Polizia e cyber sicurezza: "Una lotta all’avanguardia contro i criminali digitali"
Il dirigente della Postale Cristiano Leggeri: ma il rischio zero non esiste "Siamo passati in pochi anni da 10mila a 60mila incursioni informatiche".

Boni
Nello scenario in chiaroscuro della frontiera digitale ci sono criminali e terroristi che non utilizzano bombe e fucili ma il computer. Da qui la necessità di contrastare le minacce alle infrastrutture e intensificare la difesa dagli attacchi hacker. È uno dei temi in agenda alla cerimonia del 173° anniversario della Polizia domani a Roma. Uno degli esperti è Cristiano Leggeri, dirigente della Polizia di Stato, direttore per la Postale della III Divisione e del Centro nazionale anticrimine informatico a protezione delle infrastrutture critiche.
Da dove provengono le minacce cyber?
"Gli attacchi hanno diverse matrici. Possono fare capo alla criminalità con fini estorsivi, ma anche a gruppi sponsorizzati da Stati con finalità di spionaggio. Quella cibernetica è una minaccia multilivello. Nel conflitto ucraino le prime avvisaglie sono arrivate via cyber".
È la nuova emergenza.
"Le guerre ibride si combattono anche così. Da quando sono in corso i conflitti in Medio Oriente e in Ucraina riscontriamo evidenze di un aumento globale di minacce che hanno origine prevalentemente da Russia, Iran e Cina".
Come si sviluppano?
"Sono azioni di diversa natura e profondità effettuate da una criminalità al servizio di enti statali. Agisce usando le minacce come avvertimento o mettendo in atto minacce avanzate per acquisire informazioni industriali, energetiche o militari. È spionaggio teso ad appropriarsi di un bene prezioso: dati e informazioni".
L’Italia ha subito raid di questo genere?
"Ne sono stati sventati parecchi, pur di matrice ignota, alle strutture sanitarie, dei trasporti, degli enti pubblici".
Le istituzioni italiane dispongono di uno scudo efficace?
"La nostra sicurezza cibernetica è all’avanguardia anche se il rischio zero non esiste. L’Italia dispone del Centro contro il crimine informatico che dirigo e collabora con la Direzione nazionale antimafia e l’Agenzia di cyber security che si occupa della resilienza, cioè di dare continuità a un servizio attaccato evitando interruzioni".
È vero che gli alert contro i crimini digitali si sono moltiplicati?
"Siamo passati da una media di 10/15mila a oltre 60mila. Il rischio di incursioni è in evoluzione sia quantitativa che qualitativa".
I gruppi criminali utilizzano anche l’intelligenza artificiale?
"Certo. L’AI consente di leggere e gestire una grande mole di dati. Per combattere il fenomeno serve anche uno scambio di informazioni continue con tutti gli attori sociali, cittadini inclusi".
Come è organizzata la Polizia sul fronte cyber sicurezza?
"Disponiamo di 18 centri regionali/interregionali e di 82 sezioni provinciali, inseriti nella Polizia postale e per la sicurezza cibernetica. La sicurezza si costruisce anche e soprattutto con la partecipazione. Cerchiamo di confrontarci con operatori di infrastrutture critiche di sanità, energia, trasporti, finanza e pubblica amministrazione".
La Polizia sta formando figure specialistiche?
"Abbiano da poco arruolato 177 cyber ispettori e altrettanti lo saranno prossimamente per essere inseriti nelle nostre strutture".
Le aziende sono organizzate per difendersi?
"I grandi gruppi si sono già attrezzati. Il 70% delle Pmi, anche per un problema di costi, non ha manodopera dedicata a quest’aspetto".
Quanto vale il crimine informatico?
"Il fatturato mondiale è stimato in circa 10,5 trilioni di dollari. Il 70% degli attacchi ha natura criminale. La sicurezza cibernetica delle persone deve viaggiare di pari passo con quella delle infrastrutture. La nostra ambizione è quella di essere una proiezione virtuale dell’autorità di pubblica sicurezza".