Sfida sui dazi con l’Ue: "Il tycoon vuole concessioni. L’accordo non sarà buono"

L’ex direttore dell’Economist, Bill Emmot: a cosa rinuncerà l’Europa?. Preoccupa il mercato del debito americano: si rischia una crisi come nel 2008.

Apr 24, 2025 - 07:21
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Sfida sui dazi con l’Ue: "Il tycoon vuole concessioni. L’accordo non sarà buono"

di Leonardo Biagiotti

FIRENZE

La politica americana dei dazi sta creando instabilità e volatilità. Bill Emmott (foto), ex direttore dell’Economist e presidente dell’International Institute for Strategic Studies, ieri era a Firenze per parlare di ’Tax Wars’ alla rassegna Visioni d’Europa dell’Istituto Universitario Europeo.

Emmot, è possibile un accordo fra Usa ed Europa?

"Sono scettico che si arrivi ad un accordo buono, perché per Trump i dazi sono come un sogno. Forse è possibile trovare un accordo con dazi generali al 10% e al 25% su auto, alluminio e acciaio. Porterebbe stabilità, ma non sarebbe buono. L’idea di Trump è di fare pressione per ottenere concessioni, quali saranno quelle dell’Europa?".

L’obiettivo dello zero per zero si può raggiungere?

"Non con Trump. È un buon obiettivo ma appartiene al passato".

Lei ha scritto che involontariamente Trump, favorendo la recessione con la guerra dei dazi, sta aiutando l’Ucraina perché i prezzi di petrolio e altre commodity che sostengono l’economia russa calano, aumentando gli oneri della guerra. Nel frattempo i colloqui di pace stanno procedendo molto lentamente. Possibile che la migliore carta del mondo per la pace sia la recessione?

"Sì, è possibile che serva una contemporanea debolezza dell’America e della Russia. Il problema di oggi è invece la forza della Russia".

Si può arrivare a una tregua?

"È molto difficile se Putin non avrà la volontà di fermare la guerra. Il problema è questo: in Europa vincerà la solidarietà o la divisione? Ora l’Europa è la principale sostenitrice dell’Ucraina e per il futuro sono ottimista. La Germania di Merz darà mezzi militari e con Macron e Starmer può fornire un sostegno importante e decisivo all’Ucraina".

Non ha citato l’Italia, perché?

"Non ha dato un grande contributo militare, ma ha un ruolo importante all’interno della diplomazia europea. L’Italia può essere un ponte verso Trump: non forte, ma utile".

L’economia italiana può reggere l’impatto dei dazi?

"Per nord e centro Italia ci sono anche segnali positivi, ad esempio il mercato più forte in Germania grazie agli stimoli fiscali di Merz e opportunità in altri mercati come la Cina, dove i dazi sono molto più bassi. Per il sud invece vedo un impatto più negativo, perché ha un’economia più vulnerabile".

Senza un accordo cosa dobbiamo aspettarci sul mercato finanziario? Ancora panico o una reazione più contenuta?

"L’effetto stavolta sarebbe più normale, perché il panico nasce dall’incertezza. Quello che preoccupa è il mercato dei treasury bond americani: una crisi di fiducia, tra inflazione, dazi e stagflazione, il calo del dollaro e interessi sul debito pubblico in salita aumenterebbero il rischio di una crisi finanziaria, come nel 2008. È un rischio grande, alimentato anche dall’incertezza sull’indipendenza della banca centrale Usa".

Quale sarà il ruolo della Cina?

"È un mercato grande, con un potenziale positivo per l’Italia. Gli Usa producono un quarto di Pil mondiale, ma non un quarto del commercio: ci sono opportunità dappertutto".