Referendum 2025, saranno 5 i quesiti abrogativi: cosa cambia se voti Sì

Dal Jobs Act alla responsabilità negli appalti alle regole sull’acquisizione della cittadinanza italiana: domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 si svolgeranno cinque referendum abrogativi, uno strumento previsto dall’articolo 75 della Costituzione che consente ai cittadini e alle cittadine di cancellare, abrogare appunto, leggi o parti di legge. Dunque: votare “sì” significherà voler eliminare la...

Mag 9, 2025 - 10:31
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Referendum 2025, saranno 5 i quesiti abrogativi: cosa cambia se voti Sì

Dal Jobs Act alla responsabilità negli appalti alle regole sull’acquisizione della cittadinanza italiana: domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 si svolgeranno cinque referendum abrogativi, uno strumento previsto dall’articolo 75 della Costituzione che consente ai cittadini e alle cittadine di cancellare, abrogare appunto, leggi o parti di legge.

Dunque: votare “sì” significherà voler eliminare la norma indicata nel quesito, con “no” si intenderà, invece, volerla mantenere così com’è. Perché i risultati siano validi, si dovrà raggiungere il quorum: solo se si reca alle urne almeno il 50% più uno degli elettori aventi diritto si avranno effetti giuridici.

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Ecco i quesiti:

  1. Licenziamenti

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?

Il primo dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo.

  1. Tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?

Il secondo guarda alla cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto.

  1. Lavoro precario

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?

Il terzo quesito punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato.

  1. Sicurezza sul lavoro

Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?

Col quarto quesito si interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Con questo si chiede di modificare le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.

  1. Cittadinanza italiana

Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?

L’ultimo referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana per gli stranieri non Ue: nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.

Cosa succede se vince il sì

Si abrogano semplicemente le norme cui fanno riferimento. In particolare, secondo i sostenitori del sì al Referendum 2025, questi dovrebbero essere i vantaggi se si dovesse arrivare al quorum richiesto:

Quanto al primo quesito, se attualmente nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo, se dovesse passare il sì si direbbe stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo: ad oggi, fanno sapere dalla CGIL, sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto.

Nel secondo, nel caso vincesse il sì, il giudice deciderebbe il risarcimento senza limiti, si cancellerebbe, cioè, il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.

Al terzo quesito, in Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Mentre quanto al quarto punto, la ditta principale sarà sempre responsabile. Ad oggi arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro.

Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche, dicono dalla CGIL.

Quinto: questa modifica potrebbe costituire una cambio decisivo per i circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano.

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