Quando tutto è fascismo, nulla lo è più | L’intervento di Giuseppe Coco
Ci sono ragioni per ritenere che il complesso di valori su cui si è fondata (ed evoluta nel tempo) la sinistra presenti alcune contraddizioni interne insanabili, che diventano sempre più evidenti in rapporto alla realtà. La prima riguarda l’esistenza di comunità all’interno delle quali si esercita con intensità necessariamente diversa la coesione sociale.La coesione presuppone […] L'articolo Quando tutto è fascismo, nulla lo è più | L’intervento di Giuseppe Coco proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Ci sono ragioni per ritenere che il complesso di valori su cui si è fondata (ed evoluta nel tempo) la sinistra presenti alcune contraddizioni interne insanabili, che diventano sempre più evidenti in rapporto alla realtà.
La prima riguarda l’esistenza di comunità all’interno delle quali si esercita con intensità necessariamente diversa la coesione sociale.
La coesione presuppone un senso di comunità.
Senza questo sentimento e un minimo di identità, in effetti, non ha senso nemmeno l’esistenza di confini e di Stati differenti, quegli Stati che vengono invocati per redistribuire risorse.
L’appello alla “comunità umana” ha una grande nobiltà.
Tuttavia, un astratto umanitarismo, che conduce direttamente alla ideologia per cui è necessario accogliere ed anzi incoraggiare ogni migrazione, certamente non corrisponde al sentimento popolare, soprattutto quando la crescita risulta a posteriori insoddisfacente.
L’idea che in 50 anni la popolazione italiana potrebbe essere costituita in parte consistente da persone di origine non italiana, difficilmente può entusiasmare più di una piccola minoranza di intellettuali.
Inoltre, alcuni calcoli sui benefici dell’immigrazione, ossessivamente ripetuti da economisti, non appaiono completamente convincenti (vedi Coco su Riparte).
I costi di welfare a medio termine, una tassazione molto progressiva e la forte evasione fiscale del nostro paese inducono una forte sensazione che, almeno sul piano della finanza pubblica, sarà molto difficile che la chiave per la stabilità dei conti pubblici e per finanziare i servizi sia l’emigrazione.
Lo stesso si dica per l’accomunamento delle battaglie sociali coi diritti civili, che spesso riguardano una parte della popolazione oggettivamente privilegiata.
La sensazione che alcune battaglie sui diritti civili abbiano avuto ad oggetto la promozione di gruppi sociali non particolarmente svantaggiati è pervasiva.
Le persone in posizione di chiaro privilegio che rivendicano uno svantaggio sono un potente irritante per le classi medie che arretrano.
È francamente difficile sorprendersi se la classe media americana detesta in maniera tanto virulenta i ragazzini, rampolli dei più ricchi dei ricchi, che dalle Università più importanti impartiscono lezioni alla società (ed ai professori) sulle parole da usare/non usare per non urtare i sentimenti sempre più fragili di gruppi presunti “svantaggiati”.
A giudicare dall’insistenza della propaganda di destra (anche in Italia), si tratta di temi che provocano in un vasto elettorato una irritazione davvero enorme e non del tutto incomprensibile.
La vera carta vincente della destra.
Da questo punto di vista, le élite liberal che hanno coniato l’uso ideologico di termini come woke e gender e che la dirigenza del Partito Democratico non ha saputo arginare, hanno chiaramente una importante responsabilità nella deriva autoritaria in cui sono scivolati gli Stati Uniti.
Più in generale, in passato, l’aspirazione libertaria non era in contraddizione con i valori della sinistra.
Nel tempo, invece, sono cresciuti gli ambiti, soprattutto nel campo dei diritti civili, in cui essere di sinistra si traduce in un anelito inesauribile alla posizione di vincoli e paletti ai comportamenti e al discorso pubblico (si veda ancora il filosofo Slavoj Žižek).
Questo ha generato il paradosso per cui l’autoritarismo di destra ha potuto a tratti presentarsi come libertario.
Quando tutto è fascismo, nulla lo è più.
La conseguenza finale di ideologie che rinvengono i semi del fascismo in quasi tutti i comportamenti sociali correnti e pretendono drastici cambiamenti non è di eliminare quei comportamenti, ma di sdoganare il fascismo vero.
Va anche rimarcata una importante differenza tra Europa e Stati Uniti a questo proposito.
La nuova classe dirigente americana è essenzialmente maschile e probabilmente maschilista, connotata da aspetti di fanatismo religioso molto preoccupanti, come sempre propugnati da personaggi improbabili nel ruolo di moralizzatori.
Tanto che molti si sono spinti a ipotizzare per gli Stati Uniti un futuro analogo alla distopia preconizzata dalla grande scrittrice canadese Margaret Atwood nel “Racconto dell’Ancella”.
Al contrario, le destre, anche estreme, in Europa non hanno questo tratto almeno da 20 anni.
L’ascesa di Marine Le Pen in Francia e Giorgia Meloni in Italia, addirittura di fatto fondatrici dei rispettivi partiti politici, dimostrano ampiamente che il maschilismo in questa destra regredisce.
Allargando ancora lo sguardo, possiamo facilmente notare degli aspetti ancora più curiosi che però nessuno sottolinea.
L’Unione Europea è oggi governata in maniera preponderante da donne (Von Der Leyen, Metsola e Lagarde).
Ancor più sorprendente è l’evidenza degli ultimi 40 anni.
I due premier europei che più hanno segnato il mondo negli ultimi 40 anni sono Margaret Thatcher e Angela Merkel.
Se sommiamo la Meloni e, in prospettiva, la nuova leader dei Conservatori inglesi (Kemi Badenoch), c’è qualcosa di più che una coincidenza.
Perché leader di genere femminile in Europa sono emerse solo nei partiti di destra?
E perché quasi tutte le formazioni nazionaliste di estrema destra nei grandi paesi sono guidate da donne?
Suggerisco alcune possibili spiegazioni:
a) La Russa & Co. sono segretamente impegnati in una congiura internazionalista femminista.
b) I partiti di sinistra sono segretamente maschilisti e retrogradi.
c) La retorica e mentalità dello svantaggio e della compensazione hanno generato una mentalità della dipendenza, che impedisce la crescita di personalità davvero autonome e forti nelle formazioni di sinistra.
Tornando alla sinistra, alcuni degli aspetti della ideologia corrente non trovano corrispondenza nel sentimento popolare, anche per ragioni buonissime.
Una certa retorica su svantaggi immaginari va abbandonata, provoca irritazione, e la coesione nazionale va recuperata non tanto sul piano della spesa, ma sul piano dei valori, riaffermando con forza quelli dell’unità nazionale.
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