Sol calante sulla giapponese Nissan? Ventimila esuberi per provare a uscire dalla crisi
Per uscire dalla peggiore crisi della sua esistenza Nissan sarebbe pronta a lasciare a piedi il quindici per cento della propria forza lavoro. E torna a parlare Ghosn ben poco gentile con chi gli è succeduto

Per uscire dalla peggiore crisi della sua esistenza Nissan sarebbe pronta a lasciare a piedi il quindici per cento della propria forza lavoro. E torna a parlare Ghosn ben poco gentile con chi gli è succeduto
Con l’ammissione, da parte del management, che i conti di Nissan stiano sbandando persino più del previsto (subito prima di rassegnare le proprie dimissioni, tra i consueti inchini di rito in segno di scuse, l’amministratore Makoto Uchida qualche settimana fa aveva ammesso che la Casa nipponica versa in una “situazione estremamente difficile”), era solo questione di tempo prima che il marchio di Yokohama annunciasse (o si lasciasse sfuggire) l’esatto numero di dipendenti da lasciare obbligatoriamente a piedi.
LA SPENDING REVIEW LACRIME E SANGUE DI NISSAN
La Casa di Yokohama aveva già deciso di procedere con una “revisione significativa delle sue prospettive finanziarie” per l’esercizio fiscale al 31 marzo 2025 a causa degli oneri legati al piano di ristrutturazione e di altri fattori negativi prevedendo di chiudere il conto economico con una perdita netta tra 700 e 750 miliardi di yen (4,32-4,62 miliardi di euro) rispetto al rosso di 490 milioni di euro indicato con eccessivo ottimismo a febbraio.
Nella medesima occasione era stato indicato l’abbassamento delle previsioni sui volumi da 3,65 milioni a 3,35 milioni, ma soprattutto dell’utile operativo dai 120 miliardi indicati nella precedente previsione agli attuali 85 miliardi.
QUELLE FOSCHE PREVISIONI DI DUE MANAGER RIMASTI ANONIMI
La crisi che zavorra da tempo i bilanci di Nissan (lo scorso anno due manager rimasti anonimi, interpellati dal Financial Times, avevano ammesso che il Gruppo avesse solo 12 o al massimo 14 mesi per trovare nuova liquidità) si è insomma aggravata, indispensabile perciò per la Casa giapponese accelerare con la spending review. Secondo la tv giapponese Nhk il marchio procederà con un taglio pari a 20mila unità in tutto il mondo.
I DAZI I TAGLI DEL RATING DI MOODY’S
L’anno scorso Nissan aveva annunciato il taglio di 9.000 posti di lavoro a livello globale e una riduzione del 20% della propria capacità produttiva. La guerra commerciale che Donald Trump ha scatenato contro il resto del mondo (e in campo automobilistico proprio contro i marchi nipponici) e le pagelle stilate da Moody’s nelle quali il rating creditizio di Nissan è arrivato ormai al valore “junk”, spazzatura, a causa della “scarsa redditività causata dal rallentamento della domanda per il suo portafoglio di modelli obsoleti”, stanno però costringendo la dirigenza ad abbandonare propositi maggiormente ottimistici.
LA PERDITA DI TERRENO IN CINA
Come tante case automobilistiche, anche Nissan sconta inoltre la perdita di terreno in Cina, dove le vendite sono crollate del 24,1%. In tutta risposta alle difficoltà riscontrate nel principale mercato automobilistico al mondo, la Casa di Yokohama nelle ultime settimane ha annunciato investimenti per 10 miliardi di yuan (1,4 miliardi di dollari) nello Stato vicino di casa. “I marchi cinesi sono eccezionali in termini di velocità”, si è limitato ad ammettere feralmente Stephen Ma, responsabile delle operazioni di Nissan in Cina, alla fiera di settore Auto Shanghai.
NISSAN CERCA UN SALVATORE
Il colpo di grazia al marchio giapponese è arrivato dalla chiusura definitiva alle trattative per la fusione con la connazionale Honda, che – se fosse andata in porto – avrebbe creato il terzo gruppo automobilistico al mondo. Invece l’addio del vicino di casa di Shizuoka ha di fatto sottolineato come Nissan sia ora più che mai alla ricerca di partnership salvifiche. Una situazione gestita in modo caotico e confusionario anche a livello comunicativo dalla stessa Nissan considerate le numerose fughe di notizie che hanno riguardato pure presunti corteggiamenti indirizzati a Tesla di Elon Musk respinti con forza dall’uomo più ricco del mondo.
LA VERSIONE DI GHOSN
Secondo l’ex Ceo Carlos Ghosn, bersaglio di due mandati di arresto internazionali che includono appropriazione indebita, riciclaggio e corruzione, è Nissan a pagare il prezzo della fine agonizzante dell’alleanza franco nipponica con Renault e Mitsubishi avviata dal top manager brasiliano.
“Ci hanno fatto credere in una nuova alleanza. In realtà, si è trattato di una vera e propria separazione”, ha dichiarato l’uomo, rifugiato in Libano da quando è riuscito a fuggire dal Giappone nel 2019, in una recente intervista ripresa da Le Figaro. Le partecipazioni incrociate tra le due aziende sono state ridotte dal 15% al 10%. Il marchio francese ha assunto inoltre il controllo del 51% delle operazioni indiane di Nissan, particolare che rende meno bilanciata l’alleanza.
Per Ghosn, con la nuova strategia adottata dal management dopo la sua fuga, Renault avrebbe perso ogni chance di essere competitiva al di fuori dei confini europei mentre il produttore giapponese sarebbe diventato un player “debole e noioso” destinato ad arrancare zavorrato da perdite per 4,6 miliardi di euro. “Un’azienda in gravi difficoltà”, riassume, umiliata al punto dall’essere costretta a “chiedere aiuto alla Honda”, ovvero uno dei suoi principali concorrenti. Secondo Ghosn l’unica soluzione che resta oggi ai giapponesi è riuscire a trovare uno o più volenterosi per un’acquisizione esterna, magari la taiwanese Foxconn (al momento alla finestra) o meglio ancora investitori americani.