Trump, Putin e l’Europa
Il Bloc Notes di Michele Magno

Il Bloc Notes di Michele Magno
Forse qualcuno conosce questo aneddoto. Il nonno di Vladimir Putin continua imperterrito a muovere i pezzi nonostante lo scacco matto subìto dal nipote di appena otto anni. E al giovane Vladimir che gli chiede perché non rispetta le regole, risponde: “Quali regole? Un vero uomo le regole le stabilisce da sé”. Vera o falsa che sia, questa storiella narrata dallo stesso leader russo è una metafora della concezione del potere che lo ha guidato nella sua ascesa al vertice del Cremlino. Si spiega così l’aperta ammirazione dell’attuale inquilino della Casa Bianca per l’autocrate russo. Per entrambi, in fondo, “auctoritas non veritas facit legem” (Thomas Hobbes, “Leviatano“, 1651).
Oggi gli Stati Uniti sono ai piedi di un uomo d’affari che concepisce il potere come un business, purtroppo nell’afasia e nella paralisi di chi lo perso. So bene che Donald Trump non nasce dal nulla. Ma ora comprendere è quasi giustificare, come diceva Primo Levi. Significa occultare le responsabilità di chi doveva e non ha saputo, o non ha voluto, opporsi con coraggio al corso degli eventi. Come diceva Abraham Lincoln, “l’America non sarà mai distrutta dall’esterno. Se cadiamo e perdiamo le nostre libertà, sarà perché ci siamo distrutti da soli”.
L’Europa, per altro verso, resta un gigante economico (sia pure in declino), ma un nano politico e militare. Soffre di ipertrofia burocratica, come ha denunciato Mario Draghi, ed è priva di una leadership autorevole, come ha dimostrato l’incontro di Parigi (avaro di risultati) promosso da Emmanuel Macron per porre riparo alle sue divisioni interne e alla sua pavidità con lo “zar” moscovita. Domenica prossima i tedeschi voteranno, e con ogni probabilità consegneranno la Germania orientale a un partito neonazista. Nel frattempo, l’intero occidente continua a essere infettato da un antisemitismo dilagante.
La democrazia liberale (peraltro ancora sconosciuta in due terzi del pianeta) è insomma malata. Chi scrive, tuttavia, non intende unirsi al coro di quanti già intonano il suo “de profundis”. Dobbiamo smettere di autoflaggelarci. Perché, come ha scritto una acuta opinionista politica, Alessandra Libutti, sul blog InOltre (18 febbraio scorso), le accuse rivolte all’Europa da J. D. Vance nel suo discorso alla conferenza di Monaco sono grottesche. Forse dimenticava che cinque anni fa gli occupanti del Campidoglio volevano impiccare il suo predecessore, Mike Spence.
Oggi il nostro continente è messo a dura prova dai deliri di onnipotenza di due personaggi che somigliano ai protagonisti di un film distopico. Subirà colpi durissimi, e dovrà finalmente scuotersi da una pigrizia dovuta anche a quasi ottant’anni di pace. Ma la sua storia, la sua cultura, i suoi valori democratici non credo siano destinati a soccombere di fronte a due megalomani che probabilmente nel prossimo decennio non vedremo più.
*Italia Oggi
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Trovo comprensibili le preoccupazioni di chi non vorrebbe vedere il controllo di dati ultrasensibili, peraltro cruciali per la stessa sicurezza nazionale, nelle mani di un privato che, insieme ai suoi razzi, lancia messaggi politici poco rassicuranti per i governi democratici di Regno Unito e Germania. Tuttavia, nemmeno la Nasa oggi può fare a meno dei vettori di Elon Musk, i quali trasportano satelliti che consentono l’accesso a Internet globale a costi competitivi. Inoltre, il progetto Iris² dell’Ue, che mira a creare una rete satellitare efficiente per gli stati membri, riducendo nel contempo la dipendenza da SpaceX e da Kuiper di Jeff Bezos, dovrebbe decollare non prima del 2030 (incrociando le dita).
Infine, in Italia un tavolo a cui Starlink è di fatto già seduta lo hanno aperto i ritardi dei progetti Pnrr per la copertura a banda larga, assegnati a Tim e Open Fiber. Ora, se il paragone non appare fuori luogo, come Peppino De Filippo non era una semplice spalla di Totò, così il tycoon sudafricano non è un semplice comprimario di Trump. Forse sta giocando una partita in proprio, i cui obiettivi non sono ancora -almeno a chi scrive- molto chiari. Tutto ciò è vero, e rafforza i rischi a cui ho accenna prima. Epperò questi rischi vengono anche dalle divisioni, dalle inerzie, dagli egoismi, dalla mancanza di visione di classi dirigenti irresolute. Eppure Mario Draghi, nel suo Rapporto sulla competitività, aveva gettato l’allarme sulla rapida espansione dell’impero stellare di Musk e sulla conseguente crisi degli operatori di telecomunicazioni e dei produttori di satelliti europei. È rimasto inascoltato. I commissari di Bruxelles cambiano, ma i problemi restano.