, senza vergognarsi di presentarsi agli occhi del mondo per il saluto dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro con un blocchetto di appunti scritti a mano per non fare errori. Leone XIV è il primo Papa della storia ad aver pronunciato l’Urbi et Orbi dopo il Conclave in due lingue, quella di Dante, nelle vesti di vescovo di Roma, e lo spagnolo del Perù – non l’inglese natio – per sottolineare la sua caratura missionaria e periferica.
Semplice e riservato, ieri sera, dopo l’elezione, si è recato a sorpresa all’ex Sant’Uffizio dove viveva per salutare e chiacchierare un attimo con alcune persone prima di dare loro la benedizione. Scuola Bergoglio. Prevost è stato prefetto del Dicastero dei vescovi dal 2023. In questo ruolo ha firmato la nomina di tutta una serie di pastori bergogliani, anche negli Stati Uniti. Soprattutto è da ascriversi a Prevost la scelta dell’ordinario di Washington, Robert McElroy, un progressista di ferro che sin da subito ha dato filo da torcere a Trump. Se davvero il tycoon sperava, con i suoi 14 milioni di dollari donati alla Santa Sede in occasione dei funerali di papa Bergoglio, di ’acquistare’ il pontificato, i sedici porporati in Cappella Sistina provenienti dal Nord America gli hanno fatto lo sgambetto. Sono stati loro a tirare la volata all’agostiniano, coagulando sul suo nome i voti del partito romano, dei porporati dell’America latina e, più in generale, delle periferie del pianeta. D’altronde, fatto salvo per Timothy Dolan e Daniel DiNardo, dopo la cura Bergoglio (e Prevost) a suon di nomine, il tycoon di amici Usa in Conclave non ne aveva troppi.
Sensibile alla giustizia sociale e ai temi della pace, su cui ha tracciato da San Pietro il suo programma di governo, Leone XIV non è un liberal. È piuttosto un moderato progressista che, sfoggiando la mozzetta rifiutata da Bergoglio e indossata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è un canonista attento a rassicurare i conservatori. La forma certo, ma soprattutto la sostanza. Senza timori ha assicurato che porterà avanti la sinodalità impressa sulla Chiesa da Bergoglio. Evitando fughe solitarie in avanti. E al contempo senza rotture (a sinistra). Con il dialogo. Lo prova lo stile con cui nel 2023 ha gestito, insieme al segretario di Stato, Pietro Parolin, il dossier sul Cammino sinodale tedesco, molto avanzato su donne, collegialità e celibato. Prevost non ha chiuso de imperio quella esperienza. Piuttosto ha incontrato più volte il presidente dei vescovi tedeschi, Georg Bätzing, concordando di andare avanti con maggiore prudenza. Insomma, senza smash, per dirla con il linguaggio del tennis, lo sport del cuore di Leone XIV.