Scorie nucleari, il Ministro Fratin pensa a 20 siti anziché un unico Deposito Nazionale
“Twenty is megl’ che one” è la sintesi – facendo il verso a una celebre pubblicità degli anni ’90 – del pensiero del Ministro Gilberto Pichetto Fratin in tema di depositi di scorie nucleari. Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, intervenuto qualche giorno fa a un evento dal titolo “Nuove Energie” organizzato da La...

“Twenty is megl’ che one” è la sintesi – facendo il verso a una celebre pubblicità degli anni ’90 – del pensiero del Ministro Gilberto Pichetto Fratin in tema di depositi di scorie nucleari.
Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, intervenuto qualche giorno fa a un evento dal titolo “Nuove Energie” organizzato da La Stampa alle OGR di Torino, avrebbe affermato che è “illogico a livello di efficienza” avere un unico sito, poiché con un solo deposito aumenterebbero gli spostamenti delle scorie.
Le scorie italiane
La questione relativa ai depositi delle scorie nucleari italiane ha sollevato numerose discussioni fin dalla chiusura delle centrali nel 1987, a seguito del referendum succeduto al disastro di Chernobyl, in cui gli italiani votarono per l’abbandono del nucleare.
Solo nel 2003, durante il governo Berlusconi, venne indicata – con la legge 368/2003 – Scanzano Jonico, in Basilicata. La decisione incontrò forti opposizioni da parte dei cittadini e delle cittadine del luogo, che portarono alla modifica del decreto e, infine, alla sospensione della decisione.
Sette anni più tardi arrivò il Decreto Legislativo 31/2010, che definisce il procedimento per localizzare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, prevedendo il coinvolgimento delle comunità locali anche attraverso consultazioni pubbliche.
Nel 2021, Sogin – la Società Gestione Impianti Nucleari, incaricata della messa in sicurezza e dello smantellamento delle scorie – ha dato avvio alla fase di consultazione pubblica, che si è conclusa il 5 luglio 2021. A seguito di questa si sono individuate 67 aree in 7 regioni italiane ritenute potenzialmente idonee a ospitare il Deposito Nazionale, ridotte poi a 51 nel 2023. . Anche queste indicazioni hanno provocato forti opposizioni da parte di enti locali e cittadini.
La nuova “strategia”
Le affermazioni del Ministro nei giorni scorsi hanno suscitato grande preoccupazione: innanzitutto perché la questione è molto delicata e se ne discute ormai da oltre 30 anni e questa affermazione appare spiazzante, e poi perché questo cambio di strategia moltiplica i timori degli abitanti di tutte le aree indicate.
Infine, c’è anche da considerare gli esborsi ulteriori a carico dei contribuenti italiani per un cambio di rotta del genere. Sul sito Deposito Nazionale, si legge, infatti, che per realizzarne uno, insieme al Parco Tecnologico, l’investimento complessivo è di circa 1,5 Mld di euro, sarà finanziato dalla fiscalità generale dello Stato. Viene dunque naturale pensare a quanto ammonterebbe costruire e gestire più siti, dato che si parla di efficienza.
La preoccupazione degli ambientalisti
A seguito delle affermazioni del Ministro, sono molte le associazioni ambientaliste che hanno espresso serie preoccupazioni e chiedono al Ministero trasparenza in merito alle reali motivazioni che hanno portato a una simile cambio di decisione.
La metodologia, che pure come WWF abbiamo contestato tecnicamente nel merito con robuste osservazioni, era comunque il frutto di un percorso e di un confronto. Ora non si capisce la ratio del cambiamento di strategia, se non quella di cercare di far digerire non a uno, ma a 20 territori le scorie. Il WWF ha sempre ritenuto indispensabile individuare un sito nazionale dal momento che la situazione attuale è da considerarsi la peggiore dal punto di vista ambientale e per la salute delle persone perché è tecnicamente provato come la maggior parte dei siti in cui insistono attualmente le scorie siano assolutamente non idonei a conservarle in sicurezza.
ha dichiarato il WWF in un comunicato stampa.
Peraltro, la moltiplicazione dei siti moltiplica anche i problemi di gestione della sicurezza da eventuali attacchi visto che andranno tutti presidiati militarmente. Viene da chiedersi come pensa il governo di realizzare il suo piano di ritorno al nucleare con la realizzazione di un non meglio precisato numero di SMR quando non riesce neppure a realizzare il lungamente atteso sito nazionale per la gestione delle scorie.
conclude l’associazione.
Ciò che appare illogico è come il Ministero pensi di realizzare 20 depositi se in tutti questi anni non si è riusciti a farne nemmeno uno. L’impressione è che stia prendendo tempo per rimandare, ancora una volta, questa spinosa questione. Se così fosse, renderebbe ancor più irrealizzabile il ritorno dell’Italia al nucleare e sarebbe davvero un autogol per il Governo che ha riportato in auge il tema delle centrali nel nostro Paese. Oppure il nucleare è un “fuoco di paglia” e con questa decisione lo si vuole rallentare, per continuare a favorire le fonti fossili.
Non vuoi perdere le nostre notizie?
- Iscriviti ai nostri canali Whatsapp e Telegram
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite
Ti potrebbe interessare anche: