Qual è l’europeismo buono? | L’analisi di Alessandro Campi
Chi è europeista? E qual è l’europeismo buono, giusto e autentico? Chi è in grado di distribuire attestati di conformità o autenticità rispetto a una dottrina o corrente o ideale – l’europeismo, appunto – che non ha mai avuto un carattere codificato, unitario e monolitico? Le manifestazioni romane di sabato scorso, commenta Alessandro Campi sul […] L'articolo Qual è l’europeismo buono? | L’analisi di Alessandro Campi proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Chi è europeista? E qual è l’europeismo buono, giusto e autentico?
Chi è in grado di distribuire attestati di conformità o autenticità rispetto a una dottrina o corrente o ideale – l’europeismo, appunto – che non ha mai avuto un carattere codificato, unitario e monolitico?
Le manifestazioni romane di sabato scorso, commenta Alessandro Campi sul Messaggero, di là dal diverso peso che hanno espresso in termini di partecipazione, hanno reso evidente due cose.
Da un lato, che il richiamo a una comune sentimento europeo assume troppo spesso, ad opera chi se ne fa portavoce e interprete, un tono settario, fazioso ed esclusivista.
Dall’altro, che tale sentimento può essere in realtà declinato in modi differenti, senza che si possa dire quale sia quello più veritiero e corretto.
Nel primo caso, l’europeismo rischia di diventare non una formula aggregante, nella quale riconoscersi oltre le diverse provenienze e appartenenze politico-ideali, ma la professione di fede di una parte politica contro l’altra, un concetto polemico e discriminante.
Ci si professa europeisti col bollino nel mentre si nega ad altri la stessa possibilità.
Ma così facendo il sentimento europeo viene impoverito e ridotto a credenza partigiana, che divide invece di unire.
E l’errore (in gran parte frutto di un calcolo strumentale) che la sinistra italiana commette da decenni, nella misura in cui pretende di accreditarsi come l’interprete autorizzata dell’europeismo correttamente inteso a danno di tutti gli altri.
Si è appropriata dell’europeismo e pretende di custodirlo nella sua forma originaria e pura, criticando la quale ci si vede subito additati come nemici dell’Europa.
Ma l’europeismo, non essendo un catechismo da apprendere a memoria, andrebbe considerato piuttosto un’aspirazione individuale e/o collettiva rivolta al futuro, che può trovare una traduzione storica tangibile solo in una chiave empirica e pragmatica.
Esso ha un senso quando si presenta come un progetto razionale basato su una concezione concreta e fattuale dell’agire politico.
Concezione che a sua volta deve fondarsi sulla conoscenza della propria storia, su una comprensione esatta delle dinamiche sociali e sulla corretta individuazione dei problemi da affrontare e risolvere.
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