L’odore dell’erba tagliata

L’allora alto rappresentante dell’Unione Europea Josep Borrell, solo qualche mese fa, immaginava l’Unione Europea come un giardino fiorito, mentre il resto del mondo come una giungla pronta a invaderci: “[…] […]

Mar 19, 2025 - 10:25
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L’odore dell’erba tagliata

L’allora alto rappresentante dell’Unione Europea Josep Borrell, solo qualche mese fa, immaginava l’Unione Europea come un giardino fiorito, mentre il resto del mondo come una giungla pronta a invaderci: “[…] Sì, l’Europa è un giardino. Abbiamo costruito un giardino. Tutto funziona. È la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità sia stata in grado di costruire […]”1.

In un giardino normalmente si alternano ameni boschetti e radure di erba verde sempre tenuta rasata. Sappiate però adesso che l’erba, quando viene tagliata, emette una sostanza odorosa, la cumarina che serve come grido d’allarme per le altre piante, in modo che esse, trasferendo gli zuccheri più in basso nello stelo, possano prepararsi a un eventuale attacco, come un popolo avvertito di un pericolo: il tipico odore che tutti identifichiamo come “odore di erba tagliata”, gradevole ai più.

Ma ne riparliamo dopo.

Il fatto di pensarsi un giardino curato, in un impeto di presunzione o di autoassoluzione politica, può anche essere comprensibile; ciò che indigna il resto del mondo è che si paragoni a una giungla incolta e aggressiva qualunque espressione politica o culturale non faccia parte della nostra comune civiltà europea.

Ma quella europea in realtà non è una civiltà unica; è anzi un agglomerato di civiltà diverse, separate da lingue e culture profondamente divise e orgogliose, unite nei secoli solo da un’idea religiosa, un cristianesimo eternamente scismatico e legato a un potere secolare che via via le ha ridivise anche internamente, allenandole in una infinita guerra civile e forgiando le Nazioni nel sangue di popoli pronti costantemente all’odio reciproco e mai veramente pacificati2.

Ora, posto che questo gruppo di popoli, legato da legami così labili, possa essere considerato una unica civiltà, allora possiamo affermare che nessun’altra civiltà come quella europea ha continuamente cercato di espandersi territorialmente e che nessun’altra civiltà nella storia ha costantemente sottomesso altri popoli e sfruttato le risorse altrui, usando violenza e prevaricazione fisica e morale. La civiltà europea si è posta costantemente in un sistema di scambio asimmetrico con le altre popolazioni, per cui da presunta benefattrice dell’umanità, alla quale ha elargito i princìpi della ragione e della libertà, pretende in cambio l’assoluzione da “tutte le violenze, le rapine, gli orrori, le menzogne e le infamie di cui si è resa responsabile nella sua conquista del pianeta”3;un sistema di pensiero di tipo hegeliano, in altre parole, che vede come unico motore dell’evoluzione umana il pensiero occidentale e la storia del resto del mondo come un tentativo ancora embrionale di sviluppo umano.

Questo è il quadro di presunzione della cosiddetta civiltà europea, l’humus culturale, prima che geografico o economico, nel quale affonda le sue radici l’Unione di Bruxelles: una tavolozza di colori spesso confusi, culture, ambizioni e rancori mai estirpati e sempre pronti a riemergere in un bellicismo patologico che ricade nei propri errori in cicli ricorrenti, per ricordarci, come un risorto Bertrand De Born, la bellezza della guerra, la giovane e primaverile audacia dell’assalto, la pulizia dello sterminio, la giustezza della morte4.

Dunque, spesso mi chiedo se i più convinti europeisti, tutti i neoliberisti impuniti che ci manifestano oggi la necessità di armare di nuovo questo nostro vecchio contenitore di odii condivisi, visto che sventolano il “Manifesto di Ventotene” di Spinelli, Rossi e Colorni, come il documento teorico-fondativo dell’Unione, sanno che stanno operando una falsificazione ideologica e una manipolazione dei contenuti; se lo abbiano mai letto5.

Il Manifesto di Ventotene parla di autodeterminazione dei popoli europei in una Confederazione a base democratica, solidale e socialista tra Stati sovrani che, attraverso riforme economico-sociali in chiave continentale, superi i privilegi e le disuguaglianze sociali, contro il liberismo in tutte le sue forme, contro l’imperialismo e contro il militarismo, dove si ripensi anche il concetto di proprietà privata e dove i settori strategici dell’industria siano sempre e comunque mantenuti pubblici.

Niente di più lontano evidentemente dalla progressiva deriva del laissez faire neoliberista che regna incontrastato nel giardino Europa, niente di più lontano dai governi Prodi delle privatizzazioni; niente di più lontano da un’unione senza una Costituzione, senza legittimità democratica e dove le leggi non sono fatte da un parlamento eletto, ma da una “Commissione” composta da soli nominati; niente di più lontano infine da questa Europa, quella della Commissione Trilaterale, dell’evirazione scientifica e definitiva di ogni rappresentanza sindacale, ridotta al solo contrattare sul grado di riduzione dei diritti;l’Europa del grande capitale, l’Europa dello svuotamento della democrazia6.

E così accade che, quando la deriva verso l’abisso conduce fino alla negazione della normale dialettica politica, come sta accadendo oggi in Romania, attraverso un colpo di stato di fatto, la nostra ridente Europa giunga ormai all’ultima fase di sviluppo del suo progetto, all’annichilimento finale di un metodo ormai usurato e scientificamente svuotato di reale contenuto politico, l’esercizio della democrazia, ridotto al solo gesto dell’introduzione di una scheda in un’urna, un atto formale.

Il concetto di “democrazia” si fa sostanza e si qualifica come “sostanziale” appunto, come ci insegna Dossetti, quando vi è un “[…] vero accesso del popolo e di tutto il popolo al potere e a tutto il potere, non solo quello politico, ma anche a quello economico e sociale. […]”7 , dove lo Stato contribuisca a rendere ogni cittadino libero dal ricatto della povertà, in un ambiente di promozione dello stato sociale e di crescita individuale e collettiva; dove l’informazione non sia controllata attraverso una pervasiva e autoritaria censura e dove, al contrario, ci sia la massima libertà di espressione e di confronto.

Ma accade anche che nel “sistema lavoro” di un mondo desindacalizzato, dove le associazioni dei lavoratori sono normalizzate e ricondotte all’interno di un quadro politico piatto e complice, si assista al crollo degli stipendi e al crollo dei diritti e si apra la strada verso una nuova forma di schiavismo: una mobilità di rimpiazzo interna all’Unione che si sviluppi al ribasso in termini di qualità della manodopera e dei diritti, che tenga bassi i salari e che divida i lavoratori in nuove categorie schiavili, in una sorta di nuova stratificazione sociale che la società europea forse non aveva mai visto prima e che l’Unione Europea si limita a dirigere e regolare, indicando lo strato della torta che ciascuno è chiamato di volta in volta a occupare.

Ora, in questo nostro piccolo e decadente, ma splendido giardino europeo, che non ha più niente di glorioso, propulsivo, magnifico o progressivo, ma solo la spinta verso una decerebrata autodistruzione, dove la menzogna, l’ignoranza, l’omissione, la manipolazione, l’impunità intellettuale, la doppiezza e la retorica banchettano su ciò che rimane dei processi di un metodo frainteso come democratico e dove gruppi di potere, residui di cicli storici di amanti del gesto ardito dell’assalto bellico, si affannano a imbellettare sui media e nelle piazze l’umiliazione di un pensiero umano ridotto di nuovo nel punto più basso del sinusoide storico e che annienta l’illusione della crescita intellettuale e civile dei popoli europei, dopo la catastrofe dell’ultima guerra, qui, dicevo, in questo nostro giardino fiorito, si sente un forte odore di erba tagliata; c’è della cumarina nell’aria.

A qualcuno questo forte odore piace; ma è di nuovo, comunque e sempre l’odore di una carneficina.

1 https://www.eeas.europa.eu/eeas/european-diplomatic-academy-opening-remarks-high-representative-josep-borrell-inauguration-pilot_en 

2 cfr. Lucio Caracciolo La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa -Feltrinelli, 2022

3 v. Franco Cardini -La deriva dell’Occidente -Laterza, 2023

4 Bertran de Born (1140s – entro il 1215), barone del Limosino in Francia. Poeta di lingua occitana, noto per le sue liriche politiche e di esaltazione della guerra. Citato da Dante nel Canto XXVIII della Commedia.

5https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/file/repository/relazioni/libreria/novita/XVII/Per_unEuropa_libera_e_unita_Ventotene6.763_KB.pdf 

6 The Crisis of Democracy: Report on the Governability of Democracies to the Trilateral Commission Paperback, 1975 -Michel Crozier, Samuel P. Huntington, Joji Watanuki

7 v. G. Dossetti -Scritti politici 1943-1951 -Trotta, Marietti. Genova 1995