Petrolio in picchiata dopo aumento produzione Opec+

I produttori e i suoi alleati hanno incrementato l’output del mese di giugno accelerando al ribasso il calo dei prezzi della materia prima già in corso nel 2025 a causa della guerra dei dazi di Donald Trump.

Mag 5, 2025 - 10:51
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Petrolio in picchiata dopo aumento produzione Opec+

Non si ferma la discesa dei prezzi del petrolio dopo la decisione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori e dei suoi alleati.

Questa mattina entrambi i principali benchmark dell’oro nero cedono il 2%, portandosi a 60,14 (Brent) e 57,08 dollari (greggio WTI) al barile, aumentando così al 19% il calo del 2025, dopo che ad aprile avevano toccato i minimi degli ultimi quattro anni.

Indeboliti i titoli azionari di Piazza Affari legati al greggio: Eni cede l'1,80% (12,426 euro), Saipem in calo dell'1% (2,058 euro) e Tenaris scende dello 0,80% (14,64 euro), nonostante l'andamento piatto del FTSE MIB dei primi minuti di seduta.

A incidere sulla discesa dei prezzi era stata la guerra dei dazi scatenata da Donald Trump che ha minacciato la crescita economica mondiale, indebolendo la fiducia degli investitori e indebolendo la domanda di energia.

Sabato i produttori hanno deciso per giugno un aumento della produzione di petrolio pari a 411 mila barili rispetto ai livelli di maggio, dopo che il mese scorso aveva già deciso inaspettatamente di triplicare il volume previsto per maggio.

La decisione è stata presa “alla luce degli attuali solidi fondamentali del mercato, come riflesso delle basse scorte di petrolio e in conformità con la decisione concordata il 5 dicembre 2024 di avviare un graduale e flessibile ritorno agli aggiustamenti volontari di 2,2 milioni di barili al giorno a partire dal 1° aprile 2025”, spiega la nota dell’Opec+,

Gli aumenti “possono essere sospesi o annullati in base all'evoluzione delle condizioni di mercato”, aggiungono i produttori, specificando che “questa flessibilità consentirà al gruppo di continuare a sostenere la stabilità del mercato petrolifero”. Gli otto paesi dell'OPEC+ hanno inoltre sottolineato che questa misura offrirà ai paesi partecipanti l'opportunità di accelerare i loro indennizzi.

Si tratta di una netta inversione di tendenza rispetto alla posizione di lunga data che il cartello affermava di voler sostenere per difendere i prezzi del petrolio. Secondo Bloomberg, aumentano i dubbi sul futuro dell'alleanza, aprendo a possibili conseguenze come una guerra dei prezzi.

"L'Opec+ ha appena lanciato una bomba sul mercato petrolifero", ha affermato Jorge Leon, analista di Rystad Energy A/S, che in precedenza ha lavorato presso la segreteria dell'Opec. "Con questa mossa, l'Arabia Saudita cerca di punire la mancanza di conformità, in particolare da parte del Kazakistan, ma anche di ingraziarsi la spinta del presidente Trump per un calo dei prezzi del petrolio", aggiunge l’esperto.

L'aumento "semplicemente non può essere assorbito", ha affermato Ajay Parmar, direttore dell'analisi petrolifera di ICIS, in quanto "la crescita della domanda è debole, in particolare con la recente imposizione di dazi".

Molti esperti sono corsi a ridurre le loro previsioni sui prezzi del petrolio. Morgan Stanley ha tagliato le sue attese portandole a 62,50 dollari al barile per il Brent nel terzo e quarto trimestre 2025, 5 dollari in meno rispetto a quanto precedentemente previsto.

Prezzo tagliato anche dagli analisti di Goldman Sachs Group e ora prevede una media di 60 dollari per il Brent e di 56 dollari per il resto dell’anno, quando precedentemente si attendeva rispettivamente 63e 59 dollari. Per il 2026, GS vede il Brent/WTI raggiungere una media di 56/52 dollari, rispetto ai precedenti 58/55 dollari.

La decisione “riflette probabilmente scorte relativamente basse e un più ampio passaggio a un equilibrio di lungo periodo incentrato sul sostegno alla coesione interna e sulla disciplina strategica dell'offerta di scisto statunitense", spiega Daan Struyven di Goldman, e “rafforza la nostra fiducia che il nuovo livello di base degli aumenti della produzione sia probabilmente di 0,41 mb/g”.

Con un’attività economica USA più forte del previsto mostrata dai dati sull’occupazione e dall’ISM che spingerebbero l’Opec+ a mantenere l’attuale ritmo di aumenti della produzione quando si riunirà il prossimo 1° giugno, la convinzione fondamentale di GS “rimane che l'elevata capacità produttiva inutilizzata e l'elevato rischio di recessione spostino i rischi per i prezzi del petrolio al ribasso".

Secondo la banca, l'annullamento graduale dei tagli di 2,2 milioni di barili al giorno imposti dall'OPEC+ potrebbe spingere il Brent verso la fascia alta dei 40 dollari e il WTI verso la fascia media dei 40 dollari entro la fine del 2026. In uno scenario più avverso, caratterizzato da un rallentamento economico globale, il Brent potrebbe scendere intorno ai 40 dollari e il WTI verso la fascia alta dei 30 dollari.

"Sebbene sia ancora meno probabile, non escludiamo ulteriori aumenti della produzione oltre l'inversione dei tagli di 2,2 milioni di barili al giorno, il che lascerebbe comunque una significativa capacità produttiva inutilizzata a diversi produttori chiave dell'OPEC", concludono da Goldman Sachs.